A cura di AIVPA Associazione Italiana Veterinari Piccoli Animali
Giorgia della Rocca – Centro di Studio sul Dolore animale, Facoltà di Medicina Veterinaria di Perugia
Il dolore è un’esperienza multifattoriale, che comprende una componente sensoriale, affettiva/emozionale e funzionale. Esso può derivare da cause ovvie, come una ferita o un’infiammazione, e durare un periodo di tempo necessario alla guarigione dei tessuti. Tuttavia in molti casi, come ad esempio dopo una amputazione, il dolore persiste anche dopo che il danno o la ferita originale sembrano guariti.
Le condizioni cliniche che possono esitare in un dolore a lungo termine nel gatto includono le patologie degenerative articolari, la cistite interstiziale, varie neoplasie, molte patologie dermatologiche, patologie dentali od orali quali le gengivostomatiti, le ferite che stentano a cicatrizzare, le ustioni e la neuropatia diabetica. Altre potenziali cause di dolore a lungo termine possono essere legate al trattamento, e includono il dolore persistente post-chirurgico, le lesioni da radioterapia e le neuropatie chemioterapia-indotte.
Poiché il dolore a lungo termine è spesso lento e insidioso per quanto riguarda la sua comparsa, le modificazioni comportamentali che lo accompagnano (che nel dolore acuto sono in genere di notevole ausilio per la diagnosi) possono essere sottili e spesso difficilmente identificabili. E’ per tale motivo che in questi casi molto utile potrebbe essere l’applicazione di questionari rivolti ai proprietari, volti ad evidenziare eventuali alterazioni rispetto al comportamento abituale dell’animale, e determinante è la loro educazione a sapere cosa andare a guardare; il tutto deve sempre e comunque essere associato ad una accurata visita clinica, che va ottimizzata nell’ottica di rilevare tutti i segni connessi ad un possibile stato algico cronico.
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Una volta fatta diagnosi di dolore cronico, la terapia da impostare dovrebbe essere volta non tanto a rimuovere completamente il dolore, quanto piuttosto a ridurre i fenomeni di sensibilizzazione del sistema nervoso centrale che sono alla base del dolore cronico.
Talvolta può risultare difficile accertare da un punto di vista clinico che l’animale stia provando dolore, pur se il proprietario riferisce di un cambiamento comportamentale che viene magari imputato alla vecchiaia: in questi casi un trattamento analgesico può redimere il dubbio: nel caso in cui si trattava di dolore, dopo la terapia l’animale torna a comportarsi come una volta.
Tra i presidi antalgici utilizzabili per combattere il dolore cronico si ricordano i farmaci psicotropi (quali gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina, gli inibitori delle monoaminoossidasi e gli antidepressivi triciclici), i farmaci antiepilettici (come ad es. gli antagonisti dei canali per il calcio quali gabapentin e pregabalin), i bloccanti dei canali del sodio (come la lidocaina), gli inibitori dei recettori NMDA per il glutammato (quali amantadina e chetamina), il tramadolo, gli oppioidi e i farmaci antiinfiammatori non steroidei. Terapie fisiche quali l’esercizio controllato, i movimenti passivi, i massaggi, la terapia ad onde d’urto, la laserterapia e la termoterapia, e terapie complementari quali l’agopuntura, possono affiancare la terapia farmacologica nell’ottica di ottenere un risultato migliore e in minor tempo. La terapia, farmacologica e non, deve sempre essere affiancata da un valido arricchimento ambientale che stimoli il movimento e distragga l’animale dal proprio dolore.
Quando si parla di dolore, e in particolar modo di dolore a lungo termine, il vecchio adagio “prevenire è meglio che curare” risulta estremamente calzante. Ad esempio, lo sviluppo di tecniche chirurgiche meno invasive riduce l’incidenza di dolore persistente post-chirurgico, e allo stesso tempo una corretta valutazione del dolore nel periodo perioperatorio, seguita dall’applicazione di protocolli terapeutici più aggressivi che prevedano l’uso preventivo di analgesici in un approccio multimodale, limita i fenomeni di sensibilizzazione che possono esitare in una cronicizzazione del dolore.
16 febbraio 2011