Che cosa significa esattamente “make up cruelty free”? Come regolarsi per acquistare prodotti per il trucco non testati su animali? Vediamo anche qual è l’elenco delle aziende italiane che non si servono di test sugli animali e facciamo un po’ di chiarezza sui cosmetici cruelty free.
Come riconosco un cosmetico Cruelty free? Le confezioni dei prodotti di tutte le aziende che aderiscono allo Standard Internazionale Stop ai test su animali riportano la dicitura “Stop ai test su animali. Controllato da ICEA per LAV” (ICEA sta per Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, una società indipendente di auditing che garantisce la conformità allo standard). Facile da riconoscere anche il logo collegato, che raffigura un coniglio fra due stelle e indica proprio l’assenza di componenti testati sugli animali o derivanti dall’uccisione di animali.
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Altrettanto indicativo è il Marchio Vegan ok che indica l’assenza di elementi di derivazione animale ma anche la garanzia che il prodotto e i suoi ingredienti non siano stati testati su animali.
“Non testato su animali” non garantisce al 100%
La dicitura generica “non testato su animali”, priva di marchio di riconoscimento, potrebbe essere fuorviante: si tratta di una autocertificazione grazie alla quale il produttore dichiara di non aver testato il prodotto finito, ma non fornisce una garanzia certa sugli ingredienti e sui fornitori delle materie prime.
Non è invece automatico che un prodotto che si dichiara “eco”, “bio” o “naturale” non contenga elementi testati su animali, né che sia privo di ingredienti di derivazione animale. Esistono numerose certificazioni ufficiali sulla possibilità che un dato cosmetico sia biologico, ma ciò non fornisce informazioni direttamente sui test da cui il prodotto è scaturito.
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Ci sono aziende che dichiarano in modo evidente e programmatico la loro adesione a un approccio etico.
Fra esse alcune producono anche linee specifiche per il make up, quindi per esempio ombretti, rossetti, mascara, fondotinta, matite, terre interamente cruelty free. Si tratta di Bottega verde, Dr. Taffi, Green Style (linea BKos), L’Erbolario, Liquid Flora (linea Fantastika), Originitalia (linea Villa Floriani). Anche Lepo (Pedrini Cosmetici) ha una linea di make up vegano.
Se si vuole allargare il campo anche ai prodotti per la cura del viso, del corpo, dei capelli, a bagnoschiuma e shampoo e ai profumi, i produttori che rifiutano ufficialmente l’uso di elementi testati sugli animali sono Alkemilla, Allegro Natura, Argital, Bakel, Biofficina, Coop (cosmesi), Derbe , Diva International, Evan Cinzia Zucchi, Flora, Genesi, Bionoire e Bioblanc, Helan, Higen (linea Verdevero), Le Erbe di Brillor, MGA (linea OMIA Laboratories, DeliBél), Philip Martins, Pierpaoli (linea EcoSì, Anthyllis, Natura bella), Qualikos, I Provenzali, UniquePels, Zoe Cosmetics.
Il portale dedicato al marchio Vegan OK raccoglie invece un elenco dettagliato dei prodotti cosmetici totalmente vegani; nell’elenco non è citato specificamente nessun prodotto per il trucco, ma numerose creme per viso e corpo, oli e trattamenti di bellezza, bagnoschiuma e shampoo vegani. Non è specificato se la fabbricazione dei prodotti sia italiana o meno.
E i marchi di bellezza esteri?
Esistono produttori stranieri distribuiti in Italia che hanno aderito al disciplinare ICEA: John Paul Mitchell System (prodotti per parrucchieri), Jason Natural Cosmetic, Montagne Jeunesse, Urban Decay, W.S.Badger, BP cosmetics, Lily lolo. Il marchio The Body Shop applica i parametri cruelty free, tuttavia bisogna considerare che l’azienda è stata acquistato da L’Oréal che, per i propri cosmetici, non ha aderito al programma. Per tutti i prodotti acquistati all’estero potete regolarvi cercando il già citato logo del coniglio che salta oppure il logo della PETA. In assenza di queste indicazioni, non fidatevi.
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Cosa dice la legge?
L’Unione Europea ha vietato la pratica dei test sugli animali in ambito cosmetico l’11 marzo 2013: a partire da quella data, infatti, è entrata definitivamente in vigore la direttiva 2003/15/CE e non è più stato possibile sperimentare i prodotti finiti né gli ingredienti dei cosmetici o importare ingredienti testati su animali.
Nella pratica, è possibile in parte aggirare il divieto: per esempio le aziende italiane potrebbero utilizzare componenti che sono stati testati in quanto appartenenti anche all’ambito della ricerca medica, e dunque non sottoposti alla restrizione, oppure commissionare di fatto i test in Paesi esterni all’Unione europea, commercializzando il prodotto solo al di fuori della medesima. Per essere sicuri dei propri acquisti è sempre meglio affidarsi alle certificazioni ufficiali.
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