Chi ha diritto oggi al finanziamento pubblico ai giornali? Se lo Stato chiudesse i rubinetti, pochi sarebbero gli effetti in edicola. Come funziona in Europa, tra nuovi imprenditori, testate online e guerra a Google?
Chi prende i contributi per l’editoria in Italia
In Italia la stragrande maggioranza dei quotidiani, a partire da quelli più noti e venduti, non riceve contributi diretti da parte dello Stato. Tutti – Repubblica, Corriere, Sole 24 Ore, La Stampa – possono su richiesta usufruire di tariffe agevolate, telefoniche e per le spedizioni con Poste Italiane. In più, grazie alla legge di stabilità per il 2011, è stato istituito un fondo di 30 milioni di euro per rifinanziare – su richiesta – il credito d’imposta del 10% per l’acquisto della carta a imprese editoriali iscritte al ROC ed editori di libri. Lo scorso anno un articolo di Libero riportò la notizia che Giorgio Poidomani, allora amministratore delegato del Fatto Quotidiano (che da sempre rivendica di non ricevere “alcun finanziamento pubblico”), avesse fatto domanda, tra gli altri, per il credito d’imposta sulla carta per un importo totale di 162mila euro.
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A far discutere, comunque, sono i contributi diretti alla stampa: 150 milioni di euro nel 2010 (tra i destinatari anche L’Avanti di Valter Lavitola con 2 milioni e mezzo), 120 del 2012, 96 per l’anno in corso per disposizione del governo tecnico di Mario Monti. Contributi che, se dovessero saltare, non provocherebbero praticamente alcun effetto in edicola: perché ad essere finanziati sono una miriade di più o meno piccole testate tra politica ed “enti morali”.
Chi può accedere ai fondi pubblici
I dati sui contributi erogati alla stampa negli anni sono reperibili sul sito della presidenza del Consiglio, dipartimento dell’editoria, e aggiornati al 2011. Da quest’anno possono presentare richiesta di accesso ai fondi gli editori di testate che arrivano a vendere almeno il 25% delle copie distribuite per la stampa nazionale (ad esclusione dei quotidiani editi e distribuiti all’estero) e il 35% per la stampa locale. Una testata nazionale, per essere definita tale ai sensi del decreto legge 63/2012, deve essere distribuita almeno in tre regioni e in ogni regione in cui è presente per non meno del 5% del totale della distribuzione.
La soglia di accesso quindi si è alzata rispetto agli anni precedenti, quando bastava il 15%. Non solo: i dati relativi alla tiratura, alla distribuzione e alla vendita, devono essere comprovati da una società di revisione iscritta alla Consob. I giornali venduti, almeno in teoria, sono tracciabili dagli edicolanti, e nel computo non possono essere inserite le copie messe in vendita “attraverso strillonaggio, quelle oggetto di vendita in blocco, da intendersi quale vendita di una pluralità di copie ad un unico soggetto, nonché quelle per le quali non sia individuabile il prezzo di vendita”.
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I quotidiani che prendono i fondi pubblici
Ventiquattro sono stati nel 2011 i quotidiani editi da cooperative di giornalisti che hanno avuto accesso ai fondi pubblici. Tra questi spiccano nomi come il manifesto, che per il 2011 ha ricevuto poco più di 2 milioni e mezzo di euro, Il Foglio di Giuliano Ferrara, con € 2.251.696,55 e Il Denaro con € 1.261.583,66, ma c’è anche Il Romanista, con € 691.110,82, il quotidiano sportivo dedicato alla società calcistica Roma nato nel 2004 sotto l’allora direzione di Riccardo Luna. Una quindicina sono invece i “quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali”. Tra questi L’Avvenire, che nel 2011 ha ricevuto quasi 4 milioni di euro (€ 3.796.672,83), Conquiste del lavoro – il quotidiano della Cisl fondato nel 1948 da Giulio Pastore, il primo segretario nazionale del sindacato oggi guidato da Raffaele Bonanni – con € 2.181.144,63 e Italia Oggi che ha ricevuto € 3.162.411,49.
