L’Italia ha pareggiato 1-1 contro la Croazia grazie a un gol di Zaccagni a meno di due minuti di un lunghissimo e provvidenziale recupero. E così si salva da quella che sarebbe stata una penosa attesa in vista della classifica delle terze classificate e di un ripescaggio piuttosto meschino. Ma c’è poco da stare allegri: e sicuramente pochissimo da festeggiare perché anche la prestazione contro la Croazia è stata poverissima di contenuti. E una sconfitta dopo il gol di Modric poteva e doveva essere la logica conclusione di una partita giocata male e gestita peggio.
Tuttavia questo articolo si propone di analizzare in modo critico le ragioni dietro il calo di rendimento della Nazionale Italiana, evidenziando un periodo di crisi solo parzialmente nascosto dalla vittoria di Euro 2020 in Inghilterra.
Un vistoso calo di rendimento
Molti sostengono che la vittoria dell’Italia di Roberto Mancini all’Europeo in Inghilterra fu fortunosa, o comunque figlia di condizioni a dir poco irripetibili. La squadra non era molto meglio di questa che si sta barcamenando in Germania. Ma viveva l’entusiasmo di un gruppo che aveva nel suo allenatore e soprattutto in Gianluca Vialli personaggi simbolo, capaci di creare un’alchimia che evidentemente per ora nè Luciano Spalletti né Gigi Buffon sono riusciti a ricreare.
La vittoria di quell’Europeo, purtroppo, ha probabilmente mascherato e nascosto i problemi molto più gravi che in questo modo sono stati ingenuamente nascosti sotto il tappeto convincendo un pubblico italiano entusiasta della vittoria che tutto andasse bene. Ma dopo la vittoria di Germania 2006 l’Italia ha alternato timide reazioni a cupi momenti di crisi. Umiliati in Sudafrica nel 2010. Poi in finale all’Europeo due anni dopo, ma sconfitti nettamente dalla Spagna con Prandelli. Eliminati al primo turno al Mondiale in Brasile da Costa Rica e Uruguay. In Russia e in Qatar non ci siamo nemmeno arrivati. La vittoria all’Europeo per quanto di enorme soddisfazione affonda in 18 anni di rare soddisfazioni e molti insuccessi.
Serie A e Nazionale
In realtà alcune prodezze nelle coppe, a cominciare dalla finale dell’Inter di Champions League, o dall’en-plein di finaliste dello scorso anno in Europa, o dal successo dell’Atalanta in Europa League quest’anno, come quello della Roma di due anni fa in Conference League, le cose non vanno bene.
Il campionato di Serie A ha smesso da tempo di essere il punto di riferimento del grande calcio in Europa ed è lontanissimo dagli standard di altri paesi. In Italia si gioca un calcio modesto, litigioso, diviso tra le fazioni rappresentate dai club: e la nazionale rappresenta perfettamente questo quadro che è lontanissimo da ciò che si vede in Francia, Spagna, Germania, ma anche Olanda, Danimarca e Scozia. Dove squadre abituate a vincere poco o a non vincere mai hanno un seguito molto più appassionato e assoluto. In Italia, molto spesso, la nazionale diventa semplicemente l’occasione per discussioni infinite tra i tifosi dei club in un tutti contro tutti che certo non aiuta.
Se si vince si sale tutti sul carro del vincitore: diversamente domina il disinteresse.
Come si qualifica l’Italia
L’Italia con il secondo posto conquistato aritmeticamente contro la Croazia accede agli ottavi di finale e affronterà sabato prossimo a Berlino, in uno stadio che ci riporta a ricordi straordinari e indimenticabili, la Svizzera. Si tratta di un avversario tutt’altro che modesto e che ci ha già eliminato una volta dalla corsa verso il Mondiale escludendoci al termine della fase a gironi quando si trattava di raggiungere la fase finale in Qatar.
Una partita che, purtroppo, per quanto si è visto in campo nelle tre sfide giocate contro Albania, Croazia e Spagna, non può certamente essere data per scontata contro una squadra che, per contro, vive un momento magico e non aspetta altro che di infliggerci un’altra cocente delusione.
Difesa perforabile
Storicamente, la difesa è sempre stata uno dei punti di forza della Nazionale Italiana. Dai tempi di Paolo Maldini, Franco Baresi e Fabio Cannavaro, l’Italia è sempre stata conosciuta per la sua solidità difensiva. Tuttavia, negli ultimi anni, questa caratteristica distintiva sembra essersi dissolta. La difesa italiana è diventata vulnerabile, spesso commettendo errori fatali che hanno portato a sconfitte dolorose. Il meccanismo della ripartenza dal basso si è rivelato molto spesso del tutto controproducente, se non addirittura dannoso provocando errori grotteschi e favorendo molto spesso la manovra offensiva degli avversari.
La mancanza di nuovi talenti di alto livello nella linea difensiva è evidente, e i veterani, nonostante la loro esperienza, non riescono più a garantire la sicurezza necessaria. La recente debacle contro squadre considerate inferiori sulla carta ha messo in luce gravi lacune organizzative e di comunicazione tra i difensori.
Un centrocampo senza creativitÃ
Il centrocampo italiano, un tempo fucina di creatività e controllo del gioco, appare ora privo di idee e incisività . L’assenza di un vero regista capace di dettare i tempi della partita è palpabile. Marco Verratti, in Inghilterra erede naturale di Andrea Pirlo, non ha trovato un successore. Jorginho, Barella e Frattesi fino a questo momento si sono espressi a corrente alternata rendendo la manovra della squadra lenta, prevedibile, quasi mai entusiasmante.
Un attacco spuntato
In Germania nel 2006 Lippi decise tra le polemiche di presentarsi senza quello che, dal punto di vista dei numeri, era considerato il nostro miglior attaccante in assoluto: Christian Vieri. Fu una scelta vincente… Ma c’erano Toni, Totti, Del Piero, Gilardino, Inzaghi…
In Inghilterra nemmeno avevamo un vero e proprio attaccante di ruolo (Immobile a parte) e Mancini si affidò a un modulo dinamico e imprevedibile dove chiunque era in grado di arrivare al tiro e a segnare. Non un caso che a trascinarci al trofeo siano state soprattutto le reti di Chiesa, Locatelli e Pessina in un sofferto stillicidio di vittorie ai rigori sia in semifinale che in finalissima.
I tempi delle vacche grasse sono finiti da un pezzo: se anni fa l’Italia poteva permettersi il lusso di avere dubbi se schierare Baggio o Mancini, Vialli o Signori, piuttosto che Toni o Gilardino, o Totti e Del Piero, ora l’Italia segna poco. Forse non solo perché crea pochissimo. Ma anche perché i grandi interpreti scarseggiano…
Scelte discutibili
La guida tecnica della Nazionale Italiana è stata spesso oggetto di critiche. Roberto Mancini, nonostante abbia portato l’Italia alla vittoria a Euro 2020, ha perso quasi subito il tocco magico. La drammatica scomparsa di Vialli ha di fatto azzerato un progetto meraviglioso. E il CT dopo il fallimento nelle qualificazioni verso il Qatar ha preferito lasciare. Luciano Spalletti si è ritrovato a dover gestire un gruppo in transizione più che in evoluzione, spesso improvvisando. Una difesa a quattro, quando la stragrande degli azzurri difende nei propri club a tre, non è sembrata una scelta vincente. Ma anche cambiando gli interpreti dopo la fallimentare prestazione contro la Spagna, non si può certo dire che le cose siano migliorate.
Una mentalità fragile
Uno dei problemi più gravi della Nazionale Italiana è la mentalità fragile. La squadra spesso sembra mancare di carattere e determinazione, specialmente nei momenti cruciali delle partite. Si è elogiata la reazione contro l’Albania, squadra modestissima eliminata al primo turno con un pareggio in tre partite. Ma contro Spagna e Croazia è spiccato invece un atteggiamento passivo inaccettabile per una squadra con la storia e il prestigio dell’Italia.
Le colpe della Federazione
In tutto questo, indipendentemente da come andranno le cose con la Svizzera e nella speranza che l’Italia possa riscattarsi sul campo, spiccano anche molte scelte sbagliate da parte della Federcalcio. Spesso criticata per la sua mancanza di visione a lungo termine e per scelte discutibili oltremodo discutibili nella gestione delle squadre giovanili e nei progetti di tutela dei talenti, la FIGC affronta uno dei momenti più opachi della storia del calcio italiano con ben poche prospettive. Il problema è generale e coinvolge tutto il sistema sportivo del nostro paese: scuola compresa.
La mancanza di investimenti in infrastrutture e sviluppo del talento giovanile ha portato a un calo nella qualità dei giocatori che emergono dalle accademie italiane. Un rinnovamento strutturale e una visione chiara per il futuro sono necessari per riportare l’Italia ai vertici del calcio mondiale.
Mancanza di innovazione
Il calcio moderno richiede innovazione, tanto a livello tattico quanto nella preparazione atletica e mentale. La Nazionale Italiana sembra essere rimasta indietro rispetto alle altre grandi squadre europee, che hanno adottato nuovi metodi di allenamento, tecnologie avanzate e un approccio scientifico alla preparazione delle partite. La mancanza di aggiornamenti e innovazioni nella preparazione atletica e tattica degli Azzurri è evidente nel modo in cui la squadra fatica a tenere il passo con avversari più dinamici e ben preparati.
Il futuro della Nazionale italiana
Indipendentemente da come finirà questo Europeo la crisi di rendimento, risultati e prestazioni della Nazionale italiana non è un problema che può essere risolto con semplici cambiamenti a breve termine. È necessaria una riforma profonda e strutturale, che includa una revisione delle strategie tattiche, una gestione più oculata dei giocatori, e un rinnovato impegno verso lo sviluppo dei talenti giovanili fin dalle scuole primarie. Cose che in paesi come l’Olanda, l’Inghilterra, la Francia e la Germania, sono concrete da decenni.
Solo attraverso un cambiamento radicale e una visione a lungo termine l’Italia potrà sperare di tornare a essere una forza dominante nel calcio mondiale.
Genovese, classe 1965, giornalista dal 1984. Vive a Milano da 30 anni. Ha lavorato per Radio (RTL 102.5), TV (dirigendo Eurosport per molti anni), oltre a numerosi siti web, giornali e agenzie. Vanta oltre cinquemila telecronache di eventi sportivi live, si occupa da sempre di sport e di musica, le sue grandi passioni insieme a cinema e libri. Diplomato al conservatorio, autore di narrativa per ragazzi.