Intervista al difensore della Sampdoria Giorgia Spinelli che si racconta a DSW Sport e spiega cosa manca al calcio femminile italiano.
Nel mondo del calcio femminile quello di Giorgia Spinelli è un nome piuttosto conosciuto. Difensore classe 1994, nell’ultima stagione ha indossato la maglia della neonata Sampdoria, ma in passato ha militato anche in Mozzanica, Inter e Milan, con un’esperienza anche in Francia al Reims, con cui ha conquistato la promozione in Division 1.
Avendo vissuto anche un’avventura nel calcio femminile francese, molto più progredito di quello italiano, Spinelli commenta in esclusiva a Donnesulweb l’arrivo del professionismo in Italia, oltre a farci vivere le emozioni che prova quando gioca o insegna calcio.
La Sampdoria era al suo primo anno di attività in Serie A, ma ha raggiunto l’importante obiettivo della salvezza con qualche turno di anticipo. Come valuta la sua prima stagione blucerchiata?
“Sono molto soddisfatta della mia prima stagione con la maglia della Sampdoria. Sinceramente non potevo chiedere di più a questa annata perché abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Il risultato ottenuto è frutto del grande gruppo che abbiamo creato giorno dopo giorno”.
Che ambiente ha trovato a Genova?
“Ho trovato tutto molto accogliente e familiare che mi ha aiutata ad inserirmi fin da subito. Genova è una città romantica e c’è il profumo del mare. Il calore dei sampdoriani ti fa sentire a casa e poi quei colori rappresentano la maglia più bella del mondo e vanno onorati”.
Lei vive nel mondo del calcio femminile da tanti anni. Sta vedendo progressi all’interno delle società ?
“Rispetto a qualche anno fa sono stati sicuramente fatti passi in avanti in tutti i sensi, soprattutto per quanto concerne le strutture e le risorse umane a disposizione delle giocatrici”.
A proposito di cambiamenti, la prossima Serie A sarà considerata professionistica. Che idea si è fatta di questo passaggio?
“Il professionismo sarà un ottimo risultato per tutto il movimento, soprattutto per le ragazze più giovani che potranno avere un futuro roseo. Abbiamo lottato tanto per arrivare qui, ora è il momento di portare in alto il calcio femminile italiano”.
Indubbiamente ci sarà qualche meccanismo da oleare per quanto concerne il professionismo, ma fino a che punto può arrivare il movimento?
“Sicuramente questo è il primo di tanti step che si dovranno fare per colmare il gap con gli altri paesi. Bisognerà essere bravi a sfruttare il momento, soprattutto per coinvolgere le nuove generazioni. Sono loro il futuro che ci permetterà di competere ad alti livelli tra qualche anno. Senza dimenticare che, con l’appoggio dei club maschili, potremmo davvero arrivare lontano”.
Lei ha vissuto il progresso il prima persona debuttando in Nazionale quando il ct era Cabrini. Pensa che quello sia stato il primo vero punto di lancio del calcio femminile?
“Parlare di un vero e proprio punto di lancio non saprei, ma sicuramente con Cabrini abbiamo ricevuto più attenzione mediatica ed è iniziato un ciclo che poi ha portato al vero e proprio exploit della nazionale nel 2019 ai Mondiali di Francia. Penso che ci siano stati tanti eventi che hanno portato il calcio femminile a crescere come ad esempio le partite Juventus-Fiorentina disputata allo Stadium oppure Milan-Juventus a San Siro, quindi non mi sento di prenderne in considerazione solamente uno”.
Cosa ha lasciato al movimento un campione come Cabrini?
“Sicuramente la sua esperienza e la sua professionalità ”.
A proposito di Nazionale, vista la debacle del maschile, i fari saranno puntati sull’Europeo femminile che vedrà protagonista anche l’Italia. Cosa ci dobbiamo aspettare dalle Azzurre?
“È sempre difficile fare pronostici in una competizione difficile come l’Europeo. La Nazionale è un ottimo gruppo, con giocatrici determinate e con tanta voglia di fare. Cercheranno sicuramente di scendere in campo per arrivare il più lontano possibile”.
Al fine di permettere un ulteriore sviluppo del calcio femminile, cosa potrebbero fare in più le componenti che ruotano attorno?
“Una maggiore visibilità televisiva, ma anche permettere alle squadre femminili di giocare in grandi stadi, sono secondo me alcuni metodi per attirare maggiormente il pubblico, per incuriosire quelle persone che ancora non conoscono bene il nostro movimento”.
Lei ha militato in Francia al Reims, vincendo un campionato di Division 2 e ottenendo una salvezza in Division 1. Quali sono le differenze più significative che ha trovato in Francia in quel biennio, sia dal punto di vista legale che sportivo?
“In Francia, per quanto riguarda alcune squadre, ho trovato un calcio molto più fisico e intenso rispetto a quello italiano. A livello legale, offrivano già dei contratti federali con busta paga alle giocatrici e tante volte ho visto che le squadre maschili e femminili condividevano le stesse strutture per gli allenamenti”.
Sappiamo che a lei, quando può, piace stare molto anche ad allenare bambine. Pensa che vedere calciatrici di Serie A, impegnate sui campi da calcio in queste vesti e sempre con il sorriso possa aiutare la crescita del calcio femminile?
“Sì, mi piace molto. Infatti per la prima volta quest’estate ho organizzato un camp a Cassano d’Adda della durata di due giorni, per condividere momenti con loro. Sicuramente avere un’allenatrice che è stata calciatrice ad alti livelli è un qualcosa che può aiutare le nuove generazioni nel loro percorso di crescita”.
Infine una curiosità . Quando lei ha iniziato, la pratica del calcio femminile non era molto diffusa. Come mai ha scelto questo sport?
“Ho scelto questo sport perché in famiglia erano tutti appassionati di calcio e mio papà è un ex calciatore di Serie C. Andavo spesso a vedere giocare i miei zii ed è così che mi è venuta voglia di iniziare a giocare a calcio”.
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Bergamasco, classe 1984, iscritto all’Albo dei Pubblicisti dal 2018, ma sul campo dal 2003. Ha lavorato per Il Nuovo Giornale di Bergamo. Dal 2018 collaboratore di Tuttosport.