La Crimea: un retaggio storico dai banchi di scuola. Una penisola dove dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio1856 è stata combattuta una guerra fra l’Impero russo da un lato e un’alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall’altro. Un momento decisivo, allora, per portare al tavolo delle grandi potenze la corte sabauda e poter parlare della situazione italiana. Quando ancora non c’era l’unità della penisola, che sarebbe venuta da l’ a pochi anni.
Ma ancora oggi, anche se distante la Crimea con la sua guerra può avere delle ricadute in Italia ed in Europa. Gli interessi e l’interdipendenza economica tra Russia ed Europa devono per forza di cose lasciare aperta una finestra verso il paese. Il Nord Europa dipende quasi totalmente dalle forniture della russa Gazprom, un legame che difficilmente verrà alterato nel breve periodo se non altro per ragioni di prossimità geografica. Non a caso, Angela Merkel sembrerebbe aver confermato gli incontri con il Cremlino in agenda per i prossimi mesi. Gli Stati del Sud non possono in alcun modo rinunciare agli investimenti russi.
Nel corso di un’intervista al Financial Times on line, l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha spiegato che “l’Europa si troverà ad affrontare problemi nelle forniture di gas e prezzi più elevati il prossimo inverno se le tensioni con la Russia comporteranno l’interruzione dei flussi di gas attraverso l’Ucraina”.
Scaroni ha aggiunto che “I’Italia, Austria e Germania del sud sarebbero particolarmente a rischio dato che i loro mercati sono molto esposti al gas russo via Ucraina. Con una domanda di gas debole e stoccaggi ad elevati livelli il mercato potrebbe assorbire con facilità un’interruzione delle forniture di gas russo attraverso l’Ucraina nell’immediato. Ma un’interruzione il prossimo anno significherebbe prezzi più elevati del gas e indurrebbe l’Europa ad affidarsi maggiormente a forniture di gas russo provenienti da altre vie, come il Nord Stream nel Baltico. L’Europa sarebbe inoltre vulnerabile a eventuali problemi sulle forniture dall’Algeria e dalla Libia”.
“Nel breve termine – prosegue l’a.d. di Eni – non sarebbe possibile per l’Europa fare a meno del gas russo. In un periodo più lungo, l’Europa potrebbe limitare la sua dipendenza dalla Russia attraverso lo sviluppo dello shale gas domestico, e attraverso un incremento dell’utilizzo di altre fonti energetiche incluso nucleare e carbone. Potrebbe anche acquistare maggiori quantità di GNL dagli Stati Uniti quando gli impianti di esportazione entreranno in funzione, anche se questo potrebbe essere una soluzione costosa”.
“C’è il serio rischio che l’applicazione delle sanzioni alla Russia e l’inasprimento dei rapporti con il governo Putin mettano a repentaglio un mercato importante per l’export italiano come quello russo, soprattutto per il settore legno-arredo, ma anche per oreficeria, calzature, tessile e per l’artigianato’”. Lo dichiara il segretario generale della Confederazione libere associazioni artigiane italiane, Marco Accornero, in relazione alle sanzioni annunciate dall’Unione europa nei confronti della Russia per la vicenda della Crimea. “Il mondo artigiano – prosegue Accornero – potrebbe risentire in modo pesante di questa crisi: soltanto alla fine dell’anno scorso, l’Italia aveva concluso ben 21 accordi bilaterali e 7 intese intergovernative con la Russia per favorire le procedure doganali per le imprese italiane che esportano verso Mosca: il nostro governo e l’Ue non possono non tenerne conto”.
“Nel 2013 – sottolinea il segretario generale di Claai – l’ammontare dei volumi commerciali Russia-Italia è aumentato del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e gli investimenti russi in Italia negli ultimi quattro anni si sono quadruplicati toccando quota 366 milioni di euro, mentre gli investimenti tricolore sono cresciuti a 730 milioni di euro”.
“La nostra previsione – prosegue Accornero – stima una crescita media del 7,5% degli scambi commerciali, con l’export del made in Italy in potenziale crescita a ritmi sostenutissimi nei prossimi quattro anni, pari al 10,5%, passando dagli 11 miliardi odierni ai 16 miliardi nel 2017”.
“La domanda di prodotti di qualità da parte dei russi – conclude – senza dubbio influisce positivamente sulle esportazioni tricolore, attenuando il saldo negativo delle importazioni legato alla dipendenza energetica del nostro Paese”.
Nel frattempo Unicredit ha deciso di chiudere le sue filiali a Sinferopoli, la capitale della Regione autonoma di Crimea: la banca ha inoltre ridotto l’orario degli sportelli nell’area contesa tra Kiev e Mosca.
La mossa della banca italiana però non deve sorprendere: in ottemperanza alle disposizioni della banca centrale ucraina, infatti, anche Unicredit, come gli istituti di credito locali, ha limitato temporaneamente i prelievi dagli sportelli bancomat in tutto il Paese a 1.500 grivnie, pari a circa 112 euro (ridotti a un terzo se effettuati con carte di altre banche).