Un’azienda italiana che controlla il 70% del mercato mondiale del tartufo. E il 50% dei dipendenti sono donne. Anche se “noi non ci preoccupiamo del genere, ci interessa la competenza”, come ci spiega la proprietaria Olga Urbani in questa intervista, dove parliamo di lavoro, innovazione e Made in Italy.
Olga Urbani, la “regina dei tartufi” è co-proprietaria delle aziende del Gruppo Urbani, una realtà imprenditoriale storica che controlla il 70% del mercato mondiale del tartufo e che rappresenta l’eccellenza del Made in Italy all’estero.
Cresciuta nella scuola di vita e professionale del padre Paolo Urbani, cavaliere del lavoro e imprenditore visionario, Olga studia alla Columbia University a New York ma soprattutto si fa le ossa nell’azienda di famiglia. Oggi, insieme allo Zio Bruno, amministratore unico, è proprietaria delle aziende dove lavora con i cugini Carlo e Giammarco ed i suoi figli Luca e Francesco Loreti Urbani.
È lei la creatrice dell’Accademia del Tartufo Urbani, un centro tecnologico gastronomico punto di riferimento per tutti gli chef del mondo. E sempre lei ha voluto il Museo del Tartufo Urbani in memoria del suo amatissimo padre, che accoglie visitatori da tutto il mondo.
Olga Urbani ha istituito la “Fondazione Paolo Urbani” per giovani cuochi e ha ideato la Urbani Worldwide Travel and Tours e la “Scuola Internazionale del Tartufo”, la Confraternita del Tartufo. In questa intervista ci racconta la storia di questa azienda che si intreccia a quella della sua famiglia e come la sesta generazione ha accolto l’eredità del passato.
L’azienda Urbani, fondata nel 1852 da Constantine Urbani, oggi è arrivata alla sesta generazione. Da allora come è cambiata e in che cosa è rimasta fedele rispetto ai valori e ai principi che l’hanno fondata?
Siamo rimasti e vogliamo continuare ad essere una grande famiglia. I valori della famiglia, intesi sia nel concepire l’azienda come tale che nel far sentire a casa i nostri dipendenti, insieme a quelli dell’umiltà e del sacrificio, sono rimasti intatti e rappresentano le fondamenta della nostra storia aziendale.
Se non ci fosse stato questo profondo dialogo con gli altri membri della famiglia che gestiscono con me l’azienda, questo rispetto e questa visione unitaria, non avremmo raggiunto questi traguardi. La nostra è la storia di una grande famiglia dove non esistono personalismi e protagonismi. Mi rendo conto però che questo modello aziendale forse, si sposa male con il fattore competitività ma per noi è importante il dialogo e il rispetto dei nostri dipendenti e la profonda connessione con loro.
Il modello dell’azienda-famiglia è un modello di grande successo in Italia. Lo stesso che ha reso il Made in Italy grande. A quali inevitabili cambiamenti è sottoposto per stare a passo con i tempi?
Le basi, i valori, la filosofia devono rimanere intatti. Nel nostro caso, di recente abbiamo adottato un nuovo concetto di organizzazione aziendale, chiamato Lean Strategy, che si ispira all’ organizzazione della Toyota. Si tratta di rivedere tutti gli ambiti aziendali nell’ottica di limitarne gli sprechi. Allo stesso tempo, continuiamo ad investire nelle professionalità e nelle competenze. Un modello non di facile applicazione per una realtà come la nostra ma indispensabile per adeguarsi ai tempi dettati dal mercato.
Lei gestisce, insieme ai cugini, una realtà aziendale complessa ed importante che non si limita alla commercializzazione del tartufo ma arriva fino al settore immobiliare, accademico, culturale. Come è stato crescere e lavorare insieme al padre in un ambiente dominato prevalentemente da uomini. Quale è stato il suo contributo di donna e la lezione che di suo padre porta avanti?
Sicuramente non è stato facile, essendo stata figlia unica e pure donna. Con mio padre, un uomo che ho adorato ma con cui ho avuto un rapporto molto conflittuale, c’è stato un rapporto di amore e odio. Persona di grande intelligenza, sensibilità e capacità, mio padre è stato per me un grande esempio di vita umana e professionale. Una vera e propria scuola di vita, un faro che mi ha sempre guidato, di cui porto avanti valori come l’onestà, il rispetto, il sacrificio, il senso e l’importanza della famiglia, l’umiltà.
E’ stata dura arrivare a certi obiettivi perchè lui mi ha sempre messo a dura prova e raramente, almeno direttamente, mi ha riconosciuto dei meriti. Oggi penso che se lui non fosse stato rigido con me non sarei arrivata a questi risultati. Mio padre apparteneva a quegli imprenditori che consideravano l’azienda la propria vita, un’entità superiore che viene prima di tutti e di tutto.
