La terza intervista della sezione dedicata alle donne sparse per il mondo.
05 marzo 2010 – di Paolo Soldano
Estroversa, creativa, molto determinata, non porta mai la macchina fotografica quando viaggia (“preferisco scrivere, ricordo meglio”). Dalla personalità semplicemente esplosiva, ha sempre viaggiato (“nell’ultimo anno ho finito le pagine del passaporto”), anche per studiare (“mentre vivevo in Italia ho fatto un Master a Londra nei fine settimana”).
Anna Lanzani, Brand Manager dei mercati internazionali per Barilla, originaria di Soresina (Cremona), a soli 32 anni ricopre una posizione manageriale di spessore.
Il suo segreto? “Sono riuscita a costruirmi un centro”.
L’unico modo per viaggiare tanto e non impazzire? “Avere un punto di partenza molto stabile”.
Hai studiato a Pavia, in Francia, New York, Londra, Singapore, e da poco ti sei iscritta a un Master in Filosofia Orientale Comparata all’Università di Urbino. Senza ombra di dubbio ti piace studiare, soprattutto all’estero.
Studio continuamente, perché penso sia una cosa fondamentale. Appartengo a una generazione che doveva lottare per fare una cosa che negli altri Paesi era considerata normale: viaggiare per studiare. Per me non è stato così scontato.
Sei appena rientrata nella sede di Parma dopo un anno e mezzo a Tokyo, un’esperienza a Bruxelles e decine di spostamenti per il mondo. Qual è il trucco?
Prima ero molto confusa, il ritmo era dato dai viaggi. Adesso sento di essere cresciuta, ho finalmente trovato il mio centro, il mio punto di ritorno: la mia casa sul lago di Garda. Mi sento parte di un luogo, e anche se rimango lontano da lì 300 giorni all’anno ho trovato dove appartengo.
I tuoi mercati di riferimento sono Asia, Australia, Nuova Zelanda, Africa mediterranea e Sud America. Al di là della definizione aziendale, come descriveresti il tuo lavoro?
Conoscere e capire le abitudini alimentari e di consumo dei popoli che vivono nei Paesi di cui mi occupo. Questa è la parte più “sociologica”. Poi bisogna capire cose più “tecniche”, come le reti di distribuzione, i supermercati e il come sviluppare la conoscenza del prodotto e il suo utilizzo. La cosa più importante per me rimane quella di dire, e dare, qualcosa che sia rilevante.
Marketing: parola di cui molti si riempiono la bocca. Per te cosa significa?
In effetti è un po’ vago dire “marketing”, anche perché in Italia uno dei primi assiomi dell’industria moderna era, almeno fino a qualche anno fa, quello di vedere il mercato in un’ottica “ingegneristica”, di produzione. Poi è subentrata un’ottica di gestione in senso lato, cioè di marketing, che per me significa avere un approccio al management partendo dal mercato.
Ti definisci estroversa, curiosa, “analitica più che sintetica”. Queste caratteristiche ti hanno aiutato nel lavoro?
Spesso vince chi ha un approccio sintetico e focalizzato, almeno nel breve.
Nel lavoro, come nello studio, mi ha sempre aiutato la determinazione. Ho preso la patente nautica solo perché un mio amico diceva che non ce l’avrei mai fatta.
Al di là degli ultimi tre mesi, durante i quali sei tornata dal Giappone, sei stata in Australia, Tailandia, India e tre volte in Inghilterra, com’è la tua giornata tipo?
Semplicemente la mia giornata tipo non esiste, da molto tempo. E’ per questo che non riesco a mettermi a dieta: quando il dietologo mi ha chiesto cosa mangiavo di solito e a che ora, ho pensato “qualsiasi cosa a qualsiasi ora”. Una delle mie ultime conquiste comunque è l’essermi iscritta in palestra.
I prossimi passi?
Da un lato la vita personale, perché mi piacerebbe avere una famiglia.
Dall’altro quella professionale: Barilla mi ha dato un imprinting molto forte, perché è un’azienda in cui ci si pone ogni giorno problemi di etica, e di come trovare soluzioni alimentari che facciano vivere meglio le persone. Questo lavoro sincero mi ha fatto riflettere molto, e prima o poi vorrei lavorare nel non-profit.