A 10 anni aveva un binocolo e una macchina da scrivere. A 12 anni si fa regalare un biglietto aereo, il primo di tanti. Simonetta Di Zanutto, giornalista, autrice di guide turistiche e travel blogger (cura il blog Ritagli di viaggio) alle ragazze che vorrebbero viaggiare ma non trovano il coraggio di farlo consiglia di “iniziare con piccoli viaggi assaporando il piacere di fare alcune cose da sole”. Lei, negli anni, ha attraversato ed esplorato vari paesi in Italia, Europa, Africa, Asia e Australia. Ama in particolare i Balcani e i “luoghi insoliti e le realtà di confine”. Viaggia sia da sola sia in gruppo e il suo blog è particolarmente interessante non solo per la sua capacità di raccontare il mondo con la scrittura, ma anche per l’aspetto fotografico, molto curato. Con lei abbiamo parlato ovviamente dei viaggi, della sua particolare passione per i Balcani, ma anche dell’aspetto economico, cioè di come viaggiare possa diventare un lavoro.
Ti ricordi il tuo primo viaggio?
Me lo ricordo molto bene. Il mio primo viaggio è stato a Roma, con mia madre: avevo 12 anni ed ero riuscita a convincere mio nonno a regalarmi il mio primo volo aereo. Andavamo semplicemente a trovare alcuni parenti, ma per me fu un’emozione indimenticabile, tanto più che all’arrivo trovai come regalo una bella guida con mappa geografica della città. Rimasi sveglia tutta la notte a leggerla.
Hai sempre voluto viaggiare fin da bambina?
Sì, nonostante non sia cresciuta in una famiglia di viaggiatori, fin da bambina uno dei miei più grandi desideri è stato quello di scoprire il mondo e di diventare autonoma il più presto possibile per dedicarmi alla mia passione. Leggere, scrivere e viaggiare sono da sempre i miei tre grandi amori. Da piccola ero una bambina curiosa che amava la natura, gli animali, leggeva libri, guardava documentari.
A 8 anni con i risparmi delle paghette dei nonni mi sono comprata una macchina da scrivere, a 10 anni un binocolo. Tutte cose forse un po’ strane per una bambina, ma a me piaceva conoscere e tentare di capire il mondo. Con il passare degli anni ci si dimentica come già da bambini, più spesso di quanto si pensi, molti di noi hanno già le idee chiare su quello che amano fare.
Com’è nata la tua passione per i Balcani e in generale per l’Est?
Da un cambio di prospettiva. Vivere in una città e in una regione di confine come Udine e il Friuli Venezia Giulia, nel profondo Nordest d’Italia, ha sempre comportato dover fare molta fatica, in termini di tempo e di soldi, per raggiungere il resto del Paese. C’è stato un momento in cui ho smesso di vedere l’Italia come centro del mio mondo e mi sono resa conto che la mia piccola e marginale regione si trovava al centro della nuova Europa e che una delle cose belle dell’abitare in una regione di confine è quella di poter sconfinare facilmente. Qui da noi resiste ancora un po’ il mito dell’Austria.
Anch’io amo Vienna, ma è il ben più tormentato Est ad attrarre la mia curiosità, quei Balcani dove nessuno è voluto andare per tanto tempo, nonostante fossero così vicini, perché considerati, nel peggiore dei casi, pericolosi e, nel migliore, poco interessanti. “Cosa vai a fare là che non c’è nulla da vedere?” è una domanda che mi sono sentita fare spesso da chi passava il confine soltanto per comprare carburante e sigarette a poco prezzo.
Quando ho visitato la prima volta a Sarajevo, quasi dieci anni fa, nessuno voleva accompagnarmi. Io invece erano già anni che ci volevo andare. E dai Paesi dell’ex Jugoslavia ho continuato ad esplorare l’Europa Centro-Orientale per poi scendere verso sud, in Medio Oriente e nel Sud Est Asiatico.
Cosa ti attraeva di queste zone?
Sono attratta dai luoghi legati a realtà di confine e da quelli insoliti, in cui la bellezza non è appariscente e conclamata e che di solito sono disertati dalla maggior parte delle persone, perché considerati privi di interesse. Viaggiare per me significa andare oltre i luoghi comuni, superare gli stereotipi, vedere con i propri occhi, con la mente aperta e con il cuore pronto a comprendere più che a giudicare. Come diceva Kapuściński, un autore che amo molto, i viaggiatori, come i giornalisti, non possono essere persone ciniche, non possono dimenticare la loro umanità e quella delle persone che incontrano.
