Secondo Al Jazeera, aerei libici avrebbero sganciato bombe su alcuni manifestanti. La tv di Stato libica riferisce, invece, di diversi morti nelle operazioni condotte contro quelli che vengono definiti ‘sabotatori e terroristi’.
Oggi i contestatori di Muammar Gheddafi a Tripoli hanno dato fuoco a numerosi edifici pubblici. Tra questi il Palazzo del popolo, una delle principali sedi del governo. Il fuoco è stato appiccato anche ad alcune stazioni di polizia e sedi dei comitati rivoluzionari, uno dei pilastri del regime di Muammar Gheddafi.
La tensione è alta in tutto il Paese. Le organizzazioni umanitarie hanno denunciato una vera e propria strage nel corso del fine settimana. Muammar Gheddafi è ancora in Libia e non si è rifugiato all’estero. 
Nel caos in cui versa il Paese, anche il fronte dell’esercito si è spaccato. Secondo Al Jazeera alcuni gruppi di militari sarebbero passati dalla parte dei manifestanti e la stessa emittente ha riferito che a Tripoli esponenti delle forze dell’ordine hanno iniziato a saccheggiare uffici e banche e che tutte le città a sud della capitale sono ormai in mano ai ribelli.
Anche il governo libico ha iniziato a dare segni di cedimento. Il ministro della Giustizia Mustafa Abdeljalil, in una chiamata telefonica al giornale online Quryna, ha dichiarato di aver presentato le dimissioni in segno di protesta contro i sanguinosi avvenimenti e «l’uso eccessivo della forza nei confronti di dimostranti disarmati da parte delle forze di sicurezza».
Il ministro degli Affari Esteri italiano ha chiesto alla Ue di non interferire con quanto sta accadendo in Libia, intanto le basi aeree e navali nel sud Italia sono in stato d’allerta permanente.
Una dura presa di posizione sulle repressioni in atto in Libia arriva da Gianfranco Fini. Il presidente della Camera ha inviato al suo omologo libico, Muhammad Abu-al-Kasim Zway, una lettera di «condanna della dura repressione attuata dalle forze di sicurezza nei confronti dei manifestanti e della popolazione civile». Fini ha auspicato la cessazione immediata delle violenze e il «riconoscimento ai cittadini dei diritti fondamentali della libertà di manifestare pacificamente e di esprimere liberamente le proprie convinzioni».

Molte aziende italiane sono coinvolte in Libia, tra queste Impregilo impegnata in opere di urbanizzazione, nella realizzazione di una sala conferenze a Tripoli e nella costruzione di tre centri universitari in altre città del Paese. Impregilo ha assicurato che nelle
aree di sua pertinenza non ci sono disordini. Una decina di dipendenti Finmeccanica impegnati in Libia, stanno lasciando il Paese. Ritorno in Italia anche per i familiari dei dipendenti Eni e per i dipendenti non strettamente operativi. Una sessantina in tutto le persone che stanno facendo ritorno. Gli impianti restano, però, in funzione con misure di sicurezza rinforzate.
di Redazione
22 febbraio 2011
Nella nostra redazione lavorano giovani giornalisti pubblicisti neolaureati, SEO copywriting e stagisti. Tutti i redattori scelti vantano esperienze maturate in testate editoriali e provengono da diverse Università .