I quotidiani di partito
Dieci sono i quotidiani di organi di partiti e movimenti politici finanziati dalle casse pubbliche. Liberal, nato nel 2008, solo in un secondo momento diventato organo ufficiale dell’Udc (con Rocco Buttiglione, presidente del partito, che siede del comitato di redazione) e da giugno dello scorso presente esclusivamente sul web, nel 2011 ha ricevuto € 1.650.094,84. Il quotidiano del Partito Democratico, Europa, ha preso € 2.343.678,28, e sempre nel 2011 Liberazione ha ricevuto poco più di 2 milioni di euro. Per l’organo di Rifondazione Comunista quello successivo è stato l’annus horribilis: con l’assottigliarsi dei fondi per l’editoria decisi dall’esecutivo, a gennaio il quotidiano a gennaio ha deciso di sospendere le pubblicazioni cartacee restando solo sul web e mandando in cassa integrazione e in mobilità buona parte della redazione. Dall’inizio di quest’anno Liberazione è di nuovo quotidiano ed esce in versione elettronica dal lunedì al venerdì.
Tra i quotidiani politici finanziati dai cittadini c’è poi la Padania con i suoi € 2.682.304,80 per il 2011, Terra con € 1.581.514,51, L’Unità € 3.709.854,40. Non manca il Secolo d’Italia (€ 1.795.148,57), storico giornale della destra italiana i cui destini sono stati negli ultimi anni al centro della diatriba seguita al “divorzio politico” tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Oggi il giornale è solo online e versa in pessime acque, con un rosso che supera i 2 milioni di euro, e le ipotesi sul tavolo sono di prepensionamenti, stato di crisi e trasformazione in cooperativa di giornalisti.
A completare il quadro ci sono poi sono sei quotidiani italiani editi e diffusi all’estero e quattro editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Valle d’Aosta, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige.
I periodici che prendono i fondi pubblici
Lo Stato elargisce contributi a trentaquattro periodici editi da cooperative di giornalisti: tra questi spiccano per notorietà Left, con € 286.334,84, Il Salvagente con € 367.900,79 e Tempi, € 354.757,76. Ben 136 sono le “imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni, enti morali” senza scopo di lucro: nella stragrande maggioranza cattoliche – come le Edizioni Paoline con Famiglia Cristiana, che incassa più di 208mila euro dallo Stato – raramente intervallate da altre realtà come ad esempio “Buddismo e società ”, edito dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (€ 21.141,50). Alla stampa periodica italiana all’estero va un totale complessivo di poco più di 2 milioni di euro.
Le radio
Lo Stato finanzia anche cinque emittenti radiofoniche di partiti politici: Ecoradio, Veneto Uno, Radio Galileo, Radio Città Futura e Radio Radicale, quest’ultima periodicamente al centro di un dibattito avvelenato per i 4 milioni di euro che incassa dal governo come organo della lista Pannella cui va ad aggiungersi il finanziamento pubblico (dagli 8 ai dieci milioni di euro) per la convenzione – in scadenza quest’anno – con lo Stato per la trasmissione delle sedute del Parlamento.
Fondi per l’editoria nella legge di stabilitÃ
La legge di stabilità prevede al momento interventi per 27,3 miliardi di euro nel triennio 2014-2016: 11,6 miliardi solo per il prossimo anno. Nel ddl 1120 c’è anche un “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria”: 50 milioni di euro per il 2014, 40 per il 2015 e 30 nel 2016. 120 milioni in tre anni per “l’innovazione tecnologica e digitale dell’editoria”: metà del totale dovrebbe essere destinata a pensionamenti, cassa integrazione e mobilità , mentre gli altri 60 milioni costituirebbero i fondi per l’editoria intesi in senso classico.
