Parliamo di politica. Secondo molti analisti Salvini ha rubato la scena a Luigi Di Maio. La Lega sale, il M5S ha un futuro incerto. E il futuro di Di Maio qual è?
Qual è il futuro di Di Maio? Se lo chiedono in tanti, forse anche lui. Se l’ascesa di Matteo Salvini e la Lega è considerata inarrestabile praticamente da tutti, il futuro del giovane capo politico del Movimento 5 Stelle sembra più incerto. Il suo alleato di governo Salvini è considerato, salvo sorprese, il presente e il futuro leader della destra italiana. Mentre Luigi Di Maio potrebbe perdere molto consenso e in futuro essere superato non solo da Salvini, ma anche da altri esponenti del Movimento, come Alessandro Di Battista.
Un recente sondaggio vede il gradimento di Salvini al 60% e quello di Di Maio al 47%, in calo. Certo, altri sondaggi forniscono numeri diversi, ma tutti concordano sul gradimento alto verso Salvini e un gradimento inferiore, e in diminuzione, per Di Maio.
Ma attenzione: la ruota gira, e la politica italiana sa essere molto veloce e imprevedibile. Così come si può passare dalle stalle alle stelle, si può fare il percorso contrario, altrettanto velocemente. Sono tanti i nomi di leader politici di peso improvvisamente scomparsi. Qualcuno si ricorda di Gianfranco Fini o Angelino Alfano? Todo cambia, cantava la grande cantante Mercedes Sosa: tutto cambia.
Dunque, quale sarà il futuro di Di Maio? Sparirà nel sottobosco della politica, tornerà alla vita civile, oppure saprà destreggiarsi (nessun doppio senso!) e restare per il resto della sua vita nei piani alti della politica italiana come leader?
Per capire il suo futuro vediamo prima come ha fatto Luigi Di Maio ad arrivare dove si trova ora, poco più che trentenne.
Passato, presente e futuro di Luigi Di Maio
Luigi Di Maio si candida per la prima volta nel 2010, a soli 24 anni, come consigliere comunale di Pomigliano, ma non viene eletto. Gigino, come viene chiamato dagli amici, però non molla: nel 2013 viene candidato online dal Movimento e successivamente eletto deputato alla Camera, di cui diventa vicepresidente.
E’ il più giovane della storia della Repubblica. Fatto notevole che Di Maio stesso ha ricordato senza nascondere un certo orgoglio: «Sono stato il vicepresidente della Camera più giovane della storia della Repubblica, un incarico che solitamente viene assegnato alla fine di una carriera». Aveva 26 anni.
Era già stato un leader degli studenti sia al liceo sia all’Università, dove era iscritto prima in ingegneria e poi giurisprudenza, anche se non completerà gli studi proprio a causa dell’impegno politico.
Nel frattempo, il futuro ministro del lavoro, aveva anche lavorato come webmaster, giornalista e a quanto pare videomaker (si trova online un documentario montato da lui), ma soprattutto steward allo stadio San Paolo di Napoli. Fatto, questo, che gli verrà ricordato spesso, non senza un certo snobismo, ma che lo stesso Di Maio non ha paura di affrontare: “Non mi vergogno di aver fatto lo steward allo stadio. Lo facevo in tribuna autorità, accoglievo i Vip”.
Da giovane precario a ministro del lavoro
Ma i tempi della gavetta sono finiti. Da qui in poi, dopo l’elezione come deputato e l’incarico come vicepresidente della Camera, Di Maio diventa uno dei più noti esponenti del Movimento. Si arriva così al 2015, quando si candida alle primarie del Movimento come candidato premier e capo politico, ottenendo l’82% delle preferenze (30mila voti circa).
Dunque arriva al 4 marzo 2018 con 95mila voti circa nel collegio uninominale di Acerra e viene di nuovo eletto alla Camera come deputato. Successivamente, con la formazione del governo Conte e l’alleanza con la Lega, in quanto capo politico del Movimento Luigi Di Maio diventa vicepresidente del Consiglio e ministro dello sviluppo economico e del lavoro.
Sono passati solo 10 anni da quando aveva aperto il “Meetup di Pomigliano”, primo passo per la sua ascesa nel Movimento 5 Stelle. E nel giro di pochissimo tempo, da steward allo stadio, è riuscito a diventare due volte deputato, vicepresidente della Camera, ministro e vicepremier, nonché capo politico di un partito. Un percorso niente male.
Il futuro passa per la capacità di adattamento
Fin qui Di Maio ha dimostrato di sapersi adattare alle logiche a volte molto difficili del mondo politico. I cambi di casacca, i compromessi, le alleanze, la pressione mediatica, tutte cose difficili da digerire. Di Maio, nonostante la poca esperienza, sembra aver imparato in fretta. Pur venendo da un movimento politico radicale (almeno in origine) che ha fatto della protesta contro la “casta” il suo cavallo di battaglia, Di Maio si è sempre contraddistinto per essere un moderato, almeno rispetto ad altri esponenti politici.
