Il bonus 80 euro è stabilizzato e sarà garantito anche nonostante alcuni aumenti contrattuali in discussione. Ci sono poi buone notizie per le Partite Iva
Il bonus 80 euro in busta paga è una misura che è rimasta tra le più famose del fu governo Renzi tanto che è passato anche nel gergo comune come Bonus Renzi. Si tratta a tutti gli effetti di una misura di defiscalizzazione, in sostanza un piccolo taglio delle tasse che genera un aumento dello stipendio netto percepito in busta paga per alcune categorie di lavoratori.
Chi ha diritto al bonus 80 euro?
A partire dal maggio 2014 ne hanno diritto:
- i lavoratori dipendenti,
- quelli in cassa integrazione o mobilità ,
- i soci di cooperative,
- i lavoratori socialmente utili,
purché guadagnino tra gli 8 mila e i 26 mila euro e purché l’imposta dovuta Irpef sia più elevata rispetto alle detrazioni concesse. In sostanza: se già si detrae in misura tale da abbattere le imposte lorde non si ha diritto alla defiscalizzazione (cioè al bonus).
A chi ha un reddito sotto i 24 mila Euro si applica un taglio di tasse di 80 euro direttamente in busta paga (non dovranno fare alcun tipo di domanda). A chi guadagna tra i 24 e i 26 mila euro il bonus progressivamente diminuisce (es. chi guadagna 25.500 euro avrà un bonus di 20 euro al mese).
Sotto gli 8 mila euro e sopra i 26 mila euro di reddito non si ha diritto ad alcun bonus.
Bonus 80 euro una tantum o per sempre?
Nel 2014 il bonus era ancora una tantum ma è stato stabilizzato dalla Legge Finanziaria 2015: quindi non preoccupatevi, salvo novità legislative, il bonus resta a tempo indeterminato. Non si avrà diritto alla defiscalizzazione solamente se, oltre allo stipendio, si avranno altri redditi da portare in dichiarazione (es. da affitti) che a fine anno faranno sforare il tetto totale. In questo caso si dovrà restituire il bonus versando nuovamente le tasse che ci erano state tolte ma che eravamo tenuti a pagare.
Vedi anche: Dovete restituire il bonus da 80 euro in busta paga? Facciamo chiarezza
Ma se mi aumentano lo stipendio il bonus non c’è più?
Un problema di portata notevole è il fatto che molti dei contratti collettivi italiani sono stati per tanto tempo bloccati. L’esempio più significativo è il contratto degli statali che è rimasto fermo per otto, lunghissimi, anni e che riguarda oltre 3,3 milioni di lavoratori, dagli insegnanti ai ministeriali. Il nuovo contratto di lavoro di cui è partito l’iter per il rinnovo dovrebbe portare ad aumenti medi di circa 85 euro al mese. Per molti lavoratori questo significherebbe uscire dal tetto massimo del bonus: in sostanza quindi l’aumento contrattuale potrebbe azzerare il bonus già acquisito. Si è calcolato che in questa situazione potrebbero trovarsi oltre 200 mila lavoratori pubblici che attualmente hanno un reddito tra i 26 mila e i 28 mila euro.
L’atto di indirizzo governativo pare però aver salvato il bonus prevedendo un’indennità che vada a coprire l’eventuale sforamento dal tetto massimo.
Questo per quanto riguarda il contratto degli statali. E’ chiaro che il discorso però va valutato contratto per contratto, dato che se non sono previste forme di indennizzo un possibile aumento contrattuale, effettivamente, potrebbe andare a essere vanificato dal superamento della soglia del bonus da 80 euro che quindi a sua volta sarebbe tolto.
Ma le partite Iva?
Le partite Iva non hanno diritto al bonus ma ci sono buone notizie anche per loro. Infatti la quota relativa alla gestione separata Inps (quindi alla cassa previdenziale “generalista”, di chi non ha una cassa di settore) verrà diminuita al 25% dall’1 gennaio 2017. Questo significherà lasciare più reddito agli autonomi: si parla di una cifra “paragonabile” al bonus, tra i 30 e i 70 euro al mese.
La misura è tanto più significativa se si calcola che non solo la quota Inps non doveva diminuire ma era già previsto nell’ambito del riordino effettuato nel 2012 che doveva aumentare fino al 33%.
Vedi anche: Bonus 80 euro a rischio