Sconfiggere gli interessi corporativi, puntare al pareggio di bilancio, tagliare la spesa pubblica ma senza sforbiciate indiscriminate. Investire sulle donne, non ancora pienamente arruolate dal mercato del lavoro con retribuzioni pari a quelle degli uomini. E sui giovani intrappolati dal precariato e scippati del futuro, con scarse tutele e basse retribuzioni. Mario Draghi si prepara a insediarsi ai vertici della Banca centrale europea, dal 24 giugno ne sarà presidente. E, agli sgoccioli del mandato, indica al Paese la strada per tornare a crescere. Lo ha fatto nel suo ultimo discorso da governatore di Banca d’Italia, il 30 maggio. Sesta relazione, quella dell’addio, prima della nuova prestigiosa investitura. Quasi un appello a un’Italia bloccata, che sta pagando dazio non solo alla crisi – dall’inizio della ripresa ha recuperato solo 2 dei sette punti percentuali di Pil persi con la recessione – ma anche al passo smisuratamente lento degli ultimi dieci anni, con una crescita media del prodotto interno lordo inferiore al 3 per cento mentre la vicina Francia galoppava con il 9. Un risultato deludente non da attribuire al Mezzogiorno, riguarda – ha ammonito – tutto il territorio nazionale. Ma la via dello sviluppo c’è: una manovra, “tempestiva, strutturale, credibile agli occhi degli investitori internazionali”. Il Paese è in ritardo ma il ritardo può essere colmato, non è il segno di un declino ineluttabile. “Oggi – ha detto Draghi – bisogna in primo luogo ricondurre il bilancio pubblico al pareggio, con una ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita, riducendo l’onere fiscale che grava su tanti lavoratori e imprenditori onesti”. E allora via, subito, ai tagli alla spesa pubblica, ma non in maniera indiscriminata, selettivamente semmai, individuando i settori dove è più necessario collocare risorse. Serve, per Draghi, una stagione di riforme, per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e la giustizia civile, impantanata in ritardi cronici, per migliorare il sistema dell’istruzione e non deprimere nel lungo termine la crescita del Pil. Serve una nuova politica sulle infrastrutture, “eliminando le incertezze, le sovrapposizioni e le frammentazioni di competenze, le inadeguatezze sulle norme di affidamento dei lavori e sulle verifiche degli stati di avanzamento” che oggi “producono opere meno utili e più costose che altrove”. E occorre una riforma fiscale, con una riduzione delle aliquote compensata da una intensificazione della lotta all’evasione per recuperare gettito. Per Draghi una chiave di volta, nel mercato del lavoro, sono gli interventi a favore di donne e giovani. Le retribuzioni reali nel Paese sono inchiodate da più di un decennio, il confronto è impari con la Francia che le ha viste crescere del 9%. A farne le spese sono soprattutto i giovani, vittime del precariato, e le donne. E su questo Draghi non ha dubbi: la “scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un fattore cruciale di debolezza del sistema”. L’occupazione – ha ricordato – è ferma al 46% della popolazione, le retribuzioni, a parità di istruzione e di esperienza, inferiori del 10% a quelle riconosciute agli uomini. Per l’ormai ex governatore la soluzione è un nuovo sistema di flexsecurity, che sia in grado di offrire a chi perde il posto di lavoro e ne cerca un altro un adeguato sostegno, per rendere meno drammatico il destino di chi lavora in imprese in difficoltà, che hanno perso mercato. Interventi che devono essere accompagnati dalla lotta agli interessi corporativi. “Una condizione essenziale per unire solidarietà e merito, equità e concorrenza”.
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Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore