A cura di Paola Puggioni
Il rubino è una gemma molto rara e finché i moderni mezzi gemmologici non permisero una analisi più accurata del tipo di cristallo venne spesso confuso con altre gemme di colore rosso.
Anche oggi, sia per la sua limitata produzione che per la sua straordinaria bellezza nella sua massima espressione, può capitare che venga venduta per rubino un’altra gemma, utilizzando altri minerali come lo spinello, alcune varietà di granato e la tormalina rossa
Ultimamente con l’avvento della nuova tecnologia molte analisi sono state eseguite sui gioielli antichi .Uno degli errori più eclatanti che si sia riscontrato è stato nei gioielli della corona britannica dove il “Rubino del principe nero” e il “Rubino del Timur” sono stati entrambi riconosciuti come spinelli.
Raramente il rubino è stato imitato: a volte con il vetro che risulta molto diverso per colore e lucentezza ed altre con doppiette, ovvero una pietra formata di due parti. La parte superiore in granato per fornire lucentezza, durezza e inclusioni dall’aspetto naturale, la parte inferiore in vetro rosso fuso contro la parte in granato senza bisogno di mastice.
Il rubino può inoltre essere prodotto sinteticamente in laboratorio. Esistono diversi tipi di procedimenti per la realizzazione di pietre sintetiche e il riconoscimento dei prodotti di sintesi con i naturali avviene grazie ad un esame al microscopio delle inclusioni interne e delle linee di accrescimento.
Il rubino naturale, invece, può essere trattato in differenti modi. I trattamenti sono dei procedimenti applicati alle gemme per migliorarne l’aspetto e quindi il colore e la trasparenza. Esistono trattamenti consentiti e trattamenti illeciti.
Il riscaldamento è un trattamento consentito in quanto con questa operazione si riescono ad evidenziare, in maniera inalterata nel tempo, caratteristiche già insite nella pietra ma che la natura per vari motivi non è riuscita a rendere manifeste.
La termodiffusione, invece, è un trattamento non consentito che riesce a colorare la superficie della pietra incolore o di colore molto tenue per renderla commerciabile.
Da diversi anni è in uso anche la tecnica di riempimento di eventuali cavità e fratture con diversi materiali. Una delle tecniche utilizzate è la tecnica di riempimento con del vetro contenente piombo, applicata soprattutto ai rubini africani molto fratturati.
Negli ultimi anni è sorta una nuova tecnica di riempimento, denominata “Bulk diffusion”, dove come materiale viene utilizzato il berillio, che per la sua “leggerezza” è un minerale che si presta sia ad essere termodiffuso all’interno della pietra, sia ad essere difficilmente identificato se non con particolari sensibilissimi e costosissimi spettrometri di massa.
Ovviamente queste pietre senza questo trattamento difficilmente sarebbero vendute come gemme.
Il rubino può inoltre essere prodotto sinteticamente in laboratorio. Esistono diversi tipi di procedimenti per la realizzazione di pietre sintetiche e il riconoscimento dei prodotti di sintesi con i naturali avviene grazie ad un esame al microscopio delle inclusioni interne e delle linee di accrescimento.
PROVENIENZA e CURIOSITA’
Famosi sono i giacimenti presenti in Tanzania, Cina, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam, tuttavia quelli ritenuti di massimo pregio provengono dalle miniere di Mogok in Birmania.
Nel passato gli Indù ritenevano che il colore rosso dipendesse dal fuoco, che ardeva senza fine, all’interno dei rubini.
Grandi estimatori dei rubini birmani sono stati i principi indiani che amavano adornarsene ed erano soliti farli incastonare nelle loro armi e nei loro troni: le armi dei Principi Moghul venivano impreziosite da rubini incastonati su giada bianca; al Topkapi di Instambul, il trono di Nadir Shah, portato come bottino dall’India ne è letteralmente costellato. Uno dei cinque rubini più belli al mondo appartiene alla maharani di Baroda.
Il rubino si trova facilmente di piccole dimensioni, pietre oltre i 10 carati sono rare e costosissime. Alcuni famosi rubini sono visibili nei musei come il ” The long star ruby”, rubino birmano asteriato di circa 100 carati che si trova al museum of Natural history di New York e il ” Rosses Reeves ruby”, gemma singalese di circa 140 carati, che si trova al Smithsonian Institute di Washington.
Nondimeno al Louvre si può ammirare una msgnifica coppia di braccialetti di rubini appartenuti alla duchessa di Angouleme, figlia di Luigi xvi, composti ognuno di 36 rubini faccettati e diamanti.
Come ultima curiosità , nell’utilizzo dei minerali nella cristalloterapia, si ritiene che il rubino influenzi efficacemente la circolazione e sarebbe un rimedio contro tutte le emorragie e qualsiasi processo infiammatorio ed aiuterebbe il processo digestivo.
Brava Paola un bel post quello sui rubini.
Mi permetto di aggiungere che mi esalta parlare di loro, soprattutto quando ho scoperto una opportunità per risparmiare e guadagnare sul web, che si chiama Beruby e fanno del rubino la loro immagine.
Infatti, per il normale uso quotidiano, utilizzando come alternativa alla classica homepage di google, quella di Beruby si ha la possibilità di monetizzare e fruire anche di centinaia di offerte commerciali, di cui potrete trovare più informazioni su http://www.pedone.tk o cogliere l’opportunità registrandovi dalla seguente pagina http://beruby.com/pedone , per poter partecipare per vinjcere fino a mille euro con un obiettivo fattibile. Mi auguro di essere di aiuto e buon consiglio ad almeno un lettore di questo commento.
Buona navigazione retribuita. Ciao Giovanni
Molto interessante e ricco di particolari il tuo articolo Paola.Il rubino, non è tra le mie pietre preferite ma ti assicuro che leggendo la storia delle sue origini ne resti affascinata.Complimenti!!!
Ti ringrazio tantissimo e sono felice che ti sia stato utile 😆
A presto
Paola
Ho letto con vivo interesse l’articolo ricco di informazioni e di curiosità .
Sicuramente da oggi, grazie a te Paola, guarderò in modo nuovo lo splendido anello che mi hai realizzato in cristallo di rocca, oro e ovviamente rubini.
Complimenti e un caro saluto.
Maria Luisa Parenti Granati