Giulia Benazzoli gestisce insieme alla sorella Claudia l’azienda vitivinicola di famiglia. Raggiunta da DonneSulWeb in occasione di Vinitaly, ci ha raccontato cosa vuol dire per una donna lavorare nell’ambiente del vino.
L’ambiente del vino è ancora “al maschile”? Per scoprirlo, abbiamo parlato con Giulia Benazzoli, titolare insieme alla sorella Claudia dell’azienda vitivinicola che porta il loro cognome.
Quarta generazione di una famiglia di vignaioli, Giulia e Claudia hanno portato il proprio tocco personale all’azienda che, pur essendo “Made by Women“, punta a portare sulle proprie etichette una firma personale più che dei meri slogan.
E quale ambiente migliore per parlare di ciò di Vinitaly, una delle fiere più importanti del settore a livello internazionale? Davanti a un buon bicchiere di rosato, Giulia ha dunque raccontato a DonneSulWeb della propria azienda e della propria famiglia, ma anche di cosa voglia dire essere donna nel mondo del vino, distribuendo infine preziosi consigli alle appassionate che sognano di lavorare in questo ambiente così affascinante.
Di seguito, dunque, la nostra intervista.
Partiamo dal principio: ci racconti un po’ di voi e dell’azienda Benazzoli?
«La nostra famiglia è di origine trentina, ma negli anni Ottanta e Novanta nostro nonno e nostro padre si sono spostati in Valpolicella e sul Lago di Garda. In passato l’azienda si occupava solo di commerciare il vino, ma dal 2009, con l’arrivo mio e di Claudia, abbiamo anche cominciato a produrre prodotti nostri».
Come nasce la passione per il vino e quando hai capito che sarebbe stato il tuo futuro?
«Io e Claudia siamo cresciute in una famiglia che è ora arrivata alla quarta generazione di vignaioli. I nostri ricordi di gioventù sono legati al mondo del vino, ai lavoratori che si recavano in campagna per curare le vigne, quindi la nostra è una passione sostanzialmente innata».
Sul vostro sito si legge “Benazzoli: Made by Women”. Cosa porta una donna in questo ambiente?
«Sicuramente porta cambiamento, soprattutto quando si tratta di promuovere un prodotto in un ambiente ancora prettamente maschile. Noi però guardiamo innanzitutto alle persone, uomini e donne, senza sventolare “bandiere rosa”. Quello che cerchiamo di fare è portare la firma mia e di Claudia».
Quando avete preso in mano l’azienda, avete incontrato delle difficoltà in quanto donne? Il mondo vitivinicolo è ancora considerato un ambiente “al maschile”?
«Sì, è un ambiente “al maschile”, ma più che altro perché alle spalle c’è un lavoro di campagna in cui spesso la parte maschile è importante. Sicuramente all’inizio ci sono state delle difficoltà, ma sono state “imprenditoriali” e non derivanti dal fatto che io e Claudia fossimo donne. Parliamo di problematiche al 100% lavorative e che noi abbiamo poi gestito a modo nostro».
Qual è l’aspetto che vi rende più fiere del lavoro svolto sin qui?
«Ciò che ci rende più fiere siamo noi, il nostro essere consapevoli e appartenenti al territorio, la nostra etica e il nostro rispetto. Le generazioni precedenti ci hanno insegnato cosa voglia dire appassionarsi a questo ambiente e lavorarci. Il vino poi ti spinge a girare il mondo perché è qualcosa di molto vasto. Dietro una bottiglia c’è un mondo da conoscere a 360°».
Cosa vuol dire lavorare con la propria sorella? Magari non è sempre facile separare famiglia e lavoro…
«Lavorare con la famiglia è difficile tanto quanto lavorare con un collaboratore. A volte io penso bianco e Claudia pensa nero, ma questa è la vita. La famiglia comunque è sempre la famiglia, tutto si muove attorno a essa. Chiaramente ci sono caratteri e sfumature diversi, ma è bello compensarsi e mediare».
Che consiglio ti senti di dare alle giovani appassionate di vino che sognano di diventare imprenditrici in questo ambiente?
«Di perseverare. I frutti si raccolgono non oggi, non domani, ma negli anni. Questa cosa l’ho capita forse un po’ tardi, ma nel mondo del vino non deve esserci fretta: il tempo della vigna, per natura, è lento; basti pensare che il suo periodo di vita è di circa venticinque anni. Questo però non vuol dire rimanere indietro: noi produttori dobbiamo infatti essere bravi a coniugare la velocità delle nuove tecnologie con questa naturale lentezza. Servono progetti a lungo termine, con proiezione negli anni, e serve cercare di migliorarsi di continuo e con costanza e perseveranza».
Chiudiamo con una domanda sul Vinitaly, la manifestazione che ci sta ospitando: cosa vuol dire per voi essere qui?
«Vinitaly per noi è essere a casa. Nonostante le origini trentine Verona è la nostra città, e questa fiera per noi è cruciale. Qui incontriamo e abbiamo modo di relazionarci con distributori e operatori italiani e internazionali. Per noi sono quattro giorni full immersion in cui ci dedichiamo totalmente a un evento che per noi è il più importante dell’anno».
Veronese, classe ’92, laureato in Editoria e Giornalismo presso l’Università degli Studi di Verona e iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 2019. Da sempre appassionato di calcio, ho iniziato a scrivere per il quotidiano L’Arena per poi proseguire online. Seguo questo magnifico sport in tutte le sue sfaccettature, si tratti di maschile o femminile, prime squadre o giovanili, grandi squadre o piccole realtà locali.