Crescere meno, crescere meglio
Sogna una economia “leggera e trasparente”, dove la qualità ha la meglio sulla quantità, in una società che lotta contro il troppo e contro il troppo poco, che vuole crescere meglio e allora accetta anche di crescere meno. Nel 2003, quando Andrea Segrè gettò le fondamenta di Last Minute Market, nell’ipermercato Conad di Bologna che per primo accolse la sua sfida, i prodotti invenduti ma ancora commestibili e quindi utilizzabili ammontavano a 172 tonnellate. “Nel 2009 quello spreco è stato ridotto a 90 tonnellate – spiega -. Risultato che ha permesso a Conad di recuperare risorse da investire nell’aumento dei livelli occupazionali”. Un esempio, tra i tanti, di come la guerra agli sprechi può diventare volano di un rilancio dell’economia. Last Minute Market è uno spin off dell’Università di Bologna. Nato nel 1998 come attività di ricerca dal 2003 è diventato una realtà imprenditoriale che recupera beni invenduti o non commercializzabili a favore di enti caritatevoli. Segrè, preside della facoltà di Agraria, ne è l’artefice, in un Paese che brucia ogni giorno 1,6 milioni di pasti completi. “Sotto il profilo economico – dice – combattere gli sprechi significa anche contrastare l’inquinamento e quindi risparmiare sullo smaltimento, rendere più efficiente il sistema, eliminare costi per il mercato”.
Professor Segrè, faccia qualche altro esempio…
Pensiamo alle mense degli ospedali. Prendiamo quelle di Bologna, che sfornano seimila pasti al giorno. Lo spreco è basso, ma ne restano non consumati dai 60 ai 100. Calcolando 3,5 euro a pasto arriviamo a un costo di inutilizzato che oscilla tra i 76mila e i 127mila euro all’anno. Noi devolviamo questi pasti a una cooperativa che si occupa di recupero di tossicodipendenti. Grazie al risparmio ottenuto questa cooperativa è riuscita già ad assumere due persone. Questo ci dice che contrastare gli sprechi significa porre le condizioni per un sistema virtuoso, tra difesa dell’ambiente, maggiore efficienza, creazione di posti di lavoro. In termini economici, infatti, il vantaggio è tale da incidere positivamente sull’occupazione.
Quando parla di economia leggera e trasparente a cosa pensa?
La trasparenza è importante come l’intelligenza ecologica. Vale a dire, a titolo di esempio, che il prodotto biologico deve essere tale. Quanto alla leggerezza dobbiamo porci l’obiettivo di semplificare tutto. I consumi devono essere limitati, tranne quelli che riguardano la cultura, l’innovazione e la ricerca. Penso a una società dove si può fare di più con meno, dove meno spreco significa più ecologia. Una società sufficiente che punta sulla qualità.
Il che ci porta direttamente anche alla green economy. E al fatto che tutto ciò che è “eco” e “sostenibile” oggi fa anche tendenza. Non vede un rischio dietro tutto questo? Il pericolo che la corsa al green si imponga come fenomeno di moda?
Oggi ci si lava tutti con il verde. Anche il restauro è diventato green. Bisogna dire basta: “eco” non può essere un suffisso colorato, deve essere qualcosa di reale, che c’è. Intorno a noi ci sono mille esempi di economia verde che cresce e che devono interessarci al di fuori di ciò che è virtuale.
Crescere meno, crescere meglio. Questo implica uno sforzo anche da parte di chi produce. Ci sono le condizioni?La produzione si adatta: le imprese devono ricevere segnali dai consumatori. Quando andiamo a fare la spesa dobbiamo domandarci sempre chi spinge il nostro carrello. Abbiamo la necessità di fare un salto culturale e in questo un ruolo importante lo possono giocare le istituzioni. In Italia dobbiamo rivedere il concetto di Pil, come indicatore di ricchezza e benessere. E mettere in campo misure di politica economica conseguenti, che non sposano il modello di una società usa e getta. Dobbiamo capire che questo sistema sta esplodendo. E che la lotta agli sprechi e l’investimento sulla sostenibilità sono anche una risposta alla crisi economica. Un’altra strada per la crescita c’è: basta vederla.
Natascia Ronchetti
17 gennaio 2011
Il dott. Segrè dice bene, in Italia ci sono troppi sprechi e di conseguenza è normale che non riusciamo ad uscire dalla crisi. Ma come si fa far capire agli italiani tutto questo?