Un programma ricco, molto vario, con un programma ricercato: l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi torna con una programmazione molto interessante in primavera
Per la terza stagione Silvia Colasanti è la compositrice in residenza de LaVerdi. Purtroppo quelli che ci lasciamo alle spalle sono stati anche i due anni peggiori nella storia della cultura e della musica in genere considerando la pandemia.
Ma è il momento di riaprire le porte dei teatri, di ri-accogliere il pubblico. Magari facendo tesoro di esperienze che nella vita uno non si augura mai di dovere affrontare. Salvo poi uscirne a testa alta. Come tante istituzioni culturali, teatrali e musicali di prestigio LaVerdi non si è mai completamente fermata. Ha continuato a esibirsi in streaming, davanti a platee deserte e a un pubblico collegato virtualmente ovunque e comunque fosse possibile.
Il programma primaverile de LaVerdi
Dopo il suo debutto del 24 maggio scorso con “Dove si disperde, infine spento, il canto della Morte?”, la prima opera commissionata dalla sinfonica milanese alla sua compositrice, LaVerdi ha creato tre appuntamenti dal vivo per omaggiare la sua compositrice. Domenica prossima, 11 marzo, al Teatro Gerolamo con un quartetto d’archi tutto al femminile che interpreterà la sua “Tre notti e Aria”.
Giovedì, 24, venerdì 25 e domenica 27 all’Auditorium di Milano sarà proposto per la prima volta in assoluto “Un violino per due”, con Domenico Nordio nel ruolo di solista.
Venerdì 8 e domenica 10 aprile il programma prevede “Cede pietati, dolor – Le anime di Medea” in abbinamento a un classico di Kurt Weill (Concerto per violino e orchestra a fiati opera 12) e alla straordinaria “Musica per archi percussioni e celesta” di Bela Bartok.
Un inchino alle platee vuote
In questi due anni Silvia Colasanti ha atteso con ansia il ritorno del pubblico, senza mai smettere di studiare e di comporre: “Il rapporto con il pubblico mi è mancato enormemente – spiega la compositrice – più di quanto avrei mai immaginato. Spesso si pensa che il compositore sia un solitario, che lavora in modo molto individuale. É vero solo in parte. Perché se è giusto dire che la componente solitudine e introspezione per chi compone è fondamentale, è solo davanti al pubblico che un’opera trova il suo compimento. Scrivere non basta. Bisogna condividere”.
La condivisione in streaming, inchinandosi davanti a una platea di poltrone vuote, è stata un’esperienza del tutto nuova: “Nuova e spiazzante, ma inchinarsi era doveroso. Un omaggio al pubblico che era collegato, ma anche a quello che avrebbe voluto essere presente. Un inchino all’idea del pubblico: esibirsi in streaming è stata la miglior soluzione possibile in un momento storico unico nel suo genere. Avevo molto lavoro da consegnare e non ho mai smesso di scrivere. Ma esibirsi è stato completamente diverso rispetto a tutto quello che avevo fatto. É stata un’esperienza, per certi versi formativa e interessante che ci ha consentito di lavorare in connessione con piazze prestigiose come Vienna e Berlino che diversamente non avremmo raggiunto. Ma ora rivogliamo la gente in platea”.
Elogio della lentezza
Silvia Colasanti in attesa della riapertura dei teatri e del programma Live de LaVerdi si è esibita in connessione con il “Petruzzelli” di Bari e con il Teatro di Piacenza nell’ambito del progetto “Vivere all’Italiana” commissionato dal Ministero degli Esteri. Il pubblico le restituisce l’emozione di proporre la sua musica: “Non sono una grande fruitrice della musica in riproduzione, ho uno stereo che ascolto di rado. Ascolto di tutto, soprattutto grazie alla radio. Ma per me la musica è una sala da concerto, con il pubblico. Tornare alla normalità è fondamentale. Abbiamo fatto di necessità virtù, ora possiamo ripensare a fare musica insieme alla gente e non solo insieme ai nostri musicisti cosa che è stata fondamentale in questi due lunghissimi anni”.
Cosa trasferirà nel suo lavoro di compositrice come esperienza di questo periodo? “Dobbiamo prendere atto del fatto che abbiamo imparato molto. Sicuramente questa esperienza ci ha cambiato e forse ci cambierà per sempre. A cominciare dal modo in cui viaggiamo e vivremo le nostre relazioni. Abbiamo scoperto aspetti introspettivi e di riflessione che ci erano sconosciuti. Per la prima volta siamo stati costretti a rallentare e a guardare alle cose con un approccio diverso”.
Silvia Colasanti pur ascoltando tutto con molta curiosità, resta profondamente legata alle sue radici classiche: “Essere trasversali è un dono. Ci sono artisti che riescono a esserlo in modo assoluto. Non è il mio caso. Ho vissuto il mio periodo di curiosità e ne sono uscita in modo consapevole. Ora approfondisco quello per cui ho studiato e continuo a studiare, e dunque il classico. É una pura e semplice questione di tempo. Tante cose da leggere, da studiare, da gestire. Il tempo per farle bene è fondamentale. E ho deciso di continuare a fare bene e in profondità le cose che amo”.
Genovese, classe 1965, giornalista dal 1984. Vive a Milano da 30 anni. Ha lavorato per Radio (RTL 102.5), TV (dirigendo Eurosport per molti anni), oltre a numerosi siti web, giornali e agenzie. Vanta oltre cinquemila telecronache di eventi sportivi live, si occupa da sempre di sport e di musica, le sue grandi passioni insieme a cinema e libri. Diplomato al conservatorio, autore di narrativa per ragazzi.