Il congedo di maternità e il congedo di paternità sono due importanti aiuti a sostegno delle neomamme e dei neopapà: ecco chi ne ha diritto, come richiederli e quanto si prende.
Il congedo di maternità è l’astensione obbligatoria dal lavoro per le lavoratrici durante il periodo in cui sono incinte e durante i primi mesi di vita del neonato. L’assenza è obbligatoria, quindi non c’è facoltà per la lavoratrice di non usufruirne (escluse le autonome, vedi sotto). In questo periodo si percepisce un’indennità che sostituisce la retribuzione normale e che arriva direttamente dall’Inps.
A chi spetta il congedo di maternità?
Il congedo spetta:
- alle lavoratrici che sono assicurate all’Inps e all’Ipsema;
- alle apprendiste aventi un rapporto di lavoro in corso alla data in cui inizio del congedo;
- alle lavoratrici agricole e braccianti che abbiano almeno svolto 51 giornate di lavoro agricolo;
- alle lavoratrici addette ai servizi domestici con 26 contributi settimanali nell’anno precedente il congedo o con 52 contributi settimanali nei 2 anni precedenti il congedo;
- alle lavoratrici a domicilio; alle lavoratrici Lsu o Apu (cioè impiegate in attività socialmente utili)
Il congedo spetta anche alle disoccupate?
La risposta è affermativa se il congedo di maternità inizia entro 2 mesi dall’ultimo giorno di lavoro oppure se il periodo di congedo inizia anche oltre i 60 giorni ma sussista un diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione.
Le disoccupate che hanno svolto nei 2 anni precedenti la maternità lavori non compresi nell’indennizzo di disoccupazione possono ricevere il congedo di maternità se inizia entro massimo 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e se contemporaneamente hanno versato all’Inps almeno 26 contributi settimanali nei 2 anni precedenti il congedo.
Quanto dura il congedo per le neomamme?
Il congedo obbligatorio riguarda i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 3 mesi successivi alla nascita. Se il parto avviene in anticipo non si perdono giorni ma i giorni non goduti prima del parto si aggiungono ai 3 mesi successivi al parto stesso. Ci sono periodi di interdizione prorogati che sono disposti dalla direzione territoriale del lavoro per specifiche occupazioni, in questo caso il periodo di congedo è più lungo.
Posso iniziare il congedo più tardi e prolungarlo dopo il parto?
Sì, è possibile. Le lavoratrici possono restare sul posto di lavoro anche durante l’ottavo mese e prolungare poi la maternità post-partum per i giorni aggiuntivi lavorati prima del parto. Questa possibilità è riconosciuta solo in presenza di un certificato medico, rilasciato da un ginecologo e dal medico aziendale, e presentato entro la fine del settimo mese, che garantisca la sussistenza delle condizioni di salute per poterlo fare.
Con un parto gemellare si ha diritto ha più giorni di congedo?
No, in presenza di un parto gemellare il periodo di congedo resta lo stesso (2 mesi + 3 mesi) garantito per i parti “classici”.
Cosa succede se avviene un’interruzione di gravidanza?
In presenza di interruzione di gravidanza dopo i 6 mesi dall’inizio della gestazione, in caso di morte del neonato alla nascita o nel periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto comunque all’astensione dal lavoro salvo che non sia essa stessa a scegliere di riprendere l’attività lavorativa.
Come funziona il congedo di maternità in caso di adozione?
L’intero periodo di congedo sarà “utilizzabile” dopo l’arrivo del minore adottato: dunque ci si potrà fermare dal lavoro per 5 mesi dall’affidamento o dall’ingresso del minore in Italia.
Come funziona il congedo di paternità?
Il padre ha l’obbligo di fermarsi dal lavoro per due giorni, anche separati, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio. Tale diritto spetta anche per adozioni ed affidamenti.
Il padre invece può usufruire di un congedo di 5 mesi in presenza di morte o grave infermità della madre, di abbandono del figlio da parte della madre, di affidamento del figlio esclusivo al padre o di rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità.
Quanto si prende?
L’ammontare del congedo di maternità (o di paternità) è pari all’80% della retribuzione giornaliera solita calcolata sulla base dell’ultima mensilità pre-congedo. Usualmente (eccetto alcuni casi come lavoratori stagionali, agricoli, lavoratori saltuari dello spettacolo, disoccupate, operaie agricole dove provvede direttamente l’Inps tramite bonifico postale o accredito in conto corrente) è il datore di lavoro ad anticipare in busta paga l’indennità per poi a riaverla dall’Inps.
Il congedo non è obbligatorio per le autonome e le iscritte alla gestione separata Inps
C’è una eccezione all’obbligatorietà del congedo di maternità ed è quella relativa alle lavoratrici autonome e a iscritte alla gestione separata Inps. La permanenza al lavoro comporta la perdita del diritto all’indennità. Se si aderisce al congedo l’assegno è pagato direttamente dall’Inps con un’indennità pari all’80% del reddito derivante da attività libero professionale (per le iscritte alla gestione separata Inps) o pari all’80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda del lavoro svolto (per le autonome).
Come si presenta la domanda di congedo di maternità o di paternità?
La domanda si presenta all’Inps in via telematica (www.inps.it – sezione Servizi online) oppure nei patronati. La domanda va chiaramente inoltrata prima dell’inizio del congedo, entro un mese dalla nascita del figlio va anche comunicata la data esatta dell’avvenuto parto.
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