La procura della Federcalcio ha aperto un’inchiesta per quanto è accaduto sabato al termine della partita tra Roma Femminile e Juventus con una coda polemica che non fa onore al calcio femminile
Si parla molto spesso di eccessi nel calcio. E a volte si pensa, spesso sbagliando, che ci siano dei limiti che in alcuni ambiti dello sport più popolare del mondo non vengano valicati. Il calcio minore, quello giovanile, quello infantile e ovviamente il calcio femminile. Non è così…
Qualche mese fa un arbitro donna è stato pesantemente insultato da un allenatore giovanile, poi squalificato per molti mesi. Un altro arbitro di una partita amatoriale è stato colpito con un pugno da un tecnico, squalificato per cinque anni. Lo scorso anno alcuni ragazzini di una squadra toscana si sono organizzati e con volto coperto da caschi hanno aggredito i giocatori avversari mentre stavano tornando verso le macchine. Nel calcio in Italia non esiste un’isola felice. Si pensava che il calcio femminile lo fosse…
Roma Femminile-Juventus Women, cosa è successo
Al termine della partita, davvero splendida, una delle più belle di sempre nel repertorio del calcio femminile italiano (vittoria della Roma in rimonta 3-2) l’allenatore della Juventus Joe Montemurro sarebbe stato pesantemente insultato da alcuni sostenitori della squadra giallorossa. Sono volati in campo un paio di bicchieri di plastica pieni d’acqua e diversi sputi. Così si è anche capito perché Montemurro, allenatore sempre molto cordiale e disponibile con tutti, avesse poca voglia di parlare e perché il suo collegamento in diretta TV sia durato solo pochi secondi. Il tempo di qualche frase di circostanza.
Sul posto erano presenti alcuni ispettori federali che avrebbero già depositato le loro relazioni che andranno a integrare la documentazione di una inchiesta che la procura della FIGC ha aperto immediatamente. Il passo successivo per il procuratore sarà quello di ascoltare le testimonianze dei tesserati identificati dagli ispettori.
Una brutta ultima pagina
Montemurro non ha parlato. La Juventus sulla coda del dopo partita non ha pubblicato nulla, nemmeno sui propri social. Ma la scena non è sfuggita a molti presenti, tra i quali anche parecchi tifosi abituali della Roma femminile, molto infastiditi per l’accaduto. Perché, va detto, a rendersi protagonisti dell’episodio copiato e incollato dalle solite scene che si vedono sui campi di Serie A, erano i soliti ultrà da esposizione mediatica, organizzati con telefonini per filmarsi e pubblicare sui social il loro campionario di idiozia.
Immagini brutte, soprattutto rispetto agli applausi che hanno accolto i due gol della Juventus, entrambi molto belli. E soprattutto l’uscita dal campo della juventina Beerensteyn, costretta al cambio da una brutta caduta a terra con testa e collo.
La testimonianza di Rosucci
A vedere la scena c’era anche Martina Rosucci, infortunata che ha postato un post abbastanza eloquente: “C’era una volta il calcio femminile e i tifosi del calcio femminile. Che vergogna. I tanti insulti ricevuti dalle mie compagne dalla tifoseria dietro la panchina… Complimenti. Oltre a saper perdere bisogna anche saper vincere!!! Sono certa che ci sia anche una parte di tifoseria avversaria che non appartiene a questa ignoranza! Onore ai nostri tifosi che hanno saputo sempre vincere e perdere senza insultare mai gli avversari… D’altronde signori si nasce”.
E ancora… “La violenza anche quando verbale va denunciata!!! Magari non la si riuscirà mai a combattere fino in fondo, ma stare zitta davanti a questo o ignorarlo mi farebbe solo sentire parte di questo schifo”.
D’altra parte alcuni tifosi nei commenti hanno ricordato un video della Juventus femminile che festeggiava le vittorie di Coppa e Supercoppa su Roma e Fiorentina insultando la squadra avversaria. Semplice goliardia, anche questa copiata e incollata dal calcio dei ricchi. Basti pensare a insulti e cori offensivi che nelle feste scudetto partono dai giocatori per coinvolgere i tifosi.
Ci permettiamo non un giudizio, ma un auspicio. La speranza è che il calcio femminile resti un esercizio anche di educazione, magari persino di esempio, per tifosi che con lo sport e una sana dialettica agonistica non hanno nulla a che fare. E non altro terreno di conquista per un esercizio di ignoranza e violenza del quale, francamente, non si sente alcuna necessità.
Genovese, classe 1965, giornalista dal 1984. Vive a Milano da 30 anni. Ha lavorato per Radio (RTL 102.5), TV (dirigendo Eurosport per molti anni), oltre a numerosi siti web, giornali e agenzie. Vanta oltre cinquemila telecronache di eventi sportivi live, si occupa da sempre di sport e di musica, le sue grandi passioni insieme a cinema e libri. Diplomato al conservatorio, autore di narrativa per ragazzi.