Era l’aprile 2001 e Berlusconi aveva vinto le elezioni e si apprestava a governare per la seconda volta. L’Economist pubblicò un articolo sul futuro premier mettendolo in copertina, con un titolo significativo: “Un uomo inadatto a governare l’Italia“.
Il perché del titolo era spiegato era lungamente e doviziosamente spiegato nell’articolo, dove si parlava in primo luogo della fortuna economica del premier che presenta, tutt’oggi, molti lati oscuri; del grande conflitto d’interessi che lo investiva, non risolto colpevolmente neanche dall’uscente governo Prodi, di tutti i processi che lo coinvolgevano per attività illegali, tutte cose che lo avrebbero portato a privilegiare i suoi personali interessi (leggi ad personam) su quelli del paese.
Infatti sono ben 21 le leggi varate negli anni di governo del cavaliere che lo favoriscono: 9 in ambito giudiziario e 12 in ambito economico.
Nell’articolo poi, si accennava ai rapporti con i politici della prima repubblica. In modo particolare Bettino Craxi, al quale furono versati 23 miliardi di lire in conti bancari off-shore attraverso una delle società della galassia Fininvest (All Iberian).
Si fa cenno alle tecniche finanziarie fraudolenti per gonfiare le azioni Fininvest, alle attività illegali off-shore, al conflittuale rapporto con i giudici che lo accusavano di aver compiuto diversi reati e che, secondo Berlusconi, erano diventati tutti antidemocratici e comunisti, a inquietanti rapporti poco chiari con aree o persone vicino alla mafia.
Infine la conclusione dell’articolo era la seguente: “Nonostante le sue affermazioni cioè che sia l’archetipo brillante di un self-made man, Berlusconi ha bisogno di molto aiuto da quartieri insalubri. Se lui dice di voler sostituire il vecchio sistema corrotto, il suo impero commerciale è in gran parte un prodotto di quel sistema. La sua elezione a primo ministro sarebbe allo stesso modo perpetuare, non cambiare, in Italia vecchie e cattive abitudini”.
Esattamente dieci anni dopo, e dopo altre due copertine nel 2006 e nel 2008, a giugno di quest’anno l’Economist mette ancora una volta Berlusconi in copertina e questa volta con un titolo tragicamente profetico: “L’uomo che ha fottuto un intero paese“.
Nell’articolo il giudizio sul premier non è lusinghiero nemmeno questa volta. “Nonostante i suoi successi personali, Berlusconi si è rivelato un disastro come leader nazionale per tre motivi”: Il primo è la “saga” del bunga bunga, il secondo sono i suoi “trucchi finanziari”, che lo hanno portato a processo per frode, truffa contabile e corruzione. “Il terzo è di gran lunga il peggiore: il totale disinteresse per la condizione economica del Paese.
Forse perché distratto dai suoi problemi legali, in nove anni non è stato in grado come primo ministro di trovare un rimedio o quanto meno di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell’Italia. Come risultato, si lascerà alle spalle un Paese in grave difficoltà “.
La mancanza di crescita economica. Che contribuisce all’alto debito pubblico, “ancora al livello del 120% del Pil, il terzo più grande tra i Paesi ricchi”. Vengono poi elencati altri problemi: un quarto dei giovani (oggi cresciuti a un terzo) sono senza lavoro, il tasso di impiego femminile è al 46% (il più basso nell’Europa occidentale), una produttività diminuita nell’ultimo decennio del 5%.
L’Italia, continua l’editoriale, è “ottantesima secondo l’indice “Doing Business” della Banca Mondiale, dietro a Bielorussia e Mongolia, e quarantottesima nella classifica sulla competitività del World Economic Forum, dietro Indonesia e Barbados”.
Tra i problemi gravi italiani, c’è la bassa crescita economica. “Tra il 2000 e il 2010 la crescita media dell’Italia, misurata in Pil a prezzi costanti è stata pari ad appena lo 0,25% su base annua. Di tutti i Paesi del mondo, solo Haiti e Zimbabwe hanno fatto peggio. Sono molti i fattori che hanno contribuito a creare questo fosco quadro.
L’Italia è diventata un Paese a disagio nel nuovo mondo, timoroso della globalizzazione e dell’immigrazione. Ha adottato un insieme di politiche che discriminano fortemente i giovani a favore degli anziani. Se aggiungiamo una forte avversione alla meritocrazia, ecco perché molti giovani talenti decidono di emigrare all’estero”. “L’Italia non è riuscita a innovare le sue istituzione – prosegue – ed è indebolita dai continui conflitti d’interesse in campo giudiziario, politico, dei media e finanziario.
Questi sono problemi che riguardano la nazione nel suo insieme, non una provincia o un’altra, problemi non risolti dalla permanenza di Berlusconi a Palazzo Chigi”.
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Quando sparirà dalla scena politica, prosegue l’articolista “Berlusconi avrà lasciato in eredità al Paese, un ulteriore indebolimento delle istituzioni, che già non erano solide all’inizio, e una maggiore tolleranza per i conflitti di interesse“. E ancora: “Quindici anni di assalti verbali ai tribunali d’Italia hanno portato molti a credere che il sistema giudiziario sia costituito da una cricca di giudici sinistrorsi che cercano di indebolire il governo.
Berlusconi e i suoi sostenitori hanno rafforzato questi attacchi sostenendo falsamente che Berlusconi non è mai stato condannato e che non ha mai avuto guai con la giustizia prima di entrare in politica”. Mentre il premier pensava a ‘difendersi’ dai processi “sono state messe da parte le complesse riforme necessarie a far crescere l’Italia”.
La conclusione del lungo articolo è la seguente: “L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire. Quello di cui ha bisogno è un cambio politico e di governo“.