Il 25enne Rob Summers nel 2006 era per tutti la promessa del baseball dell’università di Oregon State, futuro probabilmente roseo in MLB. Il suo destino cambia allimprovviso: aveva finito l’allenamento, un’auto pirata piombò sul marciapiede e lo falciò.
Rimase quindi paraplegico. Grazie alla scienza, la sua vita sta cambiando e la sua storia apre uno spiraglio alla ricerca.
Non era mai successo a parte per i casi di “miracolo”, ma Rob è tornato a muovere qualche passo, riuscendo ad alzarsi per qualche minuto.
Per la prima volta una persona paraplegica ha ripreso a muovere dita, piedi, ginocchia.
La scienza fa un enorme passo in avanti: i sedici elettrodi sono quelli che hanno impiantato nella schiena, al di sotto della rottura del midollo, di Rob e aperto la strada alla speranza. “E’ un cammino ancora molto lungo, ma questa tecnica apre prospettive concrete per la ripresa della funzionalità. Rob non ha ripreso a camminare, ma è un progresso importante”. La cautela della coordinatrice del progetto, Susan Harkema, è d’obbligo per non alimentare false speranze, ma non nasconde che questa tecnica è rivoluzionaria. Per ora però è “personale”, nel senso che ha cominciato a funzionare su Summers, ma non è detto che possa farlo con tutti. Secondo John McDonald, direttore dell’International Center of Spinal Cord Injury di Baltimora, potrebbero trarne benefici il 10/15 per cento delle persone paraplegiche. La tecnica sfida il pensiero convenzionale che i segnali del cervello siano necessari per camminare. “Abbiamo scoperto che i neuroni del midollo spinale possono fare le stesse cose dei nervi del cervello”, ha spiegato la Harkema. Una rivoluzione.
di Redazione
23 maggio 2011