Da allenatore della San Marino Academy, Alain Conte ha ottenuto due promozioni consecutive e lo storico esordio in serie A. Ora punta all’obiettivo salvezza. E sul calcio femminile: “Continuare a lottare per diritti sacrosanti”
L’intervista – I suoi modelli in panchina sono Carlo Ancelotti (da bravo milanista) e Antonio Conte. E se il suo (quasi) omonimo è vicino al primo scudetto con l’Inter, anche Alain Conte ha qualcosa da festeggiare. Il mister della San Marino Academy, club della serie A femminile, è fresco vincitore della Panchina d’argento: “Un riconoscimento che non mi aspettavo, i miei colleghi (il premio è assegnato dagli stessi allenatori, ndr) hanno apprezzato il lavoro fatto qui“.
Nei tre anni passati all’ombra del monte Titano, infatti, Conte ha guidato la San Marino Academy dalla serie C alla A. Una storica doppia promozione che ha portato le sue calciatrici a vivere un sogno e a sfidare grandi nomi, come Juventus e Milan. “Sembra Davide contro Golia, ma il calcio è pieno di esempi incoraggianti – ha raccontato -. Molti pensavano che avremmo fatto solo una comparsata in serie A, invece, grazie al duro lavoro, stiamo lottando per salvarci”. L’intervista in esclusiva a DSW Sport.
Mister Conte, mancano poche giornate alla fine del campionato e state lottando per non retrocedere. Come giudica la stagione della San Marino Academy fin qui?
“La nostra stagione è in linea con quello che ci aspettavamo. Sapevamo che salvarsi sarebbe stata un’impresa e non era scontato arrivare alle ultime giornate con tutto ancora in gioco. L’avvio è stato più complicato del previsto, ma con il lavoro siamo riusciti ad avvicinarci al nostro obiettivo”.
Con una straordinaria doppia promozione, siete passati in due anni dalla serie C alla A. Com’è per voi affrontare corazzate del calibro di Juventus e Milan?
“In 15 mesi abbiamo fatto un salto mortale in avanti. Sapevamo che era un’impresa da Davide contro Golia, ma il calcio è pieno di esempi incoraggianti e belle storie: mi piace pensare che noi diventeremo una di queste”.
È il primo anno in serie A anche per lei: che cosa l’ha colpita di più di questa competizione?
“Sicuramente si respira calcio d’alto livello. È un ambiente in cui si incontrano società strutturate e atlete vere. Questo è stimolante per chi come noi viene dal basso e ha fatto notevoli sacrifici per riuscire a competere con certe realtà”.
Sta purtroppo scontando una lunga squalifica di 6 giornate. Com’è non poter vivere dalla panchina la fase clou della stagione?
“Non posso dire molto sulla mia squalifica. Ovviamente, è una ferita aperta per come è maturata e per il significato che ha ricevuto. All’inizio è stato duro accettarla, però nella vita tutto serve: ciò che non uccide fortifica. Rientrerò giusto in tempo per lo scontro diretto, ma voglio comunque sottolineare come i miei collaboratori stiano facendo un lavoro eccezionale”.
Questo è il suo terzo anno alla guida della San Marino Academy. Guardandosi indietro, qual è il momento che ricorda con più piacere di questo ciclo? E quello più difficile?
“Di esperienze belle ce ne sono state molte, dalla finale di Noceto in serie C al sorpasso in classifica al Napoli la scorsa stagione, quando siamo diventati a sorpresa campioni d’inverno. Ma ci sono altri aspetti che ricordo con piacere, come i momenti di team building e la quotidianità al campo: cose che rimangono nel tempo e che portiamo nel cuore. Il momento più difficile sicuramente Empoli. Risalire sul pullman dopo un esordio del genere (sconfitta per 10-0, ndr) è stata durissima. Qualcuno pensava che avremmo solo fatto una comparsata in questa serie A, invece col duro lavoro siamo riusciti a rimetterci in gioco”.