Sempre calmo, sorridente e accomodante, con giacca e cravatta, sempre pronto a fare marcia indietro quando esagera (ricordiamo il tentativo di impeachment contro Mattarella, durato poche ore) e disposto a cercare un compromesso. Nella storia politica italiana la moderazione, l’adattamento e la flessibilità, di solito pagano e garantiscono una lunga carriera politica.
Dunque apparentemente, nonostante venga da una famiglia fascista (il padre era un militante del MSI – Movimento Sociale Italiano), Di Maio sembra più un centrista moderato, che si può spostare un po’ di qua o un po’ di là, senza mai perdere l’equilibrio. Come un giovane Pierferdinando Casini.
Berlusconi, che in passato aveva espresso apprezzamenti per il giovane Luigi Di Maio, successivamente lo definì “una meteorina della politica”, alludendo a una breve durata della carriera politica del politico campano, mentre Salvini lo definì “un democristiano”. Di Maio, da parte sua, ama ricordare che la sua ispirazione è nientemeno che Sandro Pertini.
Come Salvini ha rubato la scena a Di Maio
Questa la situazione fin qui. Ma come dicevamo la politica italiana si è fatta veloce e imprevedibile. Basti pensare che nel 2014, alle europee, il Partito Democratico aveva il 40%, il Movimento 5 Stelle era già in ascesa con il 21%, e la Lega aveva il 6%.
Pochi anni dopo, ci ritroviamo alle elezioni del 4 marzo 2018 e lo scenario cambia completamente. Il M5S trionfa con il 32%, il PD prende il 18%, e la Lega il 17%. Seguono mesi di crisi che ormai sembrano molto lontani, ma finalmente si arriva al governo Conte con il famoso “contratto di governo” tra Salvini e Di Maio, cioè i due candidati premier.
Da qui in poi Salvini “cannibalizza” (questo il termine usato da molti analisti politici) il M5S, ovvero prende sempre più consensi, mentre Di Maio inizia a perderne. Salvini ruba la scena a tutti. Da quel 17% (dunque meno del PD) la Lega, in pochi mesi, arriva al 36% circa, quindi più del doppio di qualche mese prima. La continua e massiccia presenza mediatica di Salvini su giornali, tv e social, non solo per motivi politici ma spesso anche di gossip, e la spinta ossessiva sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, fanno esplodere la Lega facendola arrivare ai suoi massimi storici. E Di Maio?
Il futuro di Luigi Di Maio è imprevedibile: ma non solo il suo
Non abbiamo la sfera di cristallo, ma è chiaro che questo matrimonio combinato tra M5S e Lega è convenuto più a Salvini che a Di Maio. La Lega era arrivata solo terza alle elezioni, e ora invece il suo capo politico è considerato a tutti gli effetti il vero capo dell’attuale governo. E molto probabilmente del prossimo.
Ma va anche detto che, alla lunga, l’estremismo di Salvini potrebbe perdere il suo appeal. Soprattutto quando gli italiani si accorgeranno di cosa è stato fatto, e soprattutto di cosa non è stato fatto, per le loro tasche. Continuare a parlare ogni giorno di immigrati, come in una costante campagna elettorale, prima o poi, inizierà a non funzionare.
Certo, anche se Salvini sparisse, la Lega resterà. E’ attualmente il più antico partito italiano presente sulla scena, un partito molto strutturato e radicato nelle regioni e nel territorio, con una classe politica di lunga esperienza (lo stesso Salvini non ha fatto altro che il politico in tutta la sua vita). Il M5S è invece un partito molto più giovane e spesso confusionario ed è difficile capire quanto l’onda della protesta possa durare. Già ora, a meno di un anno dalle elezioni, sembra iniziare a sfumare.
Vedi anche: Qual è il futuro di Salvini?
A quel punto Di Maio potrebbe scomparire, oppure finire nelle retrovie del partito. O ancora spostarsi in un’altra entità politica ora non prevedibile, o ricoprire una carica istituzionale che garantisca curriculum e rispetto e un buon serbatoio di voti per il futuro. Ma, qualsiasi cosa accada, va ricordato un dettaglio fondamentale, ovvero la differenza di età tra Salvini e Di Maio. Il primo ha 45 anni, il secondo solo 32. Questo è senza dubbio un vantaggio per Di Maio, ma bisogna vedere se lo saprà sfruttare.
Per concludere, ricordiamo queste parole di Di Maio, che in un’intervista lasciava intendere che, se proprio dovesse capitare, non avrebbe problemi a lasciare la politica: “Prima di essere eletto stavo avviando una startup nel mondo del web marketing. Tornerò lì”, così diceva più o meno un anno fa.
Ma non era ancora ministro, né vicepremier. Se forse all’epoca lo pensava davvero, di sicuro non lo pensa oggi. La verità è che lasciare il potere, una volta che si è toccato con mano e si è entrati nel Palazzo, è un’impresa per pochi.
Vedi anche: Quanto guadagna Di Maio al mese e all’anno?