Il successo dello swap del debito ha consentito al presidente francese Sarkozy di definire la Grecia “un problema risolto”.
L’accordo fra la Grecia e i creditori privati, di fatto un’insolvenza controllata, ha permesso uno scambio di 177 miliardi di euro di vecchi bond, emessi sotto la legislazione greca. Infatti i creditori privati, accettando lo swap, hanno rinunciato subito al 53,5 per cento del valore nominale dei titoli che tengono in portafoglio, oltre che alla loro sostituzione. Inoltre il 31,5 per cento del valore restante è stato sostituito con nuovi titoli pubblici greci a tasso di interesse inferiore al tasso di mercato. Un’altra parte del valore restante (il 15 per cento) verrà scambiata con titoli emessi dall’European Financial Stability Fund, il cosiddetto fondo salva-stati.
Questa operazione dà alla Grecia la possibilità di ridurre il suo debito di circa 100 miliardi. Non solo ma l’esito positivo di questa operazione era anche una delle condizioni imposte al governo greco per sbloccare il secondo piano di aiuti, di 28 miliardi di euro, approvato dal Fmi (Fondo Monetario Internazionale) la settimana scorsa.
Problema risolto, quindi?
Nonostante l’accordo possa essere considerato un successo, il default “disordinato” non è ancora scongiurato. Un default “disordinato” della Grecia potrebbe causare nuove forti turbolenze sui mercati con costi per l’Eurozona potenzialmente superiori rispetto a quelli sostenuti per il salvataggio greco.
Sicuramente la ristrutturazione del debito greco ha dato a tutti più tempo e la Grecia non dovrà tornare sul mercato prima del 2015.
Tuttavia gli obiettivi di bilancio ufficiali sembrano poco credibili; gli ultimi dati relativi al Pil greco mostrano una contrazione del 7,5 per cento nell’ultimo trimestre 2011 e il piano di aiuti impone nuove misure di austerità al paese.
Il governo dovrà approvare ulteriori tagli alla spesa pubblica e migliorare la competitività attraverso tagli ai salari minimi e serie liberalizzazioni. L’obiettivo è il raggiungimento di un rapporto debito/Pil del 120 per cento nel 2020, un traguardo molto ambizioso.
Le elezioni che si terranno tra qualche settimana aggiungono incertezza nonostante i principali leader politici si siano impegnati a rispettare i termini del piano di “salvataggio” anche dopo le lezioni.
Prospettive per l’Eurozona
Il caso della Grecia sottolinea le debolezze principali dell’Eurozona; un problema di dimensioni relativamente piccole rispetto all’economia dell’area euro (la Grecia rappresenta meno del 2 per cento del Pil complessivo) ha rischiato infatti di trasformarsi in un ostacolo insormontabile per la debole governance europea e per la scarsa lungimiranza dei principali esponenti politici.
Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, in un recente discorso a Berlino, ha individuato tre imperativi per l’Europa: maggiore crescita, maggiori barriere di protezione (firewalls) per paesi fondamentalmente solventi come Spagna ed Italia e più profonda integrazione a livello europeo.
Sul primo punto, secondo la Lagarde è necessario conciliare il rigore, dove necessario, con importanti misure per la crescita in tutta Europa. Sul secondo punto è necessario rinforzare le risorse disponibili ai fondi salva-stati per evitare che una spirale speculativa abbia effetti devastanti sui tassi di interesse del debito pubblico italiano e spagnolo e per evitare un nuovo possibile contagio greco.
In particolare, sul terzo punto la Lagarde osserva che la crisi europea è di fatto una crisi di “incompleta integrazione”. Dopo il fiscal compact è necessario trovare una formula di condivisione del rischio che possa davvero convincere i mercati che il processo di integrazione europea è irreversibile.
I problemi sono chiaramente individuati ed anche le soluzioni possibili. La vera domanda è se ci sia la volontà politica di agire.
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore