Resilienza è un concetto psicologico, ingegneristico, ecologico. È semplicemente la capacità di un metallo di resistere alle forze ad esso applicate, ma è oggi anche l’attitudine dell’essere umano a risorgere nella crisi e riuscire ad affrontare e superare, se possibile rafforzato, le difficoltà dell’esistenza. In questo, al di là di ogni veterofemminismo, la resilienza sembra essere un concetto incredibilmente femminile. Donnesulweb lo sa bene e ha cominciato – rara voce nel deserto – a raccontarlo con “Come ti combatto la crisi“, nuovo format che scatta finalmente la nitida fotografia di una risposta possibile alla grave congiuntura economica in atto. Una finestra – per ora pressoché solitaria – sul mondo di oggi, sull’incredibile e inesauribile capacità delle donne di reinventarsi, riproporsi e ritrovarsi. Che la resilienza sia donna sono anche i numeri: quelli di Unioncamere. La premessa è nota: da marzo 2012 a marzo 2013 le difficoltà, per l’imprenditoria italiana, non sono mancate. Ma in questo stato di crisi ormai cronica le imprese “rosa” sono aumentate di più di 10mila unità: quasi i 3/4 del totale delle nuove realtà del panorama nazionale. Secondo i numeri snocciolati da Unioncamere i settori che crescono di più sono quelli del turismo, delle costruzioni e dei servizi associativi, mentre le regioni più dinamiche sono Toscana, Lombardia e Lazio. Più si va verso il Mezzogiorno, invece, peggio continuano ad andare gli affari. Vecchi e nuovi, rosa e non.
Sono quasi un milione e mezzo (1.424.798 per la precisione) le realtà al femminile iscritte al Registro delle imprese delle Camere di commercio alla fine del primo trimestre del 2013: il 23,5% del totale. L’età media dell’imprenditorialità femminile è più bassa rispetto a quella delle altre realtà, a dimostrazione del fatto che si tratta di un dinamismo che solo recentemente ha cominciato a prendere piede: il 21,5% delle imprese “rosa” ha poco più di due anni di vita, mentre per la media nazionale il dato si ferma all’18,5%.
Le iniziative volute, gestite e dirette da donne sembrano assicurare oggi performance più avanzate rispetto al resto dell’intero tessuto imprenditoriale. In un contesto di numeri che continuano a sfiorare la depressione, la luce portata dal dinamismo delle donne si vede eccome: se il panorama delle imprese nazionali vede infatti un avanzamento generale dello 0,2% nel primo trimestre dell’anno, le realtà al femminile fanno più di tre volte tanto registrando il +0,7%.
Non è un caso che risalga solo allo scorso febbraio il rinnovo di un protocollo d’intesa con Unioncamere firmato dai ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali e dello Sviluppo economico – erano i tempi di Elsa Fornero e Corrado Passera – per dare sostegno a quello che viene definito il “dinamismo femminile nel sistema economico nazionale”. L’intesa, della durata di tre anni, mira a “rafforzare il ruolo della donna nelle politiche di sviluppo del Paese e recuperare il gap italiano di partecipazione femminile al mondo del lavoro rispetto alla media Ocse”. La stessa Commissione Europea annovera da tempo tra le sue raccomandazioni la necessità di offrire migliori opportunità alle donne: ovvero a coloro che rappresentano il 52% della popolazione ma appena un terzo degli imprenditori.
“Senza impresa non c’è lavoro, sia esso dipendente o autonomo”, ricorda il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “E dunque nei piani per ridurre la disoccupazione, bisogna puntare innanzitutto sulle imprese e sulla voglia che tanti italiani, prime fra tutte le donne, continuano ad avere nonostante tutto”. In un anno in Italia le società di capitali al femminile sono cresciute del 5,6%, mentre nello stesso periodo sono nate 1.042 cooperative guidate da donne: un aumento percentuale del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2012.
I paletti però non mancano. Le aziende rosa, infatti, sono più fragili: il 72% di esse opera con un capitale sociale inferiore a 10mila euro, contro il 67% della media delle imprese. Una situazione che sembra spiegare il fatto che, in tempi di feroce stretta del credito, per le imprese femminili sia ancora più difficile accedervi rispetto al resto del tessuto imprenditoriale.
Lo mette nero su bianco l'”Indagine congiunturale sulle micro e piccole imprese femminili” nata da una ricerca commissionata da Artigiancassa e condotta dall’Istituto Format su un campione di imprese femminili della filiera di RETE Imprese Italia (artigianato, commercio, turismo, servizi). Le realtà femminili che durante i primi tre mesi dell’anno si sono rivolte agli istituti di credito diminuiscono rispetto alle rilevazioni precedenti e sono in percentuale meno delle altre imprese. E per chi di loro ha fatto domanda – per liquidità e cassa, ma anche per investimenti e ristrutturazione del debito – i dati parlano di una percentuale più alta di rifiuti e di un trend negativo crescente.
Ecco alcuni numeri: nel primo trimestre del 2013 il 10.5% delle imprese femminili – fino a 49 addetti – si è recato in banca per chiedere credito, a fronte del 12% del resto delle imprese. La percentuale delle aziende che hanno visto accolta la propria richiesta con un ammontare pari o superiore – la cosiddetta area di stabilità – è passata dal 23,8% al 17,1%, laddove il totale delle imprese registra il 25%. È cresciuta invece la percentuale di chi ha visto accolta la propria richiesta di credito con un ammontare inferiore a quello richiesto e di chi si è visto respingere la propria richiesta: per le imprese femminili è passata dal 54% al 61,9%, mentre in generale il dato parla del 45,1%.
Dal rapporto emerge anche che mentre il tessuto imprenditoriale conferma per i primi tre mesi dell’anno un peggioramento dei ricavi, le imprese femminili dell’industria, delle costruzioni e del terziario sembrano reggere meglio alla crisi e intravedono qualche spiraglio in più di miglioramento per il futuro prossimo. Anche in questo quadro di piccole briciole non manca però la conferma del sempreverde divario tra nord e sud: man mano che ci si sposta verso il Mezzogiorno e più è ridotta la loro dimensione occupazionale, le realtà imprenditoriali delle donne esprimono giudizi negativi sul presente e sulle prospettive future.
Giornalista, attivista e campaigner, ha collaborato con le più importanti testate italiane Per Donnesulweb si occupa di economia, politica, attualità e impresa donna. Vive e lavora a Roma.