I miei itinerari provano a scoprire anche alcune realtà complesse. A Cipro, ad esempio, ho disertato volutamente Aya Napa, meta vacanziera tra le più note, per andare a vedere il minuscolo villaggio di Pyla, l’unico luogo su quest’isola divisa in due, in cui greco-ciprioti e turco-ciprioti vivono insieme perché il villaggio si trova nella cosiddetta zona cuscinetto ed è presieduto da un contingente dei caschi blu dell’Onu (l’Uncypf).
Tu preferisci viaggiare da sola o in compagnia?
Ho fatto più viaggi in compagnia che da sola, perché amo condividere le esperienze di viaggio. Da anni ormai viaggio soprattutto con il mio compagno di vita, il primo a incoraggiarmi anche a creare il blog, quando io ancora non ci credevo del tutto. Ho fatto anche dei bellissimi viaggi con alcune mie care amiche e amici.
Ma amo anche viaggiare per conto mio, ancora oggi sento la necessità di ritagliarmi momenti sola con me stessa. Anche se in realtà, quando viaggi in solitaria, finisci per stare da sola per poco tempo perché da soli è più facile incontrare altre persone. In viaggio da sola mi sono spesso sentita “coccolata”. Ho sempre trovato persone gentilissime, negli hotel, nei ristoranti, per strada c’è sempre qualcuno che ti offre un consiglio, un aiuto o semplicemente un caffè. Forse perché vedere una donna che viaggia da sola desta ancora oggi curiosità.
Secondo te per una donna è più difficile viaggiare da sola rispetto a un uomo?
Non penso sia più difficile per una donna viaggiare da sola rispetto ad un uomo, probabilmente serve soltanto essere consapevoli che si richiamerà un po’ più di attenzione nelle persone in cui ci si imbatte. Sono ancora in molti a non capire perché una donna viaggi sola. Molti pensano che lo faccia perché è sola anche nella vita e quindi non ha alternative. Un po’ alla volta forse questo modo di pensare cambierà. In ogni caso, da soli o in compagnia, i compagni di viaggio sono fondamentale: essere in sintonia con gli altri o con se stessi è la cosa più importante per godersi l’esperienza.
Quali sono le situazioni peggiori in cui ti sei trovata durante un viaggio?
Un volo cancellato, un’auto presa a noleggio che non funziona come dovrebbe, un hotel con scarsa pulizia o manutenzione: per fortuna le situazioni peggiori in cui mi sono trovata finora durante un viaggio sono piuttosto ordinarie. Cose che possono capitare a tutti. Spero di continuare ad essere così fortunata.
Per quanto ogni viaggiatore debba essere flessibile, sono la prima a infastidirmi se i programmi non vanno secondo i piani, tanto più che di solito i miei viaggi sono sempre molto densi e quindi se qualcosa non va il rischio è di dover ridimensionare il programma. Finora gli episodi positivi superano di gran lunga quelli negativi. È anche vero che mi lascio entusiasmare dal bello e coinvolgere dagli aspetti positivi del luogo che sto esplorando, minimizzando quelli che possono essere piccoli fastidi.
Ci sono dei paesi dove hai pensato “qui mi ci potrei trasferire”?
C’è un gioco che mi piace fare: mentre cammino lungo le strade dei luoghi che visito, sbircio nei giardini o nelle finestre e immagino che vita fa chi ci abita e come potrebbe essere vivere lì. A volte mi capita anche di individuare la casa in cui mi piacerebbe abitare. Forse sarebbe bello poter vivere in tanti posti nell’arco della vita, per sperimentare climi, cibi e abitudini diverse da quelle in cui si è nati.
È possibile trasformare il viaggio in un lavoro?
Penso di sì, almeno in parte. In molti provano ad essere “nomadi digitali” e lavorano viaggiando ma, in questo caso, i lavori sono di vario tipo, non per forza legati al viaggio. Trasformare il viaggio in lavoro significa riuscire a ricavare un guadagno dallo spostamento stesso. Non è semplicissimo, perché è necessario mettere in conto anche il costo del viaggio.
Con la mia attività di travel blogger, giornalista e autrice di guide e libri di viaggio, il viaggio per me è diventato in parte anche un lavoro, tanto che quando gli amici mi chiedono se parto per piacere o per lavoro non so più cosa rispondere, perché ormai c’è una percentuale, per quanto variabile, di entrambe le cose in ogni viaggio.
