Da oggi guarderò mia figlia con sguardo diverso…
Da oggi perchè oggi è un giorno molto, molto triste. Doloroso.
Sono appena rientrata da aver dato l’ultimo saluto ad un bel ragazzo di 37 anni, sportivo, simpatico, compagnone e solare. Il figlio di mio cugino che per uno di quei mali terribili se n’è andato, lasciandoci così: attoniti e doloranti.
Calpestati ed arrabbiati.
Da oggi guarderò mia figlia con sguardo diverso, sicuramente più comprensivo meno intransigente.
La mattina, quando si sveglia e si prepara per andare all’università un’ora e passa per la doccia, i capelli, la piastra, le creme, il trucco e poi la scelta del vestito. Con i capelli gocciolanti ed i piedi umidi che lasciano piccole, delicate impronte sul pavimento di cotto. Ed io dietro con il panno, già stanca e stressata alle 8 di mattina perchè non solo mi piace lasciare la casa ordinata prima di andare a lavoro ma devo anche pensare al nonno di 90 anni che con i suoi occhioni azzurri ed appannati dal troppo vedere dipende completamente da me. Figlia unica di padre vedovo.
La guarderò in modo diverso questa figlia, unica anche lei, di 19 anni. Metà donna e metà bambina.
La mattina non ha voglia di parlare – un po’ come me – diversa da suo padre che invece la mattina chiacchiera, chiacchiera…. e si arrabbia con il padre che chiede, vuol sapere anche le cose più banali della sua giornata: – “dove vai ? “
“Ma, babbo, uffa …..vado all’università ! Me lo chiedi tutte le mattine! Che p….!” Lui insiste: ” Chi vedi?”
“Ohh senti ora non ho voglia di risponderti, non posso farti l’elenco, non ho tempo! Chiacchiera con la mamma!”
Già tanto la mamma non ha niente da fare….
Da oggi guarderò mia figlia in modo diverso mentre bisticcia con il padre, mentre con i suoi piedi mi lascia le impronte sul pavimento, il letto disfatto con le coperte ed il lenzuolo che non sai più chi sta sopra e chi sotto, con la sua voce che aumenta in decibel in proporzione all’eccitazione del momento.
Quando deve raccontarti qualcosa parte piano, con un tono di voce “normale”, che poi aumenta in modo esponenziale, proprio così lei espone e la voce aumenta di tono. Una voce da diciannovenne piena di brio e di vita, tutta da giocare, ogni giorno un gioco diverso, a volte entusiasmante e vincente a volte meno: una risata argentina ed eccitata al telefono (oggi ha vinto al gioco della vita); una “smusata”, un saluto spezzato, la porta della camera che si chiude con più rumore del solito: oggi abbiamo perso.
Uso il plurale, volutamente, perchè se lei è triste, anche io sono triste e mi sento male, forse anche più di lei. Mi sento il cuore diciannovenne, sembra strano, tutti questi anni non sono trascorsi, rivivo il peso dei giorni grigi dell’adolescenza, di quei dolori intensi che parevano non poter guarire con niente. E soffro…con lei. Per lei.
Da oggi guarderò mia figlia in modo diverso mentre si prepara per uscire e per la fretta rovescia l’ombretto nel lavandino, impronte di fondotinta sull’asciugamano, la piastra per i capelli nella presa, i tacchi che ticchettano impetuosi sul pavimento:- “Ma senti che confusione, ricordati che sotto ci sono delle persone, fai piano…..”
“Ma possibile che devi lasciare il bagno sempre in queste condizioni? Metti a posto prima di uscire!”
– “Mamma non posso, non ce la faccio…sono in ritardo. Uffa! Quando torno metto in ordine.”
“Quando torni? Perchè tu alle 4 di mattina ti metti a pulire il bagno?”
– “Allora domattina, domattina lo faccio, promesso”
” Sì, va bene ho capito”
Mi rendo conto, ora, che ho usato tanto la parola “oggi”. Inconsciamente oppure no. Voglio godermi questa figlia oggi, così com’è con i suoi difetti (che sono poi i nostri, miei, del padre, dei nonni e via e via) e con tutti i suoi tanti pregi. Sono fortunata, siamo fortunati: suo padre ed io.
È un dono prezioso che senza rendercene conto guardiamo con gli occhi dell’abitudine, salvo ogni tanto quando gli estranei ci fanno notare il suo “brillare”. Mi soffermo a scoprire i mille giochi di luce che un cristallo appeso nella sua camera irraggia in tutta la camera e non mi rendo conto che lei brilla molto di più. Ha intorno la luce della ragazza sana, serena, spesso felice. Come può essere felice una diciannovenne che ascolta l’ultima canzone del suo cantante preferito o la voce dell’amica del cuore o quella del “ragazzo-amico”.
Da oggi la guarderò in modo diverso mentre salta per casa e ride e balla come una bimba di dodici anni intorno a me, sfogando parte dell’energia e dell’adrenalina, talmente troppa da tenere dentro.
Ma guardala….mentre come un cucciolo cresciuto si getta sul padre e lo pizzica, lo stuzzica e la guerriglia scherzosa inizia fino a che ovviamente o l’uno o l’altra si stufa: “Ahi, mi hai fatto male!” . “Basta, con te non parlo più!”
Salvo ricominciare dopo pochi minuti. Ed è questa la cosa più bella.
Gisella Innocenti
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