Siamo andati oltre il punto di non ritorno. “Una condizione nella quale l’Italia può resistere per non più di due anni”. L’economista Tito Boeri analizza la drammatica situazione economica del Paese. E i tanti errori commessi dal governo di Silvio Berlusconi, “che non ha fatto altro che procrastinare gli interventi richiesti dai mercati”: Eppure ci sono almeno dieci riforme a costo zero per rimettere in moto l’economia. Le spiega in un libro scritto a quattro mani con Pietro Garibaldi, fresco di stampa in libreria: “Le riforme a costo zero. Dieci proposte per tornare a crescere”, edito da Chiarelettere.
Professor Boeri, partiamo dall’attuale situazione economica e finanziaria. I rendimenti dei titoli di Stato poliennali sono arrivati a superare la soglia del 7%. Siamo davvero a un passo dal precipizio?
Il rischio è legato al superamento di una soglia oltre la quale c’è il punto di non ritorno. Quando i rendimenti salgono troppo gli investitori stranieri cominciano a vendere per poi non tornare più sul mercato italiano.
Siamo nelle stesse condizioni della Grecia?
No, l’Italia è in una situazione migliore, non ha per esempio il problema del finanziamento a breve. Ma così potremmo resistere per non più di due anni. Quando si supera una determinata soglia tutto è destinato a peggiorare e si innescano meccanismi che sono difficilmente reversibili.
Qual è la principale responsabilità del governo Berlusconi?
Continuando a prendere tempo ha procrastinato gli interventi richiesti dai mercati. Il primo è il contenimento della spesa corrente, che è assorbita per il 60% dalla spesa previdenziale: ha subito il diktat imposto dalla Lega e non ha agito sulle pensioni. Il secondo punto riguarda le strategie per combattere l’evasione fiscale, del tutto inefficaci: il Governo non ha fatto nulla, avrebbe dovuto introdurre controlli tali da consentire di intercettare l’evasione. Il terzo punto è relativo alle misure per la crescita economica, inadeguate a risolvere il problema di fondo: negli ultimi quindici anni l’Italia è cresciuta meno degli altri Paesi europei, con una differenza pari a 23 punti percentuali. E’ come se avessimo attraversato tre grandi fasi recessive.
Ci sono le condizioni per uscire da questa drammatica situazione?
Sì, si possono fare molte cose senza incidere sulla finanza pubblica.
E così arriviamo alle riforme a costo zero di cui tratta il libro che lei ha scritto insieme all’economista Pietro Garibaldi. Qual è la priorità?
Parliamo di riforme che devono essere considerate tutte prioritarie. Ma, oltre all’intervento sulle pensioni che ci viene richiesto dall’Europa, è prima di tutto necessario riformare il percorso di ingresso nel mercato del lavoro. Dobbiamo pensare ai tanti giovani che oggi sono ai margini del mercato. L’esperienza del triennio universitario non ha pagato: noi proponiamo percorsi triennali professionalizzanti che prevedano stage nelle aziende e che consentano ai giovani di agganciare il mercato del lavoro, in accordo con le piccole e medie imprese. Questo permetterebbe anche di aumentare il numero delle iscrizioni agli atenei. Poi è necessario migliorare le condizioni di ingresso.
In che modo?
Bisogna superare lo scoglio dei contratti temporanei che non danno prospettive di durata nel tempo. Per questo proponiamo una riforma che prevede contratti a tempo indeterminato con tutele graduali, con una protezione meno forte, nei primi tre anni, contro il rischio di licenziamento.
Fate riferimento anche alla necessità di aumentare il tasso di partecipazione femminile al lavoro…
Sì, perchè la bassa partecipazione delle donne costituisce uno spreco di talenti. Per questo pensiamo a sussidi condizionati all’impiego.
Tutte riforme a costo zero…
Esatto, riforme di fronte alle quali la scusa che non ci sono i soldi non regge.
Torniamo all’attuale situazione. A questo punto quanto tempo ci vorrà a suo avviso per raffreddare il debito pubblico?
Dipende da quando è forte il messaggio di discontinuità politica che arriva ai mercati con le dimissioni di Berlusconi, che ha perso ogni credibilità. Un altro aspetto riguarda ciò che il nuovo governo riuscirà a fare, tenendo conto anche del fatto che abbiamo comunque una scadenza elettorale a breve. Deve riuscire a mettere in piedi rapidamente le due o tre riforme che servono nell’immediato. Solo così potremo riuscire a modificare le aspettative e a uscire dall’emergenza.
Professor Boeri, partiamo dall’attuale situazione economica e finanziaria. I rendimenti dei titoli di Stato poliennali sono arrivati a superare la soglia del 7%. Siamo davvero a un passo dal precipizio?
