Per una frazione di secondo cuore e mente lottano contro l’evidenza. Il pavimento, il tavolo, il pc, la televisione, le lampade. Tutto sussulta e ondeggia. E l’imponderabile ti afferra con tutta la sua forza. Per un attimo pensi: è impossibile. Poi capisci che l’incubo non è finito. La terra, padrona, trema. La terra che ami. Che continui ad amare anche se si rivolta. Un’altra scossa, terribile, dopo quella del 20 maggio. Speravi che fosse finita, che ci fosse una via d’uscita, un po’ di speranza, per chi era stato costretto ad abbandonare la casa. Che l’Emilia è forte, ha allevato lavoratori infaticabili, donne libere e risolute: non si piega, combatte. Intorno a te lo choc traspare da facce attonite ma composte. Bello pensare che sapranno tutti, ancora una volta, rimboccarsi le maniche. Ma non basta. Un terremoto è una crepa nel cuore. Uno tsunami di emozioni – e forse la paura non è nemmeno la più forte – che rinsalda il senso di appartenenza ma ti mostra tutta intera e agghiacciante tutta la tua fragilità . Cavezza, paesino del Modenese, è praticamente distrutto. A Carpi è crollato parte del bellissimo duomo. A Mirandola la Chiesa di San Francesco non è che un ricordo. L’antica torre di San Felice sul Panaro non c’è più. Decine di capannoni industriali sono macerie. Dieci morti accertati a poche ore da quella terribile, prima, scossa della giornata, sai che ci sono altre persone sepolte. I morti salgono a tredici. Quando finirà ? Pensi a chi ha perso la vita mentre stava lavorando. Ai gioielli medioevali di cui è ricca questa bella regione – bella anche quando è nebbiosa, anche laddove è paludosa – spazzati via. A Mirandola c’è uno dei più importanti distretti biomedicali del Paese. Quando riusciranno a rialzarsi? E che destino avrà chi ha perso la casa? E i posti di lavoro? Gli anziani? Pensi: se crollassero anche le Due Torri? Nonostante ciò continui a lavorare. Devi informare, raccontare, aiutare. L’Emilia Romagna è una terra solidale. Di fronte ai drammi sa domare anche le sue recenti, laceranti, contraddizioni. Ha messo in un cassetto il sogno di mantenersi integra isola felice. Eppure, tante volte, sa ancora essere felice. Lo avverti ancora una volta, pure nel silenzio. Ti piace tanta dignità in tanto dolore. In fondo sai che così riesce a riscattare anche le sue tante debolezze. Attendiamo tutti la prossima scossa. E intanto ci sentiamo fra noi, cerchiamo di reagire all’inevitabile paura. “Stasera tutte a casa mia, si cena insieme. Almeno se dobbiamo morire moriamo tutte insieme”, mi dice a metà tra serio a faceto un’amica. E’ spaventata, caccia il timore con un guizzo di ironia. “Non moriremo, non è ancora arrivato il nostro turno”, le rispondo. Ecco, è questo che credo. Che questa terra dolce e operosa ha sempre lottato contro l’ineluttabile, contro la spietatezza dell’idea di un destino. Riuscirà a riconciliarsi anche con la terra. Sarà durissima, ma ce la farà .
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore