Una rete globale di relazioni per aggredire mercati oltreconfine altrimenti quasi irraggiungibili. Con il ruolo di primo piano delle donne, candidate ad essere protagoniste dell’internazionalizzazione delle imprese. “Le aziende in rosa sono un chiavistello per raggiungere, e presidiare, nuove nicchie di mercati esteri”, spiega infatti Gianfranco Caprioli – consigliere per l’internazionalizzazione del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola – per il quale un un aiuto rilevantissimo può arrivare dall’e-commerce.
Qual è il grado di internazionalizzazione delle imprese italiane?
L’Italia dipende dall’export, che contribuisce per circa il 25% alla formazione del Pil: nel 2009 con 290 miliardi di euro. Il panorama delle imprese che esportano è variegato. Ma spiccano le microaziende, che hanno da 1 a 9 addetti, e che costituiscono il 63% del totale. Una quota che sale al 75% se comprendiamo anche le piccole imprese, vale a dire quelle che hanno fino a 50 addetti. Ma questo 75% di imprese esporta solo il 30% del totale: significa che a un altissimo numero di aziende corrisponde una bassa quota di valore esportato. Oltre il 40% del volume delle esportazioni è realizzato da meno dell’1% delle aziende. L’obiettivo, strategico per l’Italia, deve essere dunque quello di aumentare e consolidare il volume dell’export delle micro e delle piccole aziende. Un obiettivo che passa attraverso un aumento delle vendite all’estero che potrebbe essere anche volano per la ripresa economica. Il drastico calo dell’export (-20%) dello scorso anno rende ancor più forte l’esigenza di catturare nuova domanda, di occupare nuove nicchie di mercato. E per fortuna nei primi mesi del 2010 stiamo registrando segnali di ripresa.
Con quali strumenti si può raggiungere questo obiettivo strategico?
Il ministero dello Sviluppo economico è ben consapevole che non esistono soluzioni semplici né magiche. Di conseguenza cerca attivamente di azionare vari tasti. Uno di questi è l’imprenditoria femminile: una risorsa finora sottovalutata che è invece in grado di incunearsi in ogni spazio che si apra oltre confine. Le imprese in rosa possono essere viste come un passepartout. L’attenzione rivolta all’imprenditoria femminile deriva sia da ragioni di natura socioeconomica che di marketing. Potrebbe essere un’efficace piattaforma, per impostare nuovi rapporti con l’estero, porsi come network di relazioni che contribuiscono al presidio dei mercati. Il ministro Scajola, già nel 2005, aveva impartito direttive per aprire nuovi filoni di promozione all’estero del made in Italy: bionanotecnologie, aerospaziale, imprenditoria femminile. Il successore, il ministro Bonino, ha lavorato molto su questo terreno, organizzando workshop e meeting internazionali delle donne imprenditrici per far emergere tutte le potenzialità che possono alimentare questa rete. Le statistiche ci dicono che i settori a maggior presenza femminile sono quelli del commercio, con il 32%, dell’agricoltura, con il 23%, del manifatturiero, con il 10,5%, dell’informatica e della ricerca, con il 10%. Abbiamo 31mila imprese femminili che operano nell’hi-tech. Ebbene, in questi settori la presenza di donne imprenditrici può essere la testa di ponte per insediarsi su mercati difficilmente raggiungibili.
Da dove può arrivare un contributo?
Dall’e-commerce, che può dare un aiuto rilevantissimo. Sempre le statistiche ci dicono che si sta estendendo anche settori tradizionali, come quello della moda. Ed è importante sottolineare che ha notevoli capacità di sviluppo mano a mano che evolvono i sistemi di sicurezza dei pagamenti. Le nuove opportunità di sfruttamento tecnologico delle comunicazioni e dei trasporti permettono di accrescere le possibilità di affermazione dell’imprenditoria femminile. E la capacità di mantenere e sviluppare la rete delle relazioni è un fattore di competitività , se organizzata in chiave imprenditoriale.
Che cosa deve essere fatto?
Prima di tutto bisogna far riprendere quota alla prassi dell’organizzazione di meeting internazionali di donne imprenditrici, agevolando gli incontri business to business. Questo deve servire per valorizzare i settori economici a forte presenza femminile. E soprattutto a creare e a consolidare una rete di relazioni che va costantemente implementata.
Il ministero dello Sviluppo economico e l’ICE possono fertilizzare i contatti B2B dando continuità e sviluppo alle relazioni fino alla creazione di concreti rapporti commerciali.
2Â marzo 2010 – di Natascia Ronchetti