In Italia a parità di mansioni gli uomini prendono quasi il 10% in più rispetto alle donne. E il problema non è solo questo. Ma ecco cosa si farà migliorare la situazione delle donne nel mercato del lavoro.
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Arriveranno a metà maggio idee e soluzioni per promuovere l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, nonché per stimolare (con interventi non penalizzanti) la conciliazione dei tempi di attività e di cura familiare. Proposte concrete, dunque, utili anche a cercare di invertire una tendenza che appare inarrestabile: a parità di mansioni, nel nostro Paese, i colleghi uomini percepiscono uno stipendio superiore di quasi il 10%.
È l’obiettivo che si è prefissato il ministero del Lavoro, dando vita ad una commissione di esperti (il titolare del dicastero Enrico Giovannini ha firmato a fine gennaio il decreto per istituire l’organismo, nominando come coordinatrice la sua vice, Maria Cecilia Guerra), che vedrà l’intervento a titolo gratuito di rappresentanti di amministrazioni pubbliche e del mondo scientifico e accademico.
Fra tre mesi il gruppo di esperti selezionerà le più vantaggiose ed efficaci iniziative. L’obiettivo è far presentare al governo una proposta di legge per trasferire in Italia le migliori pratiche di conciliazione famiglia-lavoro delle imprese (con riferimento all’organizzazione e flessibilità degli orari, alla flessibilità nelle scelte, al welfare aziendale e alla contrattazione di secondo livello). Oltre a questo, il gruppo elaborerà linee guida per lo sviluppo della rete dei servizi, rendendoli più vicini alle esigenze di chi deve coniugare l’assistenza ai propri cari con l’impiego.
Quanto al divario retributivo fra i sessi, lo mette in evidenza, in questi stessi giorni, anche la Direzione generale Giustizia della Commissione europea che evidenzia come, a causa di una distribuzione non equa dei compiti, sulla donna gravino maggiori responsabilità , rispetto all’uomo, pertanto è logico che, per far fronte ai vari incarichi, nell’arco della vita, debba interrompere più frequentemente la sua carriera.
In base alle rilevazioni comunitarie, infine, la componente femminile «guadagna in media il 16% in meno all’ora rispetto a quella maschile e, su base annua, il «gap» raggiunge addirittura il 31%, considerando perfino che la formula a tempo parziale è molto più diffusa tra le lavoratrici».
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