La tua attività di travel blogger ti porta un guadagno? E in che modo?
Sì, anche se non è con quella che pago le bollette. Io sono una giornalista professionista e lavoro nel settore della comunicazione da vent’anni come dipendente. Da tre anni ho aperto un blog di viaggi perché avevo la necessità di uno spazio mio, dove raccogliere i miei appunti e le mie foto, ma era soprattutto un hobby.
Oggi il blog è invece il mio biglietto da visita, il luogo dove atterra chi mi vuole conoscere. Sul blog chiunque può leggere i miei articoli, ma anche quello che faccio nel settore dei viaggi, dalle guide e ai libri di viaggio, dalle collaborazioni per la promozione del territorio ai blogtour, dagli eventi a tema ai semplici post sponsorizzati.
Alcune di queste attività mi portano anche un guadagno economico. Ma il blog mi ha permesso soprattutto di ricominciare a lavorare per me stessa e non soltanto per gli altri, dopo alcuni anni in cui mi sentivo in una situazione di stallo: ho collegato di nuovo quei puntini di cui parlavo prima e sono ripartita da quello che mi è sempre piaciuto fare e che forse mi riesce anche meglio, scrivere e viaggiare.
Foto e viaggi: oggi sembrano un binomio imprescindibile. A te capita di fare dei viaggi e non scattare foto?
Mai. Raccontare un luogo con parole e immagini è una delle cose che più amo fare: come la parola, anche l’immagine è una mediazione, è quella parte di realtà che tu decidi di raccontare agli altri, quella che vuoi ritagliare per poi costruire la storia che andrai a scrivere. Anche le foto sulla copertina e all’interno dei miei libri e delle mie guide di viaggio sono scattate da me.
Tanto amo fare foto, quanto poco amo farmele fare: preferisco essere io a osservare gli altri, l’opposto mi mette un po’ a disagio. E poi non mi piace essere la protagonista dei luoghi che visito, preferisco non dare troppo nell’occhio, cerco di fare in modo che la mia presenza sia il più possibile discreta, non giro sempre con la macchina fotografica al collo, sia per una questione di rispetto sia perché cerco di vedere i luoghi che visito e gli abitanti nel modo più naturale possibile, interagendo con loro ma senza interferire in modo pesante.
Che cosa diresti a una giovane ragazza che vorrebbe viaggiare ma non ha i soldi o ha paura?
Oggi viaggiare costa meno di un tempo grazie ai tanti voli e bus a lunga tratta low cost. Moltissime città europee si possono visitare spendendo davvero poco. Serve però comunque una grande determinazione per partire. Il modo più classico per poter viaggiare quando si hanno pochi soldi è quello di risparmiare su tutte le spese non indispensabili: qualche vestito e aperitivo in meno, usare il bus o la bici invece che l’auto ogni volta che si può, risparmiare un po’ su parrucchiere ed estetista.
Un volo low cost, un letto in un ostello (ormai ce ne sono di ottimi quasi ovunque), un po’ di street food e si può trascorrere qualche giorno in Europa con poche decine di euro.
Ci sono poi le esperienze di workaway che permettono di lavorare per un certo periodo in cambio di vitto e alloggio: in un periodo storico in cui il lavoro purtroppo scarseggia, questo può essere un ottimo modo per viaggiare senza spendere e allo stesso tempo fare un’esperienza lavorativa utile in futuro.
E invece come affrontare la paura del primo vero viaggio?
La paura si affronta per gradi. È bene, secondo me, cominciare con piccoli viaggi e poi piano piano aumentare la distanza e la difficoltà. Per viaggiare da sole, invece, secondo me è utile cominciare assaporando il piacere di fare alcune cose da sole. Ci sono alcune donne che non andrebbero mai a cena o al cinema senza compagnia perché è una cosa che fa paura o che fa sembrare “strane” o, peggio ancora, “sfigate”. Io penso che sia importante non soltanto imparare a stare da soli, ma anche a divertirsi da soli, per riuscire poi a stare bene con gli altri. Il rischio è uno solo, ovvero che fare le cose assecondando soltanto i nostri modi e i nostri tempi ci piaccia troppo. Però è un buon modo per diventare i migliori amici di noi stessi. Provare per credere.
Potete leggere i racconti di viaggio di Simonetta sul suo blog ritaglidiviaggio.it e seguirla su Instagram @ritaglidiviaggio
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