Moda e identità sessuale: cosa prendere sul serio?
Gucci durante l’ultima settimana della moda maschile di Milano sembra aver voluto “svecchiare” la sua immagine per andare incontro a un ideale di freschezza, giovinezza, frivolezza. Che si esprime, nella collezione, attraverso occhiali da nerd e fantasie floreali anni Settanta rivisitate a ornare camicie di seta e completi slim. E bluse di pizzo, colletti traforati, volant dandy e fiori di stoffa.
Si sa che alle sfilate un po’ si eccede, e per la strada o nei negozi le stesse tendenze scendono ammorbidite e sciacquate. Ma qualcuno sfogliando le riviste ancora si stupisce e grida alla perdita dell’identità di genere, tema che diventa periodicamente caldo e caldo è anche in questo periodo.
Alla fine sotto tante chiacchiere si annida la domanda: se mio figlio, mio fratello, il mio fidanzato ama questo stile significa che è gay? Se i ragazzi considerano come icona estetica il modello effeminato che sfila in shorts rosa e camicia a fiori la maturazione della loro identità sessuale verrà irrimediabilmente compromessa? Se mio marito mi chiedesse di regalargli una camicia di pizzo che cosa dovrei pensare di lui?
Senza andare a ritroso nei secoli, David Bowie suscitava lo stesso putiferio quarant’anni fa, Brian Molko venti, Cavalli e Jean Paul Gaultier lo fanno da sempre e il mondo va avanti lo stesso.
La moda, il marketing legato a tutti i prodotti per l’immagine camminano da decenni sul filo dell’ambiguità, dell’androginia e della sorpresa. Fa parte di un grande gioco fatto per metà di arte e per l’altra metà di profitto economico, e come tale andrebbe preso.
Certamente stilisti e uomini di spettacolo cavalcano delle tendenze sociali che esistono. Tutto sta nel capire che cosa ciò davvero significhi e quanto peso sia opportuno riservare alla questione.
Raccogliere i dettami di una moda dai tratti intenzionalmente ambigui per qualcuno sarà un gioco, un divertissement estetico, per qualcun altro potrebbe far parte di un legittimo e sano desiderio di esplorare la propria identità e comunicarla agli altri. Perché non è una scoperta di oggi, l’identità “maschio vs femmina” non è granitica, ha anche molto di culturale e muta nel tempo, soprattutto sul versante dell’aspetto esteriore: rompere gli schemi attraverso il proprio armadio è forse uno dei molti sentieri dell’evoluzione personale e sociale, ma non certo di quella biologica (che, fra l’altro, se anche fosse richiederebbe millenni al di là dei quali verosimilmente l’umanità sarebbe comunque già estinta da un pezzo).
In sostanza: vedere un uomo che indossa una camicia di pizzo dice davvero qualcosa sul suo orientamento sessuale, sulla sua identità di genere, sul suo rapporto con l’altro sesso? Forse dice qualcosa sui suoi gusti, sul suo carattere, e potrà piacerci oppure no. Se è una conferma della virilità che andiamo cercando – qualunque sia il significato che diamo a questa parola – allora il punto non è certo la camicia.