Elezioni – A un mese esatto dalle urne la domanda è questa: chi vincerĂ le elezioni del 2013? La situazione è quantomai complessa: Monti, Bersani e ancora una volta Berlusconi sono i principali protagonisti. Ma le variabili sono tante, a cominciare da una regione chiave: la Lombardia. E una certezza: chi vince, non avrĂ vita facile.
Per provare a leggere nella sfera di cristallo chi vincerĂ le prossime elezioni politiche è necessario partire da Mario Monti. La sua decisione di andare a vitaminizzare il Centro occupato fino a un mese fa dagli anemici Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, ha sparigliato le carte di quella che sembrava una partita giĂ scritta. Con il PDL di Berlusconi in caduta libera e il PD di Pierluigi Bersani, fresco vincitore delle primarie del suo partito, pronto a raccogliere l’ereditĂ lasciata dal Professore della Bocconi. Invece, ad appena a poche settimane dall’annuncio del premier, tutto pare cambiato.
La battuta piĂ¹ sferzante sulla “salita” in politica di Mario Monti, dopo la decisione del supertecnico di candidarsi alle elezioni del prossimo febbraio, l’ha regalata il sindaco di Firenze Matteo Renzi: “Poteva fare il Ciampi, ha scelto di fare il Dini“. GiĂ , perchĂ© per Monti sembrava giĂ pronta la poltrona del Quirinale. Un percorso analogo a quello di Carlo Azeglio Ciampi, prima Presidente del consiglio in tempi di grave crisi, poi Presidente della Repubblica dal ’99 al 2006. Invece – profetizza quel toscanaccio di Renzi – Monti potrebbe fare la fine di Lamberto Dini, anch’egli ex premier di breve durata, la cui carriera in quasi vent’anni di attivitĂ politica si segnala soprattutto per i continui ondeggiamenti tra destra e sinistra. E per i minuscoli partitini aperti e chiusi come gli ombrelli a primavera (marzo pazzerello, guarda il sole e prendi l’ombrello).
Monti, dopo aver depositato un proprio simbolo, “Scelta Civica – Con Monti per l’Italia“, e creato proprie liste, ha scelto di presentarsi alle elezioni in coalizione con Fli e Udc. Gli ultimi sondaggi danno la coalizione appena sotto il 15 per cento. Casini e Fini insieme, prima dell’avvento di Monti, si assestavano all’8% circa . Controindicazioni per la coppia piĂ¹ longeva della politica italiana (entrambi sono in Parlamento da trent’anni esatti): il rischio che i due partiti(ni) siano cannibalizzati da Scelta Civica. La coalizione nel suo insieme perĂ², potrebbe fare da terzo e sgradito incomodo sia per il PD che il PDL, drenando voti all’uno e all’altro. Con conseguenze negative soprattutto per il perdente tra i due litiganti Bersani e Berlusconi, che vedrebbe assottigliarsi la sua pattuglia di parlamentari a favore dei centristi.
Al vincitore invece, almeno alla Camera, viene garantito un premio di maggioranza di un minimo di 340 seggi (su 630) per governare. E qui viene fuori l’inghippo generato da una legge elettorale, nome in codice Porcellum, così definita dal suo stesso autore, il leghista Roberto Calderoli che subito dopo averla licenziata, nel 2005, per primo la definì “una porcata“. Opinione condivisa da quasi tutti i parlamentari che perĂ², in otto anni, non sono riusciti a cambiarla.
Il punto è che al Senato la legge non funziona come per la Camera, perchĂ© il conteggio dei voti è effettuato per ogni singola regione e non per sommatoria nazionale, come per l’altro ramo del parlamento. In pratica per ottenere un numero di senatori sufficiente per governare non basta ottenere piĂ¹ voti a livello nazionale, ma bisogna assolutamente vincere in alcune regioni chiave, le piĂ¹ popolose. Altrimenti si potrebbe ripetere ciĂ² che accadde nel 2006 a Romano Prodi, la cui maggioranza era costantemente appesa al voto di appena un paio di senatori in piĂ¹. Un disastro dal punto di vista della governabilitĂ .
Ed eccoci al punto: chi vincerĂ le elezioni?
Non serve la sfera di cristallo per capire che la parola chiave è: Lombardia. La regione che spedisce a palazzo Madama, sede del Senato, ben 49 senatori, il doppio di qualsiasi altra regione tra le piĂ¹ popolose (Campania, Emilia, Lazio, Sicilia, ecc.). Gli ultimi sondaggi attribuiscono alla coalizione guidata da Pierluigi Bersani (PD+SEL+PSI+Centro Democratico di Bruno Tabacci) circa il 40% dei voti. Dieci punti davanti al Centro destra di Berlusconi (in piena risalita, per altro). Una percentuale che se confermata, potrebbe garantire a Bersani la carica di prossimo Primo ministro. A patto perĂ² che la maggioranza sia solida anche in Senato. Altrimenti sarĂ d’obbligo un’alleanza con il centro di Monti che ha giĂ fatto sapere di essere disponibile a patto di mantenere la carica di Presidente del Consiglio
Perché allora sarà fondamentale per il Partito Democratico espugnare la Lombardia?
PerchĂ© la regione piĂ¹ ricca d’Italia vota storicamente il centro destra, ma questa volta potrebbe passar di mano, regalando al centro sinistra quel pacchetto di eletti che garantirebbero una solida maggioranza parlamentare anche al Senato. Ad alimentare le speranze di Bersani, i recenti scandali che hanno travolto la Lega di Bossi e quelli paralleli della giunta Formigoni che hanno costretto alle dimissioni il Celeste e la Regione a nuove elezioni, previste lo stesso giorno delle Politiche. Stessa speranza, Bersani la coltiva per il Lazio (28 senatori) dopo le bruttissime dimissioni di Renata Polverini.
Ecco perchĂ© il 24 e 25 febbraio prossimi sarĂ importante tener d’occhio quel che accadrĂ in Lombardia, supponendo che – Lazio, e forse Sicilia, a parte – le altre regioni, dal Veneto leghista all’Emilia rossa, confermeranno le tendenze storiche. Per Bersani, che non a caso sta cercando di convincere Matteo Renzi a far campagna elettorale per il partito all’ombra della bela Madunina, la partita si gioca tutta lì. A seconda di come andranno le cose a Milano e dintorni si giocherĂ il futuro del Paese. Sempre che Silvio l’indomito, dato per morto troppe volte e altrettante resuscitato, non riesca ancora una volta a sedurre gli italiani. Se non per vincere, almeno per regalare al Paese quel bel caos greco che – dio non voglia – non abbiamo fatto poi molto per scongiurare.
Vedi anche: Oroscopo politico