2 dicembre 2009 – da Tokyo, Paolo Soldano
“Non importa se sei uomo o donna, c’è chi nasce guerriero e chi diplomatico. Io sono un guerriero”. Energica, esploratrice, creativa, carismatica, a tratti misteriosa, per lei il lavoro è un modo di divertirsi. Tiziana Alamprese (“la giapponesina”, come la chiamavano da piccola), 47 anni, di Potenza, dal 2005 è Country Manager per il gruppo Fiat in Giappone. Pratica il kendo, ama la notte e uno dei suoi obiettivi è far diventare famosa la 500 tra i giapponesi.
Segni particolari? L’autoironia e i vari suoi alter ego.
Il futuro? Meglio seguire le parole del saggio di Kung Fu Panda.
Tiziana, nel corso della tua carriera sei stata intervistata centinaia di volte. Qual è la domanda che non ti hanno mai fatto?
Quella che riguarda i miei alter ego, ma forse è un discorso che è meglio non fare…
Partiamo allora dalla domanda più banale. Cosa significa essere una donna manager in Giappone?
Credo che “donna manager” sia un’etichetta banale, perché tutti siamo manager di noi stessi. Per quanto riguarda la mia storia con Fiat, c’è sicuramente un filo che mi lega all’azienda, alle macchine e al Giappone, che è uno dei tratti forti della mia identità. Da piccola mi chiamavano “la giapponesina”, e quando ero all’università -inconsapevole di quanto sarei stata legata al Gruppo Fiat- impartivo lezioni d’italiano a un manager giapponese di una famosa casa automobilistica nipponica, che lavorava a un progetto con Alfa Romeo. Senza considerare che- appena laureata – sono stata pure vittima di un brutto incidente stradale – causato da un furgone dei Carabinieri…sempre vettura Gruppo Fiat! Un’esperienza che mi ha illuminato sul senso della vita in maniera determinante.
Insomma, tutti noi seguiamo il nostro destino, no?
Com’è lavorare in Giappone, dove non sono molte le donne a ricoprire ruoli chiave a livello aziendale, e per di più in un settore non molto “femminile”?
Amo questo paese, la sua cultura, le sue tradizioni. Avevo già vissuto qui per il mio master post-laurea ed esserci tornata in età più matura, ha riportato, intatto, l’entusiasmo giovanile. Quindi, cerco di trasmettere questa “buona energia” in tutto ciò che faccio: incluso ovviamente il mio lavoro, che prende tantissimo del mio tempo.
E sembra proprio che tu ci sia riuscita… molti qui ti identificano con Fiat Group.
Non sono mai stata capace di distaccare la mia personalità dal lavoro, che mi piace affrontare con passione, amore e possibilmente allegria! Quando si tratta di fare “branding”, occorre non solo brain storming, ma soprattutto love storming.
Qual è la strategia sul mercato giapponese?
Puntiamo sull’italianità, l’ironia, la simpatia: tutte caratteristiche che fanno parte anche del mio modo di essere. Ci rivolgiamo a chi ha voglia di differenziarsi: un marchio fun, cute, allegro e spensierato ma nel contempo impegnato sui fronti più importanti, dall’ecologia alla cultura, al sociale. Chi compra una 500 compra non solo un auto, ma anche un lifestyle, un modo di vivere: per questo è importante entrare in contatto e comprendere sempre meglio il tessuto sociale di questo Paese. In questo ambiente così creativo ho trovato un terreno assai fertile. Ad esempio, nel centro di Tokyo, abbiamo aperto il Fiat Caffè (inaugurato a novembre 2008, N.d.R.), che è uno spazio vibrante in cui fare esperienza con il Brand in un modo rilassato e con piacevolezza, in un luogo dove tutto può accadere: buona cucina, eventi, meeting, feste… Vi è anche un lounge and live club dove ballare e ascoltare buona musica. Lo scopo è quello di espandere la conoscenza del marchio Fiat anche a chi magari non entra volentieri in uno showroom di automobili.
Quando sei arrivata sapevi già la lingua, avendo studiato all’Orientale di Napoli. A livello di business hai avuto difficoltà?
Ci sono delle frasi chiave, certi idiomi da poter usare e altri no. Una sorta di pacchetto da acquisire, che una volta interiorizzato ti permette di non essere fraintesa e di non avere grandi problemi. Assolutamente da imparare è di essere ignorata o calpestata, cosa che i giapponesi sono molto bravi a fare nelle relazioni di business.
Quanto tempo ci hai messo a imparare le regole del gioco?
Almeno un paio d’anni. Essere donna e straniera mi ha aiutato, perché in questo settore sono vista come una rarità. E non potendo utilizzare il campionario di atteggiamenti solitamente utilizzati con le controparti maschili, i giapponesi mi rispettano di più.
Qual è lo stereotipo più grande sui giapponesi?
Che sono freddi, controllati, chiusi e pacifici….Secondo me sono esattamente l’opposto!
E i manager piu’ anziani?
Sono la mia passione: sono spesso stufi dei loro ruoli, riescono a vedere al di là dell’esteriorità e a buttarsi alle spalle molte formalità che condizionano la vita dei più giovani, diventando dei simpatici vecchi saggi.
Cosa può fare una donna qui a Tokyo?
Sono un’esploratrice sempre a caccia di posti nuovi da condividere poi con gli amici. E soprattutto sono una mamma con una splendida figlia di 11 anni con cui condividere la fantasiosa vita di questa Tokyo-Legoland.
La cosa favolosa di questa città è che puoi andare in giro da sola senza problemi, passare tre o quattro ore in un onsen (le terme giapponesi N.d.R.), o andare in uno dei bellissimi parchi poco fuori dalla città. E poi c’è la notte. Ma qui ti consiglio di chiedere ai miei alter ego, non a me…
Consigli a una giovane donna che guarda al Giappone?
Il messaggio non è rivolto a una ventenne, trentenne o cinquantenne, perché ormai la transgenerazionalità è totale, l’età non è più una barriera. Per chi guarda a questo Paese senza preconcetti, posso dire che è un mondo non evidente, non palese, che però rivela il suo mistero a chi abbia una mente aperta e creativa, come la maggior parte delle donne.
Ai Giapponesi piace molto l’Italia e l’italianità: perché?
Come ho detto, la vera natura dei giapponesi è solare, comunicativa e trasgressiva, ma le regole sociali impongono un rigido camuffamento nelle relazioni… Ecco perché i giapponesi amano tanto gli italiani: noi siamo in maniera plateale quello che loro vorrebbero essere, ma non possono.
Come vedi il tuo futuro?
Come diceva il vecchio saggio di Kung Fu Panda, “ieri è già storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, è per questo che lo chiamiamo presente”.
Soprannomi?
Tanti, tutti legati ai miei alter ego, quindi non posso dirteli…
P.S.