Un ricordo di Gianluca Vialli, campione d’Italia con la Sampdoria, d’Europa con la Juventus, calciatore, dirigente, allenatore: uomo simbolo di un calcio indimenticabile
La prima riflessione nasce quando l’editore mi chiama per scrivere un pezzo su Gianluca Vialli, chiedendomi se avesse un soprannome. No. Vialli non aveva un soprannome. Per tutti e da sempre era semplicemente Luca.
Bello. Perché, quel ragazzo alto e riccioluto, veloce ed entusiasta, sempre sorridente, era davvero come il vicino della porta di casa: che si presenta dandoti del tu e dicendoti semplicemente… “piacere, Luca”. E Vialli al di là di trofei e cliché, è rimasto sempre e soltanto Luca.
Nemmeno il grande Gianni Brera, che per lui coniò un nickname strepitoso (StradiVialli, nel rispetto delle sue origini cremonesi come quelle del celebre liutaio Stradivari) riuscì a togliere a Vialli, l’etichetta di Luca. Elogio della normalità in un fuoriclasse fuori dall’ordinario.
Vialli, uomo squadra e fuoriclasse vincente
Di lui si sa tutto. Gol e trofei. Carriera agonistica, tecnica e dirigenziale. Ma sono molti gli aneddoti che riguardano Vialli e che descrivono il fuoriclasse meglio di qualsiasi statistica copiata e incollata abbondantemente dai dati biografici. Per esempio l’intelligenza.
Nonostante avesse abbandonato gli studi a 16 anni per dedicarsi completamente alla sua grande passione, il calcio, e diplomarsi geometra dopo avere vinto lo scudetto a Genova, Vialli era un uomo di rarissima intelligenza. Uomo di campo, ma soprattutto di spogliatoio. Un leader, capace di tirare sempre fuori il meglio di sé e da qualsiasi compagno di squadra avesse accanto.
Roberto Mancini, CT della nazionale, storico numero #10 della Sampdoria, era in grado di rendere straordinario qualsiasi attaccante avesse accanto. Ci è riuscito con Chiesa, Branca, Gullit, Maniero, Bertarelli, Bellucci: persino Karambeu e Platt che attaccanti non erano. Ma Vialli con lui divenne un gigante assoluto.
Vialli-Mancini, forse la miglior coppia offensiva del calcio italiano in senso assoluto negli ultimi decenni del calcio italiano. Vinsero uno scudetto apparentemente impossibile contro il Milan di Gullit, il Napoli di Maradona, l’Inter di Trapattoni e del pallone d’oro Matthäus sfiorando la Coppa Campioni, persa in finale ai tempi supplementari con il Barcellona.
Genova, la città adottiva di Vialli
Chi scrive ha vissuto nei suoi primi anni di professione la genesi di Vialli e di una squadra straordinaria. Testimone a volte involontario, altre silenziosamente complice di un periodo di storia calcistica forse irripetibile. Il cui protagonista fu Paolo Mantovani, uno degli ultimi presidenti-mecenati che tanto mancano al calcio di oggi. Uomo ironico, divertente, a volte sferzante. Ma sempre capace di circordarsi di dirigenti capaci ed eleganti e di giocatori bravi e giovanissimi. Per loro costruì una squadra da sogno e un ambiente da paradiso. Uno dei migliori di sempre mai ammirati in Italia.
A Genova, intorno a una Sampdoria che vede la luce rinascendo da un rischio di fallimento e dalla Serie B, prendendosi prima un 17enne Mancini quindi un esplosivo Vialli, il presidente dell’unico scudetto blucerchiato costruisce una squadra formidabile. Coccolando e viziando i suoi ‘gemelli del gol’ nelle grandi e nelle piccole cose. Se Boskov era l’allenatore, burbero e schietto, Vialli ne era il portavoce. Capace di scherzi atroci e di gesti di generosità straordinari. Come ad esempio comprare un’auto al magazziniere del club cui avevano appena rubato l’utilitaria. Fu lui a fare colletta tra i compagni e a recapitare la macchina nuova al campo di allenamento.
Sul citofono della sua splendida villa di Quinto al Mare, a due passi dal suo ristorante preferito, c’era scritto semplicemente ‘Luca’. E i compagni, in barba a regolamenti mai troppo stretti per una squadra strepitosa e ‘spettinata’ – come l’aveva definita Boskov – lo andavano a trovare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Lui spesso scendeva verso il suo pontile privato per una volata sulle moto d’acqua: che adorava. Memorabili le pizzate sulla terrazza che si affacciava sul mare.
Luca, il campione amato da tutti
Intelligente si diceva. Leader carismatico, capace di trovare sempre le parole giuste. Bravo a interfacciarsi con i compagni e i giornalisti, mai banale nelle sue dichiarazioni sempre estremamente efficaci. Inizierà a fare l’allenatore nel Chelsea, prima ancora di chiudere la sua carriera da giocatore per trasferirsi definitivamente in Inghilterra dove metterà su famiglia con Cathryn crescendo due splendide figlie. Lontano dalle chiacchiere di paese italiane, dalla stampa trash, dalla morbosa curiosità del gossip. Luca rimpiangeva Genova ma adorava vivere a Londra.
Vialli è diventato uno dei più grandi dirigenti del calcio italiano contribuendo in modo decisivo al titolo Europeo azzurro dello scorso anno. Mancini delegherà a lui le parole alla squadra prima della partita, dei supplementari e dei rigori decisivi. I giocatori che alzarono il trofeo lo dedicarono proprio a lui: definendolo ‘un esempio’.
Luca Vialli aveva 58 anni, gli ultimi setti passati a combattere un male che lui definiva “un ingombrante compagno di viaggio”. Raccontò fin da subito senza filtri né vittimismi la sua malattia. Senza rinunciare mai al lavoro. Nemmeno nei momenti peggiori. Decise di abbandonare la carica di dirigente della Nazionale di calcio per coerenza quando si rese conto che non avrebbe potuto fare il suo lavoro. Pochi giorni fa.
Centinaia di migliaia i messaggi di affetto da club, compagni, avversari, tifosi di ogni squadra e paese per un fuoriclasse da ieri campeggiano sul web. Un segno tangibile dell’affetto nei confronti di un uomo estremamente amato al di là di ruoli e bandiere, di squadre e di tifo. Perché Luca, più ancora di Vialli, un simbolo e un esempio lo è stato davvero.
Genovese, classe 1965, giornalista dal 1984. Vive a Milano da 30 anni. Ha lavorato per Radio (RTL 102.5), TV (dirigendo Eurosport per molti anni), oltre a numerosi siti web, giornali e agenzie. Vanta oltre cinquemila telecronache di eventi sportivi live, si occupa da sempre di sport e di musica, le sue grandi passioni insieme a cinema e libri. Diplomato al conservatorio, autore di narrativa per ragazzi.