Si può diventare madri biologiche del piccolo che si forma dall’ovulo donato? Un recente studio pubblicato da ‘Nature genetics’ sta accendendo l’entusiasmo di tutte le aspiranti mamme che avevano pensato di ricorrere all’ovodonazione e sta confermando quello che molte madri, che già sono ricorse a questa soluzione, sentivano a livello più inconscio. Lo studio dimostrerebbe, infatti, che la paziente che riceve l’ovulo, per un fenomeno epigenetico, riesce a modificare l’imprinting originario, trasmettendo parte delle sue caratteristiche al bambino
Modificherebbe, in pratica, parte del codice genetico risultante dall’ovulo donato e dallo spermatozoo. Le mamme che accolgono un’ovodonazione, quindi, trasmetterebbero qualcosa di sé al piccolo concepito dall’ovulo di un’altra donna. Uno studio che, se confermato, avrebbe delle ricadute davvero importanti trasformando le mamme da culle naturali del piccolo, pur sempre procreato, però, da un’altra genitrice, a madri biologiche (anche se in piccola parte) di un bimbo a cui imprimere qualcosa delle proprie caratteristiche e sentire parte di sé a un livello più fisico. Da tempo l’epigenetica stava conducendo ricerche in questo senso, alimentando le speranze di molti genitori. Adesso, lo studio della Nature genetics pone un mattone in più nella conferma di questa teoria. A sottolinearne l’importanza, in questi giorni, Severino Antinori, ginecologo di fama mondiale che, nel 1988, è stato il primo a far nascere, grazie all’ ovodonazione, tre gemelli da una donna in menopausa di oltre cinquant’anni. “In Italia – ha dichiarato – negli ultimi vent’anni almeno tremila mamme hanno oltre 50 anni e in America il 15 per cento delle fecondazioni assistite riguarda donne in menopausa. La differenza è che negli Stati Uniti la fecondazione eterologa è possibile, in Italia, invece, è vietata, per cui migliaia di persone sono costrette a viaggi all’ estero». L’equipe del dottor Antinori, però, pone dei limiti alle mamme over 50. Devono avere, infatti, un’aspettativa di vita di almeno 20 anni e non essere affette da malattie cardiologiche, da diabete, ipertensione o anche da depressione grave.
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di Paola Benedetta Manca
16 settembre 2010
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