Le celebrazioni sono cominciate ieri all’Altare della Patria e si sono concluse ieri sera al teatro dell’opera dove il maestro Riccardo Muti ha diretto il Nabucco. In mattinata è stata quasi una sorta di pellegrinaggio delle autorità dello Stato nei luoghi di Roma che simboleggiano la nascita dell’Italia unita. In ognuna delle tappe, applausi a scena aperta per il presidente della Repubblica e contestazioni e fischi per il premier che hanno toccato l’apice a Porta San Pancrazio, al museo della Repubblica Romana, dove Berlusconi, è stato accolto sia all’entrata, ma più all’uscita, da cori di “dimissioni”, “bunga-bunga”, “vai in tribunale”. Dopo la pausa del pranzo, le celebrazioni hanno avuto il loro culmine nel pomeriggio, durante il discorso di Napolitano alle Camere riunite. Un discorso di quasi trenta minuti a metà tra il passato dell’unificazione del paese, la “fase difficile” e piena di sfide che l’Italia vive oggi e il futuro ricco di incognite, anche quelle “terribili che ci riserva la natura”. Il presidente della Repubblica, ha richiamato tutti a coltivarla, a credere nella coesione del Paese, nel “cemento nazionale unitario”, senza il quale l’Italia non reggerà alle prove.

 Il capo dello Stato si è mostrato fiducioso ma a una “condizione”: bisogna essere uniti senza che tutto venga “eroso e dissolto da cieche partigianerie, da perdite diffuse del senso del limite e della responsabilità ”. “Questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso”. Un monito severo alla politica, innanzitutto a chi ha responsabilità pubbliche ed è tenuto ad esercitarle con “umiltà ”. Ad ascoltare il discorso il premier Silvio Berlusconi, i presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, maggioranza e opposizione ma pochi esponenti della Lega Nord.

 Solo cinque i leghisti in aula. Il presidente ha preferito andare oltre e, ai giornalisti, che, a fine cerimonia, gli chiedevano durante il bagno di folla – l’ennesimo della giornata – cosa ne pensasse, si è limitato a dire di “non averli contati”. Celebrare l’unità , ha detto Fini nel suo intervento, “è un dovere civile di tutti gli italiani” nell’ottica della coesione nazionale. Umberto Bossi, da parte sua, ha giudicato le parole del presidente “un buon discorso” e Napolitano stesso “una garanzia”. 

Napolitano non ha voluto nascondere le tante criticità dell’unificazione, “i problemi e le debolezze” con cui ancora il Paese deve fare i conti, ma ha cercato anche di sgombrare il campo da “certe clamorose semplificazioni”. Come l’idea che una riforma federale si possa fare ‘contro’ l’unità : non è possibile il federalismo può solo “rafforzarla” così come la Costituzione, modificabile in alcune sue parti, “non può prescindere dai principi e dai valori” che sono il suo fondamento.
di Redazione
18 marzo 2011
Nella nostra redazione lavorano giovani giornalisti pubblicisti neolaureati, SEO copywriting e stagisti. Tutti i redattori scelti vantano esperienze maturate in testate editoriali e provengono da diverse Università .