Il rischio è legato al superamento di una soglia oltre la quale c’è il punto di non ritorno. Quando i rendimenti salgono troppo gli investitori stranieri cominciano a vendere per poi non tornare più sul mercato italiano.
Siamo nelle stesse condizioni della Grecia?
No, l’Italia è in una situazione migliore, non ha per esempio il problema del finanziamento a breve. Ma così potremmo resistere per non più di due anni. Quando si supera una determinata soglia tutto è destinato a peggiorare e si innescano meccanismi che sono difficilmente reversibili.
Qual è la principale responsabilità del governo Berlusconi?
Continuando a prendere tempo ha procrastinato gli interventi richiesti dai mercati. Il primo è il contenimento della spesa corrente, che è assorbita per il 60% dalla spesa previdenziale: ha subito il diktat imposto dalla Lega e non ha agito sulle pensioni. Il secondo punto riguarda le strategie per combattere l’evasione fiscale, del tutto inefficaci: il Governo non ha fatto nulla, avrebbe dovuto introdurre controlli tali da consentire di intercettare l’evasione. Il terzo punto è relativo alle misure per la crescita economica, inadeguate a risolvere il problema di fondo: negli ultimi quindici anni l’Italia è cresciuta meno degli altri Paesi europei, con una differenza pari a 23 punti percentuali. E’ come se avessimo attraversato tre grandi fasi recessive.
Ci sono le condizioni per uscire da questa drammatica situazione?
Sì, si possono fare molte cose senza incidere sulla finanza pubblica.
E così arriviamo alle riforme a costo zero di cui tratta il libro che lei ha scritto insieme all’economista Pietro Garibaldi. Qual è la priorità?
Parliamo di riforme che devono essere considerate tutte prioritarie. Ma, oltre all’intervento sulle pensioni che ci viene richiesto dall’Europa, è prima di tutto necessario riformare il percorso di ingresso nel mercato del lavoro. Dobbiamo pensare ai tanti giovani che oggi sono ai margini del mercato. L’esperienza del triennio universitario non ha pagato: noi proponiamo percorsi triennali professionalizzanti che prevedano stage nelle aziende e che consentano ai giovani di agganciare il mercato del lavoro, in accordo con le piccole e medie imprese. Questo permetterebbe anche di aumentare il numero delle iscrizioni agli atenei. Poi è necessario migliorare le condizioni di ingresso.
In che modo?
Bisogna superare lo scoglio dei contratti temporanei che non danno prospettive di durata nel tempo. Per questo proponiamo una riforma che prevede contratti a tempo indeterminato con tutele graduali, con una protezione meno forte, nei primi tre anni, contro il rischio di licenziamento.
Fate riferimento anche alla necessità di aumentare il tasso di partecipazione femminile al lavoro…
Sì, perchè la bassa partecipazione delle donne costituisce uno spreco di talenti. Per questo pensiamo a sussidi condizionati all’impiego.
Tutte riforme a costo zero…
Esatto, riforme di fronte alle quali la scusa che non ci sono i soldi non regge.
Torniamo all’attuale situazione. A questo punto quanto tempo ci vorrà a suo avviso per raffreddare il debito pubblico?
Dipende da quando è forte il messaggio di discontinuità politica che arriva ai mercati con le dimissioni di Berlusconi, che ha perso ogni credibilità. Un altro aspetto riguarda ciò che il nuovo governo riuscirà a fare, tenendo conto anche del fatto che abbiamo comunque una scadenza elettorale a breve. Deve riuscire a mettere in piedi rapidamente le due o tre riforme che servono nell’immediato. Solo così potremo riuscire a modificare le aspettative e a uscire dall’emergenza.
Gioralista economica, e scrittrice. Collabora da anni con il Sole 24ore
la cosa più impressionante è il numero di irresponsabili che hanno sostenuto questo disastro per tornaconti personali. E quanta popolazione si è fatta ammaliare dal solito “uomo solo al comando”. Io ero certa che dopo Mussolini l’Italia non ci sarebbe ricascata: e invece siamo un popolo che rifugge la responsabilità come se fosse il peggiore dei doveri e non un grandissimo diritto. E quindi il primo pazzo megalomane che grida più forte degli altri “Votatemi, farò tutto io, un milione di posti di lavoro, faremo lo champagne dalle acque piovane!” ha TUTTO il potere che vuole. E dopo 20 anni siamo al disastro. Povera Italia…
Intervista ottima, che pone 100o quesiti.
Comprerò il libro per meglio capire, ma poi avrò altre 1000 domande da fare al Professo Boeri.