Dopo circa 50 anni di esasperati inseguimenti, il bosone di Higgs, conosciuto meglio col soprannome di “particella di Dio” dal titolo di un libro dell’americano Leon Lederman, è stato finalmente osservato dagli esperimenti del Cern di Ginevra. A produrla è stato il Large Hadron Collider (Lhc) il più potente acceleratore di particelle del mondo, un anello sotterraneo di 27 chilometri di diametro capace di far scontrare protoni a velocità prossime a quelle della luce.
Gli scienziati, quindi, sono convinti di aver osservato un’impronta del bosone di Higgs, l’ultimo elemento mancante per spiegare la struttura dell’universo. “Entro il 2012 la prova definitiva”. Il bosone di Higgs, ipotizzato dal fisico teorico inglese Peter Higgs nel 1964, si sarebbe affacciato contemporaneamente ai neutrini più veloci della luce. La “particella di Dio” ha il compito di tenere in piedi tutta la fisica moderna, senza di esso, le particelle elementari senza massa, schizzerebbero da una parte all’altra dell’universo, alla velocità della luce, senza alcuna possibilità di formare alcunché. Ne corpi celesti, ne esseri viventi.
A”fotografare” le sue tracce sono stati due degli enormi rilevatori piazzati nei punti di collisione fra i protoni: Atlas e Cms, guidati dagli italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli.
Dei circa 10mila fisici del Cern impegnati nella ricerca della particella di Dio, circa mille sono italiani.
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