Mps potrebbe riuscire a vendere parte dei suoi crediti deteriorati prima degli stress test europei del 29 luglio. E se non ci riuscisse rischiano di perdere i loro soldi anche gli obbligazionisti.
La crisi di Monte dei Paschi legata alla forte presenza in bilancio di crediti tossici e con difficile possibilità di essere recuperati ( in questo articolo il quadro complessivo della situazione) potrebbe essere vicina ad una soluzione o quanto meno ad un punto di svolta che darebbe qualche barlume di ottimismo in più rispetto ai giorni scorsi.
Prima di tutto una data importante da tenere in considerazione: Mps dovrà affrontare gli stress test dell’Eba, l’autorità della U.E. che sorveglia il mercato bancario, i cui risultati saranno pubblicati il 29 luglio: questi test sono previsti proprio per misurare la stabilità e la resistenza degli istituto bancari.
Cosa valutano gli stress test?
Gli stress test sono una sorta di prova virtuale che determina il grado di resistenza di un istituto in caso di una possibile crisi sistemica. In pratica si verifica quali “cuscinetti” ha una banca se si trovasse di fronte a un evoluzione negativa della situazione economica.
Che cosa si stima con lo stress testo? In primis l’entità del patrimonio della banca, considerando il parametro Cet 1, cioè il capitale totale rapportato agli investimenti a rischio. Dato che attualmente il patrimonio di Mps – dopo i ripetuti crolli in Borsa – è molto basso e la sua esposizione rispetto ai crediti insoluti elevata l’appuntamento di fine mese si presenta come fondamentale per capire le possibilità di sopravvivenza della banca.
Corsa contro il tempo per cedere i crediti tossici
L’interesse di Mps è quindi quello di trovare un acquirente per i suoi crediti (che ovviamente verrebbero venduti a prezzi molto ribassati, tra il 20 e il 30% del valore originario) prima del 29 luglio, alleggerendo così la sua posizione e cercando di riequilibrare il rapporto patrimonio-investimenti a rischio.
L’ipotesi più probabile che una parte rilevante di questi crediti siano cartolarizzati, cioè trasformati in obbligazioni acquistabili sul mercato. La banca usa Jp Morgan potrebbe occuparsi di questo “spostamento” dei crediti che poi sarebbero acquistati, a prezzo come si è detto molto ribassato, da Atlante o da un ipotetico fondo Atlante 2 in cui entrerebbe anche Cassa Depositi prestiti, visto che Atlante non ha una attualmente riserve così ampia (Atlante, dopo gli interventi sulle banche venete, può disporre di circa 2 miliardi ma qui si parla di una necessità di acquisti per 10 miliardi netti che corrispondono a circa 25 miliardi di euro di crediti deteriorati).
In caso di crack ci rimetteranno anche gli obbligazionisti
Riassumendo: un fondo Atlante rafforzato acquisterebbe una parte dei crediti Mps a circa il 25-30% del loro valore, ridando fiato al bilancio della banca prima degli stress test. E andando ad allontanare ipotesi più fosche, dato che con la nuova normativa europea in caso di crack della banca il bail-in imporrebbe i costi del salvataggio anche a quei risparmiatori che hanno investito in obbligazioni, come quella che scade a maggio 2018 (emessa ai tempi dell’acquisto di Antonveneta) e che poteva essere comprata direttamente agli sportelli con un investimento minimo di 1000 euro.
Quelle che vi ventiliamo sono, ovviamente, ancora ipotesi e indiscrezioni, nei prossimi giorni vi daremo ulteriori approfondimenti sulla situazione