Difficili all’entusiasmo, sondiamo da sempre i sentieri della conoscenza, con una curiosità temperata dallo scetticismo di chi ne ha viste troppe per esaltarsi- ma non così tante, per smettere di gettare lo sguardo oltre l’orizzonte e dietro l’angolo. Siam quelli dell’America, del lotto, dei jeans; siamo gli antesignani dell’alta Finanza, i promotori del gioco del calcio, gli inventori del Pan di spagna, della frutta candita e dei confetti. E siam quelli del basilico, che prima di noi era solo una profumata pianta aromatica, ammantata sin dal nome di regalità e di poteri magici e per questo ritenuta non commestibile- e che da noi è stata trasformata in un simbolo distintivo della nostra città e della nostra cultura, oltre che nell’ingrediente di base della salsa che più ci rappresenta e più ci unisce ai nostri vicini, in quell’arco di terra aspra e selvatica che è la nostra Liguria.
Sia chiaro: per noi, il pesto è buono anche così. Ogni scusa è valida, per assaggiarlo, dagli aggiustamenti dell’olio e del sale, mentre lo si prepara, al furtivo boccon di pane, mentre si attende di scolare la pasta. Ma la sua natura è quella di una salsa- e quindi, al pari di tutte le salse, la morte sua è in una fiammanghilla, pronto ad avvolgere fra le sue profumate spire i formati più tradizionali che, uniti al pesto, danno vita a connubi inscindibili, nella mente e nel cuore.
In principio, fu la farina di castagne- e furono le trofie, piccole virgole profumate e saporite, le uniche che potessero sostenere un impasto altrimenti troppo povero per stare insieme. Il nome deriva da “strofuggia”, che è linguaggio di casa e di affetti, di uno stropicciarsi di coccole, ancor prima che di tessuti. “Pasta stropicciata”, vorrebbe dire, nata alle spalle della città , in un contado fra la terra e il mare, e sublimata nella versione ancora più piccola, in quel di Recco, meta di golosi e buongustai, attratti ugualmente dalle delizie della focaccia al formaggio quanto da un piatto di trofiette al pesto.
Poi vennero le trenette, che altrove son linguine, ma sempre per gradi, che la farina bianca, sugli scogli, è un lusso: prima, ci furono le trenette “avvantaggiate”, con una manciata di crusca o di farina integrale , per un vantaggio che partiva dal portafoglio e finiva dritto nel piatto, con un primo robusto, capace di riempire con poca spesa. E infine, arrivarono le trenette e le trofie di farina bianca, le più famose, le più diffuse, quelle che ancora oggi rappresentano per noi il nostro pane quotidiano, il piatto che più ci rappresenta, la traduzione tutta zeneize di quel “se famo du spaghi” che da noi finisce sempre per profumare di pesto.
Erroneamente dette da qualcuno “avvantaggiate”, sono uno dei piatti più classici della nostra tradizione anche se, a dirla tutta, i fagiolini sono un’aggiunta recente, segno di quel benessere che ci permise qualche incursione al di là dell’Appennino, fra le incomparabili ricchezze della Pianura Padana a cui dobbiamo la farina bianca per la pasta e il Parmigiano Reggiano per il pesto. E’
probabile che, nelle versioni più antiche, ci fossero solo le patate, tradizionali “ricostituenti” di una cucina povera a cui attinse tutta la Penisola, in lungo e in largo. Ma il connubio è azzeccato e ha resistito al passare dei tempi e alle lusinghe delle nuove mode culinarie
Ingredienti per 4 persone
240 g di trenette
4 cucchiai di pesto
due manciate di fagiolini freschi mondati, senza filo
2 patate , affettate e tagliate a cubetti
Riempite una pentola con l’acqua per la pasta, salatela e versatevi le patate sbucciate, lavate e tagliate a cubetti. Appena bolle, aggiungete i fagiolini e, dopo pochi minuti, le trenette.
Nel frattempo, mettete il pesto in una terrina dove condirete la pasta e stemperatelo con un mestolo raso di acqua di cottura. Dovete ottenere una salsa molto liscia e vellutata, quasi fluida. Questo è un passaggio importantissimo, indispensabile perchè il pesto leghi beni con la pasta. Quando le trenette sono cotte, scoltatele al dente in uno scolapasta, assieme alle patate e ai fagiolini. Versate tutto nel recipiente dove avete allungato il pesto, mescolate bene e servite, con una generosa manciata di parmigiano reggiano grattugiato.
Note sparse
Trattandosi di buona cucina di tutti i giorni, non è contemplata la cottura separata. Patate e fagiolini si mettono direttamente nell’acqua di cottura della pasta, le patate a freddo, i fagiolini quando bolle e, quando la pasta è al dente, è tutto pronto.
Le patate sono tagliate a tocchetti piccoli, quindi fanno presto a diventare morbide. Coi fagiolini, è un po’ più un’incognita: di solito, io li faccio sobbollire per cautela un minuto o due, prima di buttare la pasta, perchè preferisco fra cuocere un po’ di più la verdura, che non le trenette.
Comunque, se usate prodotti freschi, in 12-15 minuti al massimo dovrebbero essere pronti. Nulla vi vieta di farli cuocere separatamente, e di aggiungerli poi alla fine, al condimento.
Se volete preparare le troffie, invece, è meglio fare una cottura separata, perchè i tempi di cottura delle troffie sono comunque minori della pasta secca. Di conseguenza, è preferibile far cuocere fagiolini e patate da parte. Calcolate circa 80 g di pasta per persona
Le trenette al pesto sono la tappa ligure dell’itinerario goloso che grazie a Gente del FUD e a Donne sul Web ci consente di fare un tour gastronomico virtuale per tutta la nostra Penisola, nel segno della pasta
Menú Turistico
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