La crisi dei partiti non è e non deve essere irreversibile. Ma la politica deve recuperare competenze e passione, premiando le idee dei giovani secondo una logica meritocratica. Elisabetta Gualmini presiede l’Istituto Cattaneo. Vale a dire quel centro di studi politici, costola della casa editrice “Il Mulino”, da cui sono transitati pezzi da novanta come Beniamino Andretta, Altiero Spinelli, Romano Prodi, Francesco Alberoni, Giovanni Sartori. E dice: “Il Governo Monti era l’unica soluzione praticabile nella situazione di emergenza in cui versava e versa il Paese”.
Con le dimissioni di Silvio Berlusconi è davvero finita la seconda Repubblica?
E’ sicuramente finito un ciclo ventennale della politica italiana, iniziato col cambiamento del sistema elettorale in senso maggioritario. Non penso si tratti di un problema di etichette, il governo Berlusconi è caduto perché travolto da una crisi di proporzioni smisurate che non è stato in grado di gestire. La perdita di credibilità e di autorevolezza, soprattutto sul piano internazionale, è stata talmente forte che non si poteva non transitare ad una nuova fase.
Che prospettive ha aperto al Paese, sul piano politico, il governo tecnico voluto dal presidente della Repubblica?
Penso che il “governo del Presidente” a guida Monti sia un’ottima soluzione e l’unica praticabile a fronte delle condizioni di eccezionalità ed emergenza in cui versava il paese in novembre, e in cui versa tutt’ora. Napolitano ha traghettato il passaggio al governo tecnico senza grossi traumi e il governo di Monti si è già rivelato assai produttivo e “laborioso”, come ama ripetere il capo dello Stato. La fiducia nel governo sta crescendo e anche il prestigio dell’Italia a livello europeo con il duo “Merkozy”. Non sarà un cammino facile, ma le prime riforme cominciano a vedersi…
Siamo di fronte a una sospensione della democrazia, come sostengono alcuni esponenti della politica italiana?
No, da politologa posso sostenere che non siamo di fronte a nessuna sospensione della democrazia. I partiti sono presenti in Parlamento e interagiscono con il governo sulle diverse misure da approvare. In fasi non ordinarie, abbiamo già assistito alla presenza di governi tecnici (Amato, Ciampi, Dini), che, anzi, un po’ più liberi dai veti delle appartenenze politiche presenti nella compagine dell’esecutivo, sono in grado di essere più efficaci e più orientati alla soluzione di problemi e all’approvazione di riforme.
Il governo tecnico sembra godere di un discreto consenso da parte dell’opinione pubblica, nonostante la dura manovra correttiva fatta con ilcosiddetto decreto salva-Italia. E’ l’espressione di un distacco sempre più forte dalla politica?
Come dicevo prima, proprio in questi giorni sono stati resi noti i dati su un consenso crescente verso il governo Monti, dal 52 al 57 % secondo Ipr Marketing. I cittadini sono consapevoli che stiamo attraversando una crisi durissima e che occorrono sacrifici e scelte forti. E’ anche vero che la fiducia nei partiti e nel Parlamento nel 2011 è caduta significativamente, del 3,9 % e dell’8,9 % rispettivamente, contro oltre il 65 % al Presidente della Repubblica. Ed è vero che il fenomeno della disaffezione nei confronti di una politica percepita come inconcludente e litigiosa è rilevante. Direi da un lato che assistiamo alla fiducia in un governo percepito come competente e in grado di gestire la fase di difficoltà, dall’altro stanchezza per l’enorme tempo perso da parte dei governi politici negli ultimi 15 anni almeno.
La crisi dei partiti, così come la conosciamo oggi, è un processo irreversibile?
No, non è un processo irreversibile e non deve essere un processo irreversibile. Proprio giorni fa il capo dello Stato nella sua Lectio Magistralis a Bologna in occasione del conferimento della laurea ad honorem in Relazioni internazionali ha citato Sartori e la celebre frase: “Sono passati ottant’anni e i partiti sono più che mai sotto attacco; eppure nessuno riesce a dimostrare in maniera seria e convincente come la democrazia rappresentativa potrebbe funzionare senza le cinghie di trasmissione poste in essere dai partiti e dal sistema dei partiti.” I partiti sono gli unici corpi intermedi in grado di aggregare gli interessi, di strutturare il voto e di reclutare la classe politica. La democrazia post-partitica non è una categoria del reale funzionamento dei sistemi politici. Occorre tuttavia che i partiti recuperino la loro credibilità e la loro capacità di guardare all’interesse generale e di risolvere i problemi concreti dei cittadini.
Cosa deve recuperare la politica per ritrovare piena credibilità?
La politica deve recuperare competenza e passione. Non offrire “posti di lavoro” a chi “si aspetta” una stabilizzazione nei circuiti della politica solo perché ha fatto la gavetta nel partito. Occorre premiare le idee di persone giovani e nuove e promuovere a posti rilevanti di governo soggetti che abbiano abilità e competenze adeguate, sulla base di scelte meritocratiche e non conservative. Cose che in Italia sono ancora un tabù.
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore