La fattura della corona è tipica del ‘600, con l’utilizzo di perle barocche e pietre sfaccettate. Infatti, proprio nella seconda metà del 1600, grazie alle nuove tecniche di taglio, le pietre preziose acquistarono valore. Il disegno stesso del gioiello, e l’utilizzo dell’oro erano finalizzati ad evidenziare la qualità delle gemme in esso incastonate.
La grande quantità di diamanti utilizzata nella realizzazione della corona è giustificata dal fatto che nella seconda metà del 1600 ci fu in incremento dei commerci con l’india e nuovi contatti commerciali con il Brasile, che alimentarono fortemente la fonte di pietre preziose per l’Europa. Le nuove tecniche di taglio inoltre evidenziarono le straordinarie proprietà del diamante e per questo motivo divenne una pietra ricercatissima.
Con l’evolversi del gusto poi, i pezzi di oreficeria erano naturalmente smontati per recuperare le pietre, l’oro veniva fuso ed utilizzato per creare nuovi gioielli. Per questo motivo la maggior parte dei gioielli antichi è andata perduta.
Questo tra gli altri, è uno dei motivi per cui la maggior parte delle corone granducali e quelle realizzate per le immagini sacre sono inesorabilmente andate perdute nel corso del tempo. Fortunatamente la corona che Vittoria della Rovere volle donare a Santa Maria Maddalena de’Pazzi si è miracolosamente salvata.
L’eccezionale ritrovamento della corona della Granduchessa Vittoria della Rovere, non deve essere visto solo per il suo valore economico (di oltre 10milioni di euro), ma soprattutto per il suo immenso valore storico artistico.
Nel suo articolo, infatti, Pacini aggiunge che il ritrovamento dell’oggetto e della relativa documentazione, sono utili per valutare il mecenatismo e l’attitudine religiosa della Granduchessa, sia per ricomporre la storia dell’arte della filigrana e dell’oreficeria di Firenze.
10 marzo 2010 – di Simona Betti