Il banco dei pegni permette di lasciare in custodia un nostro bene prezioso e ottenere in cambio un prestito temporaneo. In tempi di stretta sul credito è tornato “di moda”. Ma conviene davvero?
Il banco dei pegni è un’istituzione secolare e dà la possibilità di accedere a una modalità molto antica di ottenere denaro che è stata “riscoperta” oggi anche da tanti gruppi bancari. In sostanza si ottengono piccole quantità di denaro (ma nemmeno troppo piccole, alla fine dei conti) lasciando come garanzia un nostro oggetto.
Un po’ di storia
Tutto ciò che ha a che fare con credito, banche, partita doppia, pegni è un’invenzione italiana. Le grosse somme erano prestate dalle ricchissime famiglie di grandi banchieri come Medici, Bardi, Peruzzi; delle cifre più piccole invece si occupavano i ”lombardi”, termine generico affibbiato, spesso dispregiativamente, agli italiani del nord, in particolare piemontesi, piacentini (ma non solo) che avevano i loro “banchi” di prestito rivolti all’utenza “popolare” (e quindi si occupavano del piccolo credito) in giro per l’Europa.
Come pegno, cioè come “oggetto” da lasciare a garanzia del prestito che si otteneva, si dava un po’ di tutto: dai preziosi, ai libri, ai mobili fino anche alle derrate alimentari (olio, vino, farina).
Banco dei pegni oggi
La legge italiana prevede che si possano dare in pegno sia beni mobili (ad esempio un gioiello) che titoli di credito. Il depositario conserva il pegno a garanzia e non può farne uso ma solo conservarlo.
Alla fine del periodo stabilito il pegno va restituito e così il credito ottenuto. Se il debitore non è in grado di ridare quanto avuto l’oggetto può essere rivenduto all’asta o passare di proprietà al creditore.
Credito su pegno
Molti istituti bancari stanno spingendo su questa antica forma di concessione di “prestiti” (Unicredit, Ubi, Credito Siciliano con Inpegno, per citare i più famosi). La stretta del credito ha inoltre portato lo stesso utente a riscoprire questo istituto. Ci sono molte banche che accettano, fornendo un prestito, gioielli, orologi di valore, monete antiche, coralli, argenteria ecc. I soldi si ottengono velocemente, certamente più di quanto ci si possa aspettare da un fido classico.
I capisaldi del credito su pegno sono: riservatezza, valutazione del proprio bene da parte di un esperto, sicura custodia dello stesso. Non vengono effettuate indagini sul patrimonio, non servono visto che è il bene lasciato in pegno a garantire il credito ottenuto. Si deve ovviamente essere maggiorenni e fornire documento di identità e codice fiscale.
Il denaro ricevuto (fino a 4/5 del valore di stima dell’oggetto lasciato in pegno, da un minimo di 50 Euro fino a 50 mila Euro) deve essere restituito entro massimo 6 mesi.
Se il pegno non viene rinnovato (per farlo si devono pagare gli interessi e le spese di gestione e si ha ulteriore tempo per restituire l’intera somma), passato qualche altro giorno (in genere trenta), è venduto all’asta.
E conviene?
Gli aspetti positivi di un prestito su pegno sono che i soldi arrivano in tempi molto veloci, a volte immediatamente: quindi se si ha necessità di somme non ingentissime nel breve periodo può essere una buona soluzione. Inoltre anche persone con protesti possono accedervi dato che la garanzia è proprio il bene lasciato in custodia.
Ovviamente si deve tenere conto che anche la banca, o chi ci fa il credito, ci guadagna. Come? Non soltanto rivendendo il nostro bene all’asta se non ripaghiamo il debito (e qui ottiene profitto dal fatto che come prestito non aveva dato mai il valore intero del bene, ma solo i 4/5 o i 2/3) ma caricando un interesse (dipende dalla banca, comunque in media tra il 10 e il 13%) oltre che i diritti di custodia (in media 1% a trimestre) in caso di debito saldato.
Se invece il pegno si vuole rinnovare si devono versare subito i diritti di custodia mentre gli interessi saranno corrisposti alla fine.
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