L’abbigliamento a scuola è un tema molto dibattuto ultimamente e non solo in estate. Ecco cosa si intende per abbigliamento consono e decoroso a scuola e come fare rispettare le regole, partendo da una linea genitoriale chiara.
Ognuno di noi ha ben chiaro cosa non si dovrebbe indossare per andare a scuola ma, l’assenza di regole precise dà luogo a sfumature e a libere interpretazioni che, spesso, consentono ai ragazzi di cavalcare un po’ l’onda, appellandosi alla libertà di espressione individuale.
Ecco cosa succede nelle scuole, come alcuni presidi sono intervenuti per arginare il problema e cosa possono fare i genitori.
Abbigliamento per la scuola: una questione sempre attuale
A scuola a 13 anni con top sotto il seno e a 16 anni con gli infradito, mentre impazza la moda, specialmente in terza media, di presentarsi in classe in pigiama. Ecco come appaiono gli alunni in aula in molte scuole. No, non è solo una questione di abiti succinti, altrimenti, il problema sarebbe limitato all’estate, ma di vero e proprio decoro, completamente ignorato da chi si presenta in classe con abiti strappati o mutande che spuntano abbondantemente dai pantaloni a vita bassa.
Così, è sempre più facile imbattersi in notizie che parlano dell’ammonizione da parte di presidi o di circolari che mirano a bandire alcuni abbigliamenti, con conseguente divisione dell’opinione pubblica.
Cosa non si può indossare a scuola, tra outfit vietato e tollerato
Ma allora, come vestirsi a scuola e quale stile di abbigliamento è davvero vietato? Se ci sono alcuni capi che sono chiaramente banditi dall’ingresso in aula, come infradito, scarpe col tacco a spillo o pantaloni strappati, su altri vestiari è più difficile mettere delle regole chiare.
Ad esempio, la gonna corta non va indossata, né gli shorts: ma cosa si intende per gonna o pantaloni troppo corti? Sopra il ginocchio? Oltre la metà della coscia? O addirittura, all’attaccatura dei glutei?
Stesso discorso per le maglie: quando una maglia è troppo corta? Sopra l’ombelico o sotto il seno? In assenza di regole chiare, tutto è affidato al buonsenso personale, di alunni, che scelgono fin dove osare, e di docenti che decidono fin a dove tollerare.
Certo, reintroducendo la divisa, i problemi si risolverebbero alla radice, ma sarebbe la morte dell’individualità che, però, va detto, si può esprimere anche con un abbigliamento consono.
Codice di abbigliamento o dress code: tra regolamento scolastico e legge
Allora, come normare una situazione ai limiti dell’ambiguità, preservando il rispetto dell’istituzione, senza cadere nell’omologazione degli studenti?
Non esiste una legge nazionale, a patto di non voler scomodare l’articolo 726 del codice penale sugli atti contrari alla pubblica decenza, ma molte scuole si sono dotate di codici e regolamenti interni che non obblighino ad intervenire con circolari ogni volta che qualche studente passa i limiti.
Ma perché è importante imporre regole sull’abbigliamento a scuola? Perché la scuola è un’istituzione e, come tale, va frequentata. In tribunale, i giudici portano una toga, come in chiesa i sacerdoti indossano la talare e in ospedale i medici lavorano col camice. Gli alunni, a scuola, possono esprimere la propria personalità in molti modi diversi, ma così come accade negli altri luoghi istituzionali, appena presi come esempio, l’abbigliamento, anche in aula, deve uniformarsi ad un codice.
Va de sé come i docenti debbano essere i primi a dare l’esempio, scegliendo un abbigliamento consono al loro ruolo e all’istituzione in cui lavorano e che rappresentano in classe.
L’abbigliamento scolastico deve essere condiviso a casa
Tralasciando i casi di ragazzi e ragazze che escono di casa con un certo vestiario e poi si cambiando in ascensore o prima di entrare a scuola, i genitori dovrebbero essere ben consci di come i propri figli vadano vestiti in aula. Non ci dovrebbe, insomma, essere bisogno di note, richiami o circolari per scoprirlo.
Schematizzando, esistono tre tipi di genitori: quelli che hanno lavorato in anticipo e non hanno bisogno di ricordare al figlio come ci si veste nei diversi contesti, quelli che hanno una visione diversa da quella della scuola, ma si uniformano all’invito della stessa ponendo maggior attenzione all’abbigliamento dei figli, e quelli che, nonostante i richiami, ritengono giusto lasciare liberi i figli di esprimersi con l’abbigliamento più gradito.
Qui, però, non si tratta di essere bigotti o di voler schiacciare l’individualità dei giovani. Si tratta, semplicemente, di ricordare loro che ogni contesto richiede di attenersi a delle regole e, a volte, di interpretare un ruolo. Il ruolo di un ragazzo, a scuola, che faccia le elementari o le superiori, che sia primavera o autunno, è quello dello studente, che, tra i vari diritti e doveri, comprende anche il rispetto di un certo dress code.
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Naturalmente, questo rigore dovrà essere accompagnato da un invito costante alla libera espressione della propria personalità, anche attraverso il look, in tutti gli altri contesti destrutturati, dalla spiaggia alla discoteca, dalla passeggiata domenicale al pub.
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