Crisi profonda del sistema editoriale italiano
Le risorse previste dalla legge di stabilità verranno ripartite entro il 31 marzo di ogni anno sotto la guida del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’editoria, Giovanni Legnini, in quota PD. Interventi definiti “urgenti”, dato il momento negativo vissuto dal settore che, insieme alla “rapida trasformazione del mercato dei media”, sta “esponendo l’intero sistema editoriale italiano a una crisi profonda, con conseguenze che non potranno che essere sistemiche”. I risultati di bilancio delle imprese editrici stanno peggiorando, mentre va in scena “una caduta degli investimenti pubblicitari” dalle cifre significative: nel primo trimestre di quest’anno i quotidiani registrano un -26,1% in termini di pubblicità e il -9% nei ricavi, i periodici rispettivamente il -22,3% e il – 9,5%. I soldi non saranno a fondo perduto, spiega Legnini: “Le aziende editoriali ci devono dire se e quanti giovani assumeranno“.
Cosa accade nel resto del mondo?
Il fondatore di eBay Pierre Omidyar (che aveva messo gli occhi sul Washington Post, poi acquistato per 250 milioni di dollari dal fondatore e Ceo di Amazon Jeff Bezos), continuerà a coltivare il suo interesse per il mondo dell’informazione finanziando lo startup di Glenn Greenwald. Il giornalista, sulle prime pagine di tutto il mondo per aver pubblicato le rivelazioni della talpa Edward Snowden sulle attività di sorveglianza dell’americana National Security Agency, lascia così il Guardian sulle cui colonne ha fatto deflagrare lo scandalo Prism e si mette in proprio con un sito di news. Rinascita del giornalismo grazie alla nuova imprenditorialità o perdita dell’innocenza?
Finanziamenti pubblici ai giornali: come funziona in Europa
Certo è che l’Italia non è l’unico paese in Europa a dare soldi alla stampa. Come si legge nel dossier di marzo della Camera dei deputati dal titolo “Contributi all’editoria di partito nei principali paesi europei”, in Germania, ad esempio, non sono previsti contributi diretti, ma i giornali possono fruire di tariffe postali agevolate e agevolazioni fiscali (“riduzione dell’imposta sul valore aggiunto al 7% sulle singole copie vendute e sugli abbonamenti”). In più le fondazioni vicine ai partiti hanno diritto a “finanziamenti globali” decisi ogni anno dal Bundestag. “Nella Legge di bilancio per il 2013 i finanziamenti globali ammontano a circa 98 milioni di euro” e vengono usati per “congressi, seminari e incontri di formazione politica; pubblicazioni e mostre; progetti di ricerca e documentazione, gestione degli archivi sulla storia dei movimenti e dei partiti di riferimento; spese amministrative relative al personale, alle strutture e agli investimenti”.
Anche il Regno Unito prevede esclusivamente contributi indiretti come l’esenzione dal prelievo dell’imposta sul valore aggiunto su vendite e abbonamenti, per un totale di 748 milioni di sterline nel 2011. Nessun finanziamento diretto è previsto per la stampa di partito e politica. Lo stesso principio vale anche in Spagna, dove oggi la stampa periodica “non gode di forme di finanziamento a livello nazionale”.
Infine la Francia. Da settembre è operativo l’accordo tra Google e i giornali francesi per il Fondo per l’innovazione digitale della stampa: 60 milioni di euro (e un massimo di 2 milioni a testata) per tre anni per portare i giornali a digitalizzarsi e implementare nuovi progetti per il web. Più che una sconfitta per Google, accusato di fare ricavi pubblicitari con le news che indicizza, l’accordo è per molti l’epicfail finale della stampa a livello internazionale.
Lo Stato francese elargisce intorno 1,2 miliardi di euro l’anno al settore, tra contributi diretti e indiretti. Il Fondo di Sviluppo Strategico della stampa è stato ridotto quest’anno a 30,9 milioni di euro, ed è rivolto sia a testate cartacee che online. Agence France-Press – al secolo AFP – tra le principali agenzie di stampa di tutto il mondo, ha un budget fornito dalle casse pubbliche di ben 123 milioni di euro. E Libération, quotidiano di riferimento della sinistra francese (e non solo) fondato tra gli altri da Jean-Paul Sartre, ha ricevuto nel 2012 quasi tre milioni di euro.
Giornalista, attivista e campaigner, ha collaborato con le più importanti testate italiane Per Donnesulweb si occupa di economia, politica, attualità e impresa donna. Vive e lavora a Roma.