Le foto dei royal babies George e Charlotte hanno fatto il giro del mondo: espressioni di grande amore, splendidi scatti di una famiglia felice. Ma quanto tempo ci è voluto per ottenerli? Quanto sono stati “forzati” i due piccoli? Ed era proprio così necessario fare tutto questo?
Tutti abbiamo visto le foto dei principini George e Charlotte. George tiene in braccio Charlotte, la bacia, la guarda rapito, un quadretto che pare idilliaco e che tutti i principali quotidiani del mondo hanno riportato, esaltando la famiglia ideale dei quasi-sovrani Kate e William.
Una famiglia che vista dall’occhio del fotografo appare serena, con due bimbi bellissimi, perfettamente curati, adorabili, sereni, che si amano.
Tutto oro quello che luccica?
Proviamoci però a fermare un attimo a riflettere, come suggerisce anche un ottimo fondo del Telegraph a firma Melanie McDonagh (Imagine the ugly truth behind Kate Middleton’s beautiful photos of Prince George and Princess Charlotte): bambini così piccoli possono assumere, naturalmente, pose del genere?
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Quanto tempo è stato necessario per creare questa percezione ovattata, queste pose così apparentemente dolci e affettuose? Quanto sono stati forzati i bambini, magari tenendoli sotto riflettori potenti e caldi per creare la giusta luce e la corretta “atmosfera”?
Riassumendo: è giusto forzare dei bambini in questa tenera età , probabilmente per tempi molto lunghi, a fare tutto questo?
A che pro “forzare” due neonati per tutto questo tempo?
Il principe George non ha nemmeno 2 anni (li compirà il prossimo 22 luglio), sua sorella Charlotte è nata da poco più di un mese. Bambini di questa età piangono, si muovono, emettono piccoli rigurgiti, fanno espressioni del viso che magari non risultano molto “fotogeniche”, hanno bisogni che difficilmente sono compatibili con una sessione fotografica che vuole raggiungere il miglior effetto per la stampa (e per i sudditi che amano queste cose). Dunque, a che pro?
Il fine è ovviamente quello di tenere viva nei media una certa percezione delle famiglia reale, di ottenere un effetto emotivo, un fine “politico” per arrivare al quale certamente saranno stati usati anche stratagemmi sui piccoli (qualche giocattolino, qualche indicazione della mamma o del babbo, magari video sugli i-Pad ecc.) e mettere in scena un effetto finale così “pulito” e di impatto. Il fine giustifica i mezzi? A voi lettori la risposta.
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