Taranto sta vivendo ore all’insegna della tensione in seguito alla decisione della magistratura di ieri di chiudere lo stabilimento siderurgico dell’Ilva dopo l’arresto di diversi membri della dirigenza accusati di attività inquinante.
La situazione dovrebbe rimanere tale almeno finchè il caso non sarà analizzato dal Tribunale di Riesame. Nel frattempo circa 5000 dipendenti sono a casa e sarebbero altre 5 le persone indagate nell’inchiesta sullo stabilimento oltre a quelle già in custodia cautelare. Tra i nuovi indagati ci sono Ippazio Stefano, sindaco di Taranto, e don Marco Gerardo, segretario dell’ex arcivescovo della città pugliese Monsignor Benigno Luigi Papa. Le indiscrezioni filtrate dagli ambienti giudiziari affermano che Stefano è indagato per omissione d’atti d’ufficio riguardo i provvedimenti sulla salvaguardia ambientale della città , mentre il religioso sarebbe accusato di falsa testimonianza durante un interrogatorio del Pubblico Ministero.
Oggi le tensioni all’Ilva sono iniziate poco dopo le 7 della mattina, quando diversi operai, nonostante la comunicazione di chiusura dello stabilimento arrivata ieri, hanno provato ad entrare all’interno della fabbrica ma non ci sono riusciti in quanto i badge erano stati disabilitati.
Nelle ore successive i lasciapassare sono stati di nuovo attivati, tuttavia gli operai hanno proclamato sciopero ad oltranza e stanno occupando l’area della direzione per manifestare contro l’ingiusta chiusura della fabbrica. Lo sciopero è stato proclamato da Uilm e Fim Fiom, che chiedono a gran voce l’intervento del Governo per risolvere la situazione dell’Ilva in maniera definitiva. Il problema, tra l’altro, non riguarda soltanto lo stabilimento di Taranto, visto che, con un effetto domino, la chiusura della fabbrica pugliese coinvolge anche le sedi dell’Ilva di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Patrica e Marghera che stanno esaurendo il materiale da lavorare. Si tratta di altri 2500 operai che rischiano di perdere il posto di lavoro e secondo il presidente di Confindustria Squinzi la situazione dell’Ilva potrebbe mettere in pericolo il futuro dell’industria pesante in Italia.
L’intervento del Governo, in realtà , è stato chiesto anche dal sindaco Stefano, che nel corso dello stesso intervento chiarisce anche la sua posizione nei confronti della magistratura: “Sono molto preoccupato perchè 5000 persone rischiano di non prendere lo stipendio. Ho parlato con Monti e gli ho comunicato che queste persone hanno il diritto di essere pagate. Sarebbe opportuno che il Governo anticipi le buste paga tramite la cassa integrazione in attesa di vedere l’esito delle indagini. Riguardo la mia posizione sono sereno, dal momento che prima di telefonare all’Ilva per ottenere i parametri per fare l’ordinanza avevo chiesto il permesso al procuratore. All’Ilva mi hanno risposto di rivolgermi all’Arpa. Nel mio comportamento non c’è stato alcun tentativo di cercare accordi con nessuno”.
L’appello degli operai e di Ignazio Stefano sembra aver sortito qualche effetto, visto che nel tardo pomeriggio c’è stato un colloquio al Quirinale tra Monti e Napolitano che hanno valutato la possibilità di elaborare un decreto legge urgente per sbloccare la situazione.
La conferma di questa notizia arriva da Claudio De Vincenti, sottosegretario allo sviluppo economico, che ha annunciato un tavolo di lavoro governativo sulla situazione Ilva per giovedì.