Per questo, quando in un’intervista ha rivelato che le due cose più importanti per lui sono state la propria figlia e l’azienda, il fatto che mi avesse messo per prima nell’ordine, per me è stato un riconoscimento sia al mio ruolo all’interno dell’azienda che a quello di figlia.
Il 50 per cento dei vostri dipendenti è costituito da donne. Una scelta che supporta l’impiego femminile?
A dire il vero preferiamo non parlare di genere ma di talenti, competenze e professionalità. Sicuramente è giusto dire che le donne occupano un ruolo importante a tutti i livelli ma più che preoccuparci del genere ci interessa la competenza. Questo significa che abbiamo delle donne brillanti che lavorano con noi
Il mercato estero rappresenta una fetta importante della vostra azienda, soprattutto negli Stati Uniti. Come avete fatto a conquistare gli americani e aprire cinque filiali negli Stati Uniti e un laboratorio “Truffle Lab” diventato un punto di riferimento per I newyorchesi.
Mi viene in mente la storia del fratello di mio nonno, lo zio Paolo, che mio nonno mandò negli Stati Uniti nel 1920 per esplorare ed entrare nel mercato americano. Le lettere di mio zio, che io chiamava Zio Paul, erano scoraggianti al punto tale da chiedere di voler rientrare in italia perchè lui diceva che in America non capivano il tartufo e credevano fosse gelato o cioccolato.
Mio nonno insistette e nel 1930 mio zio fondò la Urbani Truffle USA iniziando questa splendida avventura oltreoceano. Non è stato facile, e noi nel tempo abbiamo lavorato ad una costante educazione del consumatore al prodotto, guidandolo sia dal punto di vista scientifico che culturale.
Il nostro successo è dovuto al fatto che, pur consapevoli che si tratti di un prodotto di lusso, lo abbiamo reso democratico con la creazione e la commercializzazione di oltre 600 prodotti, dai classici tartufi freschi, all’olio, al wasabi al tartufo, rendendo accessibile questo prodotto a molti sotto diverse forme.
Urbani rappresenta un esempio di Made in Italy che coniuga eccellenza, territorio, comunicazione, tradizione e innovazione. Non solo un prodotto alimentare ma anche una storia legata ad un territorio. Questa è stata la vostra formula vincente: raccontare un territorio?
Noi non parliamo mai di tartufo ma di Umbria, il polmone verde d’Italia. Siamo ambasciatori della nostra terra. Il nostro prodotto è legato ad un territorio specifico in maniera indissolubile. Raccontare il tartufo è per noi una missione importante che si intreccia al racconto della nostra terra, delle nostre tradizioni e dei nostri valori.
Alle aziende italiane che vogliono puntare sull’export cosa consiglia?
Di essere presenti nel territorio o almeno di affidarsi a qualcuno di fiducia che rappresenti al meglio l’azienda. Rimanere in Italia senza conoscere il mercato di esportazione si può rivelare una strategia perdente. E’ importante conoscere e studiare il mercato estero.
Cosa fare per meglio tutelare il Made in italy?
Le istituzioni delegate a farlo dovrebbero fare di più perchè, soprattutto le piccole aziende, da sole non riuscirebbero. Le aziende devono puntare sull’autenticità della propria storia e sulla qualità del prodotto
Come si sta preparando la prossima generazione Urbani, la sesta?
Rimane ancorata alla tradizione ma con un grande spirito innovativo, sia a livello di tecnologia che a livello intellettuale.
I social ci hanno aiutato nella diffusione del brand e oggi dimostriamo di essere all’avanguardia nell’utilizzo di alcune tecnologie. Ne è un esempio la Truffleland,la nostra azienda 4.0 gestita da mio figlio Luca.
È un grande vivaio situato a Scheggino, in Umbria: produce piante micorrizate per la coltivazione dei tartufi con una metodologia rivoluzionaria. Mio figlio Francesco cura le vendite nel mercato asiatico, un mercato non certo facile. E poi c’è la mia adorata nipotina Ginevra che a soli sei anni adora stare in azienda e si sta preparando a prendere il timone.
E suo padre cosa direbbe oggi dell’azienda?
Sarebbe soddisfatto e felice ma conoscendolo direbbe che c’è ancora tanto da fare.
Liliana Rosano vive e lavora negli Usa. Per Donne sul Web scrive di politica americana con interviste mirate a personalità della politica e economia. @lilianarosano
© copyright (28/05/2019)
Liliana Rosano vive e lavora negli Usa per Donne sul Web scrive di politica americana con interviste mirate a personalità della politica e economia.