Ha da poco vinto la panchina d’argento. Se lo aspettava? A chi dedica questo premio?
“No, non me lo aspettavo. Innanzitutto, perché sono poco conosciuto, in secondo luogo perché competevo con allenatori che hanno un passato importante alle spalle. I miei colleghi hanno riconosciuto il valore dell’impresa che è stata compiuta qui a San Marino, con la doppia promozione e il passaggio ai quarti di finale di Coppa Italia. Il tutto con un gruppo di ragazze giovani e semisconosciute, così come il loro mister. Per cui, penso che il premio sia di tutti e soprattutto dello straordinario staff che lavora con me da tre anni”.
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Di solito, a 35 anni si è giovani – almeno in Italia – per allenare a questi livelli. Quando ha deciso di intraprendere questa strada? Quali mister guarda come modelli?
“Ho iniziato presto perché – mentre ero ancora calciatore – mi rendevo conto che stare dall’altra parte, da quella dell’allenatore, mi piaceva di più: appena ho potuto, ho subito preso tutte le qualifiche del caso. Facevo molti sacrifici, prima con l’università e poi con il lavoro, ma è un periodo della mia vita che ricordo con entusiasmo. Stimo e guardo con ammirazione molti mister. Da milanista, dico sempre che Ancelotti ha una capacità di gestione unica. Antonio Conte, invece, dispone di un concentrato di carisma e grinta tipico dei vincenti”.
A livello tecnico-tattico, quali accorgimenti bisogna prendere quando si allena nel mondo femminile rispetto al maschile?
“Nessuno, il calcio è calcio. Si studia l’avversario e si provano nuove tattiche, nel maschile così come nel femminile. L’importante è entrare in sintonia con lo spogliatoio e riuscire a trasmettere le proprie idee alle giocatrici”.
Dalla stagione 2022/23, il professionismo nel calcio femminile porterà il movimento a essere seguito anche da chi oggi privilegia esclusivamente il maschile?
“Questa è la madre di tutte le battaglie. I passi in avanti che sono stati fatti in questi anni sono merito della caparbietà di chi ha creduto nello sport femminile. A poco a poco, le giocatrici sono entrate nel cuore della gente, convincendo anche i più scettici che questo calcio avesse tanta qualità e ampi margini su cui lavorare. Dobbiamo continuare a lottare per ottenere diritti sacrosanti”.
Rispetto a molti Paesi esteri, da noi il calcio femminile è un po’ indietro. È un ritardo imputabile alla mentalità italiana o – a livello pratico – chi lavora in questo mondo non sta facendo abbastanza per valorizzarlo?
“Siamo in ritardo, è vero. C’è un po’ di tutto: lo scetticismo, qualche demerito del movimento che ha tardato ad evolversi, ma devo dire che in Italia esiste in generale un ‘problema sport’, soprattutto sul rapporto scuola-sport. In molte realtà all’estero, lo sport è considerato un momento formativo fondamentale e le discipline interagiscono fra loro per scovare talenti. Credo, quindi, che il vero passo in avanti possa essere un modello più ‘americano’ dello sport nelle scuole. Servono però investimenti nelle strutture e una formazione che sia al passo coi tempi”.
Qual è il suo futuro, mister? E invece come sarà il calcio femminile fra dieci anni?
“Per ora, il mio futuro arriva al 23 maggio (la data dell’ultimo turno di campionato, ndr). È difficile guardare più in là, siamo troppo concentrati sul grande obiettivo della salvezza. Tra dieci anni, invece, mi auguro che il calcio femminile sia diventato uno sport moderno, evoluto e con tanto seguito. Deve fare questa trasformazione senza perdere, però, le sue caratteristiche peculiari di bellezza, sincerità e purezza. È questa la vera sfida”.
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- Intervista a Galasso Bologna calcio femminile