Def 2019: introduzione di reddito di cittadinanza e di flat tax. Ma nel concreto le famiglie italiane ci guadagneranno o ci perderanno?
Def 2019: poco si sa del documento di programmazione economica, si è discusso enormemente di quella soglia (annunciata) del 2,4% di sforamento, molto più elevata dell’originario 1,6% previsto, ma poco si è capito di cosa bolle in pentola veramente nei progetti della maggioranza.
Cerchiamo dunque di fare un po’ di chiarezza.
Def 2019: reddito e pensione di cittadinanza
Se non abbiamo ancora in mano progetti precisi però possiamo quanto meno intuire la “filosofia” sottostante la prossima manovra economica: dare più soldi alle categorie più svantaggiate, “eliminare la povertà” come è stato detto dal viceministro Di Maio.
Il mezzo principale per arrivare a questo è quello di dare un reddito ai disoccupati (a patto che non rifiutino proposte di lavoro congrue, ne parliamo dopo) e aumentare le pensioni minime portandole a 780 euro al mese.
Il reddito è un sussidio di disoccupazione
Il reddito di cittadinanza in ultima analisi è un sussidio di disoccupazione cui è stata tolta una fine temporale. I limiti previsti nelle proposte di governo sono:
- iscriversi alle agenzie per il lavoro,
- fare colloqui per lavori entro 50 km dal luogo di residenza,
- non rifiutare più di tre proposte di lavoro congrue.
C’è un però: il termine “congruo” non è stato ancora ben definito, cosa si intende per lavoro congruo? Un secondo grossissimo limite è il funzionamento, molto farraginoso, delle agenzie per l’impiego. Le quali comunicano poco tra di loro, spesso sono poco aggiornate dal punto di vista informatico, spesso fanno poca formazione e aggiornamento ai lavoratori, sono poco sovvenzionate dal punto di vista dei fondi a disposizione.
Vedi anche: Le aziende che assumono in tutta Italia per il 2018.
In sostanza dunque ci si muove non per stimolare il lavoro o la “spesa produttiva” (scuole, infrastrutture, defiscalizzazione del peso di tassazione dei lavoratori a carico delle aziende) ma per dare misure di sostegno diretto agli incapienti o alle fasce con minor reddito della società, sperando che poi da questo derivi maggiore domanda interna e, in modo correlato, più consumi e più lavoro.
Filosofia che non è ben chiaro quanto possa concretizzarsi: molti economisti si chiedono, ad esempio, se il maggiore introito percepito dai pensionati non rischi di finire in risparmio, magari bloccato, o se in generale un reddito di cittadinanza non possa spingere a un aumento del nero (in altre parole, smettere di lavorare in modo regolare, percepire il reddito di cittadinanza e continuare a a essere occupati e retribuiti in nero “guadagnandoci” il doppio).
Vedi anche: Bonus bebè, ci sarà, non ci sarà? Ultime news
Che fine faranno gli aiuti diretti alla persone?
Parliamo ora di bonus: bonus bebè, bonus nascita, bonus famiglie numerose, bonus per le utenze domestiche. Si è letto più volte che con introduzione di flat tax (e conseguente riduzione di tassazione generale) e di reddito di cittadinanza tutti gli antichi bonus saranno cancellati (eccetto i bonus per le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico, che sono legati a interventi sulle case). Anche qui il principio è non più bonus una tantum o periodici ma un aiuto continuativo alle persone in difficoltà lavorativa o con redditi più bassi. Ma ci potrebbero essere altre conseguenze…
Una fine dei bonus è comunque una cessazione di aiuto alle famiglie
Poniamo un caso: famiglia con terzo figlio in arrivo. Due redditi, magari la mamma che lavora part time. Allo stato attuale sarebbe naturalmente esclusa dal reddito di cittadinanza ma si troverebbe comunque ad affrontare ulteriori spese dalla nascita del figlio appena arrivato. E si troverebbe a farlo senza poter più contare sull’aiuto mensile da 80 euro, sul premio di 800 alla nascita e, se avesse ancora più figli, senza la possibilità di raddoppiare il bonus bebè.
In sostanza le famiglie, magari con redditi bassi, potrebbero venire penalizzate dal nuovo sistema e perdere l’integrazione al reddito che hanno ora. Aggiungiamo che la stessa famiglia potrebbe vedere anche cessato il bonus da 80 euro stabilito dal governo Renzi e quindi vedere ulteriormente il reddito generale calare e i soldi nel portafoglio diminuire.
Aumenta l’Iva?
Abbiamo un ulteriore problema all’orizzonte: una modifica corposa della spesa pubblica, un’uscita dai vincoli stabiliti con i nostri partner europei, significa anche un automatico aumento del prelievo Iva e delle accise sulla benzina. Ancora una volta: una maggiore spesa, non compensata da tagli o da una crescita veramente significativa, porta a un automatismo di aumento di prelievo da altre fonti. Ma l’Iva è il pane che mangiamo, il dentista che paghiamo (sempre se ci facciamo fatturare), il software che scarichiamo per lavoro…
Dove saranno fatti i tagli?
La nuova maggioranza di governo ha altresì mostrato l’intenzione di muoversi in una direzione ben precisa: fine del finanziamento alle grandi opere che sono considerate più “grandi spot” che davvero utili, maggiori soldi ai territori. Traduciamo: terzo valico non rifinanziato, Tap forse bloccata, rallentamento dei progetti di ampliamento della rete dell’Alta velocità, Mose forse al palo seppure a un solo anno dalla partenza dei collaudi. E in compenso maggiori soldi per i trasporti locali o per la messa in sicurezza dei territori.
Questo tipo di investimenti, sempre che saranno realizzati, potranno rappresentare un incentivo alla crescita del Pil? In sostanza: quali investimenti realmente incisivi sull’economia sarebbe più opportuno portare a termine? Anche su questo punto il dibattito è molto acceso.
© copyright (02/10/2018)