35 anni fa usciva Aliens – Scontro finale, un capolavoro della fantascienza e un indimenticabile personaggio femminile.
Sono passati 35 anni da quando James Cameron stupì pubblico e critica con il suo Aliens – Scontro Finale. Il 14 luglio 1986, il sequel del film di Ridley Scott usciva in sala, continuandone l’opera di rinnovamento del genere fantascientifico.
Fu una grande scommessa vinta per il regista, che riuscì a non farsi schiacciare dall’eredità del primo film di Ridley Scott, da quell’Alien (capolavoro della fantascienza, ma anche dell’horror) che aveva semplicemente stravolto il concetto di fantascienza.
Quel secondo film in particolare, è ricordato per aver ancor più sviluppato forse il personaggio femminile più importante e rivoluzionario di sempre: il Tenente Ellen Ripley di una grandissima Sigourney Weaver. Proprio con Alien, nel 1979, Ridley Scott aveva sorpreso tutti, scegliendo come protagonista una donna, assediata come tutti gli altri membri dell’equipaggio di quell’astronave, da un’entità aliena diventata immediatamente iconica.
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Alien, una metafora della società americana
Quel film ad oggi è indicato non solo come uno dei più complessi e stratificati sci-fi di tutti i tempi, ma come una vera e propria metafora della società americana, un’opera dai grandi significati antropologici e sociali.
In fondo lo stesso alieno (il famoso xenomorfo) era in realtà la rappresentazione simbolica della furia femminile, riprendeva il mito delle Erinni, ci parlava di quella violenza sul corpo femminile da cui nasceva una forza vendicatrice selvaggia ed implacabile.
James Cameron continuò quella narrazione, il suo Aliens – Scontro Finale convinse e si fissò nell’immaginario grazie non tanto (o non solo) agli straordinari effetti speciali, alla regia, ma alle idee contenute in una sceneggiatura innovativa e audace.
L’iter narrativo riprendeva mostrandoci il Tenente Ripley ibernata che veniva salvata 57 anni dopo gli eventi che l’avevano vista essere l’unica superstite della nave Nostromo.
Sulla terra, veniva informata del fatto che sull’asteroide dove tutto era iniziato per lei ed il suo equipaggio, vi era ora installata una colonia spaziale. Nessuno crede alla sua storia a base di mostruosi alieni e parassiti spaziali. Ma quando improvvisamente ogni comunicazione con la colonia cessa, Ripley viene mandata assieme ad una squadra di marines ad indagare.
Con loro, Ripley scoprirà inorridita che i coloni o sono stati uccisi o sono stati catturati dagli xenomorfi, per essere usati come “organismi riproduttivi” per la loro colonia. Solo una bambina è sopravvissuta.
In breve da assedianti i marines diventano assediati, prede dei feroci xenomorfi, e si ritrovano a dover lottare per sopravvivere il più a lungo possibile.
Un film d’azione fantascienza-horror dove la protagonista assoluta è una donna
Film eccezionale per dimensione visiva, tensione e ritmo, connesso all’horror così come all’action, Aliens – Scontro Finale per la prima volta mise la leadership nelle mani di una donna.
Scott nel 1979, aveva mostrato una Ripley indomita, battagliera, eroina solitaria perché isolata all’interno di un microcosmo, un equipaggio, in cui il suo essere donna era una condanna, una gabbia, usata dagli uomini per renderla inoffensiva. In quel film, vi era il ritratto perfetto dell’America di fine anni 70, in cui la spinta della contestazione si era esaurita, dove ritornava in auge il conservatorismo.
In questo secondo episodio invece, Ripley diventò immediatamente la leader dei sopravvissuti, in modo assolutamente naturale, quasi inevitabile. Non rivendicava il comando, semplicemente appariva come l’unica che sapesse cosa fare, lucida, sicura di sé perché in fondo è già passata attraverso tutto questo.
Il valoroso Caporale Hicks (Michael Biehn, già visto in Terminator) la accetta come tale, anzi la incoraggia e si affida a lei. Apparentemente, per tutti, è lui a comandare, ma nella realtà, fa ciò che questa donna impavida ed energica suggerisce.
Di fronte a noi, i due sviluppano un rapporto personale in cui si intuisce una reciproca attrazione che però non si sviluppa mai del tutto. Lui, l’assaltatore marine tutto d’un pezzo, invece di essere il classico eroe adrenalinico e muscolare, così come Stallone o Schwarzenegger in quegli anni, è invece umile, rispettoso nei confronti di questa donna impavida.
Di base assistemmo un rapporto assolutamente paritario, com’era rarissimo nel cinema di quegli anni e come sarebbe stato anche molte altre volte. Ripley, fu prototipo insuperato per ogni altra eroina al femminile, dalla Sarah Connor di Terminator, fino alle moderne superdonne dei film Marvel.
Lo è anche in funzione della sua nemesi finale, la Regina Madre, sorta di mostruosità aliena a metà tra il mitologico ed il divino, grazie alla quale la maternità indossa l’abito predatorio e funereo, si fa declinazione della femminilità prigioniera in cerca di riscatto.
Lei, che rischia la vita per salvare una ragazzina che ha adottato, lotta contro quella genitrice terrificante, fatta di ira, crudeltà e rabbia, ed in un certo senso uccide anche quel ruolo di madre e donna oggetto che ritornava ad essere imposto in quegli anni 80.
Era l’epoca in cui il movimento femminista si stava disgregando, sotto la spinta della retorica reaganiana, dell’individualismo e del materialismo. Ripley, eroina che perseguiva il bene comune, simbolo di altruismo e coraggio, di emancipazione contrapposta all’egoismo e arrivismo degli uomini, non era una femme fatale sexy o un oggetto di desiderio sessuale. Paradosso incantevole, tutto questo dentro il film di fantascienza dove il sesso importante come non mai.
Solo uno dei tanti motivi per cui questo Aliens – Scontro Finale, dopo tanto tempo è immutato per fascino e potenza evocativa. Perché dietro l’apparenza di survival movie fantascientifico, ci parlò della società, della violenza e mostruosità insite nell’essere umano, che ebbe in quegli alieni letali e feroci, la rappresentazione fedele della propria anima, della propria storia fatta di sessismo e prevaricazione.
Dove vedere Aliens – Scontro finale in streaming?
Si trova a pagamento su Disney Plus, Rakuten TV, Chili, Tim vision, Apple Tv e Google Play.
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Padovano, classe ’85, per dodici anni ho allenato in ambito pallavolistico prima di scrivere di sport e settima arte. Datemi un film di Clint Eastwood o un match di boxe e farete di me un uomo felice. @zoppello_giulio