Max Mara: una storia lunga 70 anni, dal cappotto in cammello alle partecipazioni nella banche
Max Mara: storia di uno dei nomi della moda italiana che ha segnato il Novecento del costume. Un brand con oltre 70 anni alle spalle che non smette di essere protagonista delle passerelle ancora oggi. E, caso unico nel panorama nostrano, un brand che è rimasto di proprietà della famiglia dello storico fondatore e non è finito nel bouquet di grandi gruppi come Lvmh.
Max Mara storia dell’azienda
Achille Maramotti è stato il fondatore di Max Mara. Nel 1947 Maramotti usciva dal periodo burrascoso della guerra con in testa il progetto di una casa di moda innovativa, che riuscirà ad avviare solo 4 anni dopo, nel 1951. Una passione che scorreva comunque nel sangue familiare dato che la nonna di Achille, Marina Rinaldi, era proprietaria di una delle più esclusive boutique di Reggio Emilia già sul finire dell’Ottocento.
Il nome scelto derivava da una felice intuizione: Mara è il diminutivo del cognome del fondatore Maramotti che vi associò Max, simbolo di potenza e di forza (max in latino è maximus, quindi il massimo) ma anche suono allitterante che era facilmente memorizzabile.
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Lo stile Max Mara
Bottega artigianale con respiro internazionale: forse questa definizione può, con estrema brevità , spiegare l’evoluzione del progetto Max Mara.
Maramotti era rimasto presto privo del padre ma la madre aveva dato vita, in continuità con la nonna, ad una scuola di taglio e sartoria a Reggio Emilia. Achille frequentò il liceo classico e poi si spostò a Roma dove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Nel 1951, abbandonata presto l’idea di proseguire nel ramo della Legge, rilevò parte della bottega della mamma e proseguì in quella strana idea che poi divenne il motore del successo di Max Mara: scomporre il lavoro dei sarti per accelerare la confezione dei vestiti dando vita al moderno pret-à -porter.
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Storia azienda Max Mara
Nel 1951 la produzione assommava a solo 550 capi. Il secondo e il terzo anno si passerà già ad una crescita esponenziale arrivando a 5 mila abiti prodotti nel 1952 e a 15 mila nel 1953 con una bottega che ormai era diventata un’azienda da 40 lavoranti (passeranno già a 150 nel 1955 e raddoppieranno ulteriormente a 300 nel 1956 fino a superare in pochi anni il migliaio.
Dopo un periodo critico negli anni Sessanta ecco il boom fino ad arrivare a un giro di affari attuale che passa il miliardo di euro, con solida presenza nei mercati extra-italiani che oggi rappresentano oltre la metà delle vendite della holding.
L’amore per l’arte contemporanea
Oculatezza nelle scelte, grande lavoro sia sullo stile ma anche nell’approccio sartoriale puro, con un fondatore che non si tirava mai indietro e reinvestiva tutto in azienda. Dalle parole dell’attuale amministratore delegato Luigi Maramotti si intuisce lo spirito di quegli anni, parliamo dei Sessanta, quando, a marchio già avviato, si prospettò la possibilità di comprare un dipinto di Francis Bacon. Maramotti, grande appassionato di arte, optò invece per acquistare, con gli stessi soldi, una macchina per rifilare che serviva all’azienda. Il fondatore fu comunque un grandissimo collezionista e creò una galleria che oggi ha oltre 200 opere di arte contemporanea ed è visitabile gratuitamente a Reggio Emilia.
Se si considera che Maramotti, prima della morte, diventò anche il quarto italiano più ricco secondo le rilevazioni Forbes si può capire che la scelta di sacrificare un Bacon per una rifilatrice, per quanto dolorosa probabilmente a livello personale, era nell’ottica di sviluppo continuo dell’azienda.
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Storia del cappotto Max Mara
Intuizione sul lato produttivo ma anche grande riconoscimento di talenti con cui collaborare: Max Mara nella sua storia ha avuto tra i suoi stilisti pesi massimi del settore come Karl Lagerfeld, J.C. de Casteblanc, Dolce & Gabbana. Luciano Soprani, Guy Paulin. In particolare iconico è diventato il cappotto Max Mara, creato nel 1981. Il cappotto 101801, uscito dalla penna di Anne-Marie Beretta, sarà indossato da tutto il jet set internazionale ma anche da moltissime donne comuni. Taglio raffinato, proporzioni e misura, tessuti di grande pregio (lana e cachemire), maniche in stile kimono, creato con un processo di assemblaggio che richiede 73 operazioni.
La storia di Max Mara è indissolubilmente legata a questa creazione, in particolare al cappotto in cammello. A Seoul è stata anche dedicata una mostra, Coats!, proprio a questo capo.
Nel 2004 sono stati aggiunti altri settori merceologici all’offerta di Max Mara come la profumeria e la cosmetica.
Fatturato Max Mara oggi
Max Mara è oggi un gruppo strutturato e presente in tutto il mondo. Il fatturato 2017 ha segnato:
- un utile di 557 milioni di euro con un rialzo del 30% rispetto all’anno prima;
- un fatturato totale pari a 1,55 miliardi di dollari (questo nonostante qualche passo falso del marchio Marina Rinaldi che ha avuto invece una perdita di 4 milioni);
- 2250 store nel mondo (è presente in 90 nazioni);
- 5000 dipendenti totali
Lo stilista alla guida creativa è da un trentennio Ian Griffiths. La famiglia Maramotti ha partecipazioni importanti anche in Credem, istituto bancario che risente della crisi internazionale del settore e che per la famiglia è un nervo più scoperto, e in Unicredit.
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