Spagnolli, tecnico del Trento femminile, racconta a Donne sul Web il trionfo della sua squadra e commenta l’avvento del professionismo.
Massimo Spagnolli non è un nome così sconosciuto. Trentino, è stato attaccante di Baracca Lugo, Catania, Padova, Gubbio, Sudtirol, tanto per citarne alcune, prima di intraprendere una nuova carriera post calcio giocato divisa fra campo e scrivania.
Oltre ad essere stato direttore sportivo, Spagnolli è stato per due stagioni viceallenatore del Trento maschile in Serie D, prima di sposare il progetto della squadra femminile. In due stagioni in Serie C ha prima colto un secondo posto, mentre al secondo tentativo ha conquistato la promozione in Serie B dopo un entusiasmante duello con il Vicenza durato sino all’ultima giornata.
In esclusiva a Donnesulweb il tecnico del Trento donne racconta il suo avvicinamento al mondo del calcio femminile analizzandolo a 360 gradi.
Se le chiedessimo di spiegarci chi è Massimo Spagnolli, cosa ci risponderebbe?
“E’ un uomo di sport, che ha sempre vissuto nello sport sin da bambino quando all’età di cinque anni andavo ad allenarmi con la squadra del paesino, anche se non potevo essere tesserato perché non avevo ancora compiuto i sei anni. Il calcio è stato la mia passione, come tutto lo sport in generale. Poi, questa passione si è trasformata in una professione che per 14 anni mi ha accompagnato fino a quando ho scelto di chiudere la carriera agonistica e trasferirmi su una panchina oppure dietro a una scrivania in quanto sono anche rappresentante regionale dell’Associazione Italiana Calciatori in Trentino”.
Tanti anni su campi, anche di un certo prestigio, poi la scelta di entrare femminile. Come mai?
“Quando smisi di giocare feci il secondo allenatore a Trento in Serie D per due stagioni. Fu un’esperienza molto formativa perché nel biennio cambiarono cinque allenatori. Poi volevo metterci la faccia e, fra le opzioni che avevo, c’era anche quella del Trento Femminile. Quando vidi il girone, rimasi affascinato da avversarie come Triestina, Spal, Venezia. Mi sono sempre piaciute le sfide fuori regione e quindi accettai. Non conoscevo nulla del calcio femminile, ma volevo entrare in questo mondo. Il calcio è universale”.
Come è stato l’approccio al femminile?
“L’anno scorso abbiamo chiuso al secondo posto dietro solamente al Cortefranca, una squadra che non ha mai perso, non ha mai mollato niente e ha meritatamente vinto il campionato. Quel piazzamento ci ha reso orgogliosi di aver disputato una stagione eccezionale e ci ha permesso di gettare le basi per la vittoria di quest’anno”.
Il successo di questo campionato è arrivato dopo una lunga battaglia. Ci avete sempre creduto?
“Lo scorso giugno è andata in atto la riforma dei campionati, con l’allargamento del nostro girone che ha visto l’inserimento del Vicenza retrocesso dalla B e del Venezia affiliato al maschile. Due club molto forti che hanno resto il nostro raggruppamento molto tosto. Il nostro obiettivo era cercare di confermarci, ci siamo sempre detti che alla fine del girone d’andata, dopo aver affrontato tutte le avversarie, avremmo fatto il resoconto”.
Quindi?
“Al giro di boa eravamo seconde a tre punti dal Vicenza, per cui continuando così saremmo potute essere protagoniste fino alla fine. A differenza di Vicenza e Venezia, noi non siamo mai stati accreditati, ma nell’ombra siamo rimasti lì e quando contava abbiamo estratto prove di spessore crescendo e prendendo consapevolezza dei nostri mezzi. Siamo arrivati alla fine, stavamo bene e ce l’abbiamo fatta”.
Se andasse a cercare un momento chiave della stagione, quale direbbe?
“Verrebbe da dire dieci vittorie. Ma a cinque giornate dalla fine c’è stato un curioso episodio avvenuto contro il Portogruaro. Eravamo sotto di un gol, siamo riusciti a pareggiare su calcio di rigore ma poi, al 90′, loro fanno il 2-1 su azione d’angolo, ma l’arbitro annulla. Ho rivisto l’azione diverse volte, ma non ho ancora capito il perché non sia stato convalidato. Perdendo, saremmo andati a -5 dal Vicenza e si sarebbe complicato il tutto”.
Quale è stato il punto di forza del vostro gruppo?
“Il gruppo in sé. Non ho solo 11-12 giocatrici, ma coinvolgo tutte perché nel campionato c’è bisogno di tutti. Anche l’ultima giornata eravamo in 23, c’eravamo tutte tranne il capitano che era infortunata. Tutte hanno sempre anteposto l’interesse della squadra rispetto a quello personale. Quello è stato un punto di forza: non siamo stati la miglior difesa o il miglior attacco. Non abbiamo avuto il capocannoniere ma abbiamo vinto”.
Ora cosa dobbiamo aspettarci dal Trento? Di cosa avrà bisogno per essere competitivo?
“Intanto stiamo ancora festeggiando perché quando si vince è giusto così. Ora la società sta lavorando per realizzare una campionato di Serie B sostenibile in tutto. Sia dal punto di vista economico, che logistico e organizzativo. Parallelamente stiamo sentendo le nostre ragazze per capire le disponibilità perché qui tutte studiano o lavorano, non esiste la professionista. Poi a bocce ferme valuteremo anche il famoso mercato per capire fin dove spingerci. Ma sempre in modo sostenibile e senza fare il passo più lungo della gamba”.
Invece cosa dobbiamo aspettarci da Spagnolli?
“Abbiamo lasciato tranquillo il presidente che in questi giorni è attivo per sistemare tutta la burocrazia per l’iscrizione al campionato, poi ci siederemo e faremo le valutazioni”.
Prima affermava che a Trento tutte studiano o lavorano. Nella Serie A femminile italiana è sbarcato il professionismo. Momento giusto?
“Non se sia il momento giusto o no, ma probabilmente certe cose andavano fatte. Per le calciatrici è indubbiamente un traguardo importante perché inizieranno ad avere contributi pagati oltre a tutto quello che ne consegue. Ovviamente qualcosa cambierà anche per loro perché quando si entra nel professionismo ci sono regolamenti scritti che possono influire anche extra-campo. Poi c’è il rovescio della medaglia, nel senso che sarà da valutare se questo passaggio porterà realmente un alzare l’asticella oppure se non si rivelerà sostenibile. Chiaramente ci vorrà del tempo, qualche anno iniziale di rodaggio è inevitabile. Ci saranno anche degli errori, ma l’importante sarà correggere il tiro e che tutto sia sostenibile”.
Bergamasco, classe 1984, iscritto all’Albo dei Pubblicisti dal 2018, ma sul campo dal 2003. Ha lavorato per Il Nuovo Giornale di Bergamo. Dal 2018 collaboratore di Tuttosport.