Tutto nato dall’amore per il blu e da una grande passione per il mare. Era il 1977: Anna Molinari, insieme al marito Gianpaolo Tarabini Castellani, lanciava Blumarine. L’esordio tra le grandi griffes, seguito da una scalata inarrestabile, fino alla costituzione di Blufin Spa e all’espansione nel mondo, con una catena di 90 tra negozi monomarca e shop in shop, con la nascita della linea Blugirl, la collaborazione con fotografi del calibro di Helmut Newton . A tirare le redini dello stile, al posto di comando, sempre Anna, stilista e direttore creativo di Blumarine e Blugirl, per tutti semplicemente “la regina delle rose”: destino in realtà segnato per lei che ha respirato moda fin da bambina, camminando sulle orme dei genitori che gestivano, a Carpi, un maglificio. Oggi Blufin, 170 dipendenti e quartier generale nel comune emiliano, crede che la sfida imposta dal mercato globale si possa vincere solo giocando la carta della qualità del made in Italy. Alla fine degli anni Settanta la fondazione dell’azienda. Da allora una corsa verso traguardi sempre più ambiziosi. Qual è il ricordo più emozionante della sua vita di stilista e imprenditrice della moda?
Era il 1980 e al Modit di Milano, oggi Milano Collezioni, fui premiata migliore stilista dell’anno; quello fu il vero e proprio debutto di Blumarine. In seguito a quel riconoscimento ci arrivarono innumerevoli richieste dalle migliori boutique del mondo. Ricordo ancora la preziosità e ricercatezza delle maglie che allora proponemmo e che rappresentavano il Dna del distretto tessile carpigiano di maglieria all’interno del quale era avvenuta la mia formazione. Da lì in poi abbiamo sviluppato le altre collezioni, ampliato la nostra gamma e consolidato il nostro ruolo all’interno del panorama della moda italiana.
Il settore del tessile e dell’abbigliamento da alcuni anni sta vivendo una fase di stagnazione. Che futuro vede per la moda italiana?
La moda continuerà ad imporre i propri trends sulla base delle proprie correnti creative. Ma anche la società, con i suoi differenti stili di vita, i cambiamenti generazionali, il modo di vivere il lavoro ed il tempo libero, influenzeranno sempre di più la moda stessa, in una sorta di percorso circolare che le aziende dovranno saper cogliere. Creatività, funzionalità, estrema personalizzazione, ciclo veloce del prodotto e innovazione di processo saranno le nuove parole chiave della moda. Credo inoltre che la concorrenza con i Paesi a basso costo di manodopera non possa continuare a rappresentare un deterrente per la nostra industria, ma al contrario debba essere un incentivo: bisogna cambiare strategia e proporre un prodotto che rispecchi i canoni dell’autentico ed inimitabile made in Italy, creando sinergie fra le aziende del sistema moda italiano.
Lei è una donna di successo in un Paese dove la presenza femminile nei posti di comando dell’economia e delle imprese è ancora ridotta all’osso. Come si spiega la bassa presenza di donne nelle stanze dei bottoni?
C’è ancora una arretratezza culturale tipicamente italiana che impedisce una reale parità fra i sessi in ambito professionale. Mi auguro che negli anni questo gap possa ridursi, tuttavia credo che per raggiungere questo obiettivo sia necessario un impegno comune, coerente e concreto, da parte di istituzioni e società, al di là di proclami spot o di temporanee dichiarazioni di principio.
In Blufin come vengono incentivati i percorsi di carriera femminili?
La quasi totalità dei dipendenti Blufin è rappresentata da donne che si occupano di creatività, campionario e produzione, ma anche degli aspetti amministrativi e di comunicazione. E’ un imprinting che è nato con l’azienda e che tuttora sosteniamo: per la tipologia di lavoro, per la sensibilità richiesta sul nostro prodotto e per le doti di flessibilità e di team-work necessarie all’interno di una impresa a conduzione familiare quale Blufin, le donne rappresentano le mie collaboratrici ideali e non avrei potuto raggiungere i traguardi attuali senza il loro contributo e sostegno.
In base alla sua esperienza per raggiungere gli obiettivi che cosa conta di più?
La determinazione, la passione per il lavoro svolto. E poi il coraggio di porsi sempre nuovi obiettivi, mantenendo quell’approccio “creativo” che può essere fonte di intuizioni e svolte significative nell’ambito della propria carriera.
Un errore che non riesce a perdonarsi?
Ogni percorso professionale e personale è fatto di luci ed ombre, di momenti di successo e di battute d’arresto. Ho sempre cercato di mantenere un atteggiamento di indulgenza e di ottimismo nei confronti di quanto ho vissuto con la consapevolezza che è soprattutto dagli errori e dalle mancanze, se si è onesti verso se stessi, che si può imparare molto.
Natascia Ronchetti
21 febbraio 2011
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore
davvero una grandissima donna Anna, che ha saputo col marito creare davvero un impero mondiale, nonostante siano partiti dal nulla!
Un’intervista ad una donna forte e determinata che ha saputo partire dal basso ed arrivare ai vertici più alti grazie alla sua fortissima passione per la moda