17 novembre 2009 – Del Prof. Sandro Ungari
Alle mamme – che sono le maggiormente interessate al problema – è bene che ne parli un loro abituale interlocutore che, al tempo stesso, è un medico che ha dimestichezza con le vaccinazioni: il pediatra.
Ma cosa è questa malattia: null’altro che una influenza che si differenzia da quella che fronteggiamo ogni inverno (la stagionale) per la inferiore mortalità (ogni malattia ne ha una, seppur piccola) ma per la maggiore diffusione. Qui è il problema: più il virus circola, maggiore è il rischio che muti e, se lo fa, aumentano di molto i rischi per la popolazione. Poi, se parecchi soggetti si ammalano (si ipotizzano alcuni milioni, in Italia) ne deriva un grosso costo per le Famiglie (non fosse altro che in termini di disorganizzazione della vita quotidiana), per il Servizio Sanitario (sovraffollamento degli ambulatori e degli ospedali) e per la Comunità (giornate lavorative perse).
Infine il vaccino: quello disponibile in Italia è “inattivato” e “adiuvato”. In pratica, al virus coltivato su uova embrionate di pollo, inattivato, frammentato e purificato (come in quasi tutti i vaccini influenzali) viene aggiunto l’MF59 (un’emulsione di un olio, lo squalene, un naturale precursore del colesterolo) per aumentarne la risposta immunitaria. Questa sostanza in Italia è impiegata dal 1997 (si calcola ne siano state impiegate oltre 45 milioni di dosi, ad esempio con il vaccino anti influenza stagionale adiuvato comunemente somministrato agli anziani) ed è falso che sia la responsabile della “sindrome del Golfo” (il vaccino contro l’antrace non ne conteneva).
Si dice inoltre che non è stato sperimentato: ma rispetto al vaccino degli anni scorsi cambia solo il virus ed è ormai evidente, dagli studi di recente pubblicati, che ha un’efficacia attorno all’80%.
A chi somministrarlo? Innanzitutto agli addetti ai servizi essenziali per evitare che l’epidemia blocchi l’efficienza della nazione, poi ai malati cronici e alle donne incinte nel 2° e 3° trimestre di gravidanza (non solo per la pericolosità dell’influenza per loro, ma per far sì che i neonati nascano con un patrimonio anticorpale che li renda immuni). Infine ai bambini e comunque ai giovani sotto i 24 anni perché gli appartenenti a questa fascia di età in passato non hanno avuto contatti con virus analoghi dell’influenza A. Grazie al famigerato squalene (probabilmente nessuno si sarebbe preoccupato se si fosse chiamato tonnene) per i soggetti di età superiore ai 10 anni basta una sola dose per evocare un’adeguata risposta anticorpale, mentre ne servono due, distanziate di quattro settimane, per i più piccoli (6 mesi – 9 anni).
Infine mi si permettano un paio di note contro chi critica l’adozione del vaccino da parte dell’autorità sanitaria. Innanzi tutto se non fosse stato approntato quelli stessi che ora sono contrari alla sua somministrazione avrebbero protestato per l’imprevidenza di chi non aveva provveduto e il vaccino, ora offerto gratuitamente, è giudicato pericoloso, mentre non lo era lo stesso commercializzato gli anni scorsi contro l’influenza stagionale per gli anziani al prezzo